Rorbert Jordan - Memoria di luce

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Thump. Giovane Toro balzò alla gola dell’uccisore dei suoi fratelli. L’Assassino fuggì.

Il martello colpì.

Qualcosa in questo posto, in questo istante, scagliò Perrin e l’Assassino in una spirale di guizzi tra i mondi. Avanti e indietro, avanti e indietro, lampi di momenti e pensieri. Guizzo. Guizzo. Guizzo.

Attorno a loro morivano uomini. Alcuni di polvere, alcuni di carne. Il loro mondo, assieme a ombre di altri mondi. Uomini in strani vestiti e armature, che combattevano bestie di ogni forma e dimensione. In certi momenti gli Aiel diventavano Seanchan, che diventavano qualcosa a metà tra i due, con lance e occhi chiari, ed elmi a forma di insetti mostruosi.

In tutti quei momenti, in tutti quei posti, il martello di Perrin colpì e le zanne di Giovane Toro afferrarono l’Assassino per il collo. Assaggiò il calore salato del sangue dell’Assassino nella sua bocca. Avvertì il martello vibrare mentre colpiva e sentì ossa frantumarsi. I mondi lampeggiarono come saette in cielo.

Tutto si infranse, venne scosso, poi si ricompose.

Perrin era in piedi sulle rocce nella valle di Thakan’dar e il corpo dell’Assassino era accartocciato di fronte a lui, la testa fracassata. Perrin annaspò, l’eccitazione della caccia ancora aggrappata a lui. Era finita.

Si voltò, sorpreso di scoprire che era circondato da Aiel. Li guardò accigliato. «Cosa state facendo?»

Una delle Fanciulle rise. «Pareva che stessi correndo verso una grande danza, Perrin Aybara. Si impara a fare attenzione a guerrieri come te sul campo di battaglia e a seguirli. Spesso sono quelli che si divertono di più.»

Lui mostrò un sorriso cupo, esaminando il campo di battaglia. Non stava andando bene per il suo schieramento. I Segugi Neri facevano a pezzi i difensori in una frenesia spietata.

Il sentiero che portava da Rand era completamente scoperto.

«Chi comanda questa battaglia?» chiese Perrin.

«Nessuno, ora» rispose la Fanciulla. Perrin non sapeva il suo nome. «Prima era Rodel Ituralde. Poi è stato Darlin Sisnera, ma il suo centro di comando è stato distrutto dai Draghkar. Sono ore che non vedo né Aes Sedai né capiclan.»

La voce della Fanciulla era lugubre. Perfino gli incrollabili Aiel cominciavano a cedere. Una rapida ispezione del campo di battaglia mostrò a Perrin che gli Aiel rimasti combattevano ovunque si trovassero, spesso in gruppetti, facendo più danni che potevano prima di essere abbattuti. I lupi che avevano combattuto qui in branchi erano stati spezzati, i pensieri che trasmettevano intrisi di dolore e paura. E Perrin non sapeva cosa significasse quella Progenie dell’Ombra con le facce butterate.

La battaglia era finita e lo schieramento della Luce aveva perso.

Segugi Neri irruppero tra la fila di Fautori del Drago lì vicino: anche l’ultimo gruppo che resisteva cadde davanti a essi. Alcuni cercarono di fuggire, ma uno dei Segugi Neri balzò su di loro, spingendone a terra diversi e mordendone uno. Gli altri furono schizzati dalla loro saliva e caddero a terra tra gli spasmi.

Perrin abbassò il martello, poi si inginocchiò, togliendo il mantello dell’Assassino e avvolgendosi la stoffa attorno alle mani mentre raccoglieva di nuovo l’arma. «Non lasciate che il loro sputo vi tocchi la pelle. È letale.»

Gli Aiel annuirono, quelli a mani nude se le fasciarono. O doravano di determinazione, ma anche di rassegnazione. Gli Aiel avrebbero corso verso la morte se fosse stata Tunica possibilità, e avrebbero riso mentre lo facevano. Gli abitanti delle terre bagnate li ritenevano pazzi, ma Perrin poteva fiutare la verità su di loro. Non erano pazzi. Non temevano la morte ma non la accoglievano a braccia aperte.

«Toccatemi, tutti voi» disse Perrin.

Gli Aiel lo fecero. Lui li traslò nel sogno del lupo: portarne così tanti fu uno sforzo, come piegare una barra d’acciaio, ma ci riuscì. Li traslò immediatamente sul sentiero per il Pozzo del Destino. Gli spiriti dei lupi si erano radunati qui, silenziosi. A centinaia.

Perrin riportò gli Aiel al mondo della veglia, posizionandosi assieme al piccolo drappello tra Rand e i Segugi Neri. La Caccia Selvaggia alzò lo sguardo, occhi corrotti che splendevano come argento nel fissarsi su Perrin.

«Manterremo la posizione qui» disse Perrin agli Aiel «e spereremo che qualcun altro ci aiuti.»

«Resisteremo» disse uno degli Aiel, un uomo alto che indossava una di quelle fasce con il simbolo di Rand.

«E se non lo faremo» disse un altro «e ci sveglieremo, almeno irroreremo la terra con il nostro sangue e faremo in modo che i nostri corpi nutrano le piante che cresceranno qui.» Perrin aveva notato a malapena le piante che erano spuntate, così fuori posto, verdi e vivide nella valle. Piccole ma forti. Una manifestazione del fatto che Rand combatteva ancora.

Segugi Neri si mossero verso di loro, coda abbassata, orecchie indietro, zanne snudate che scintillavano come metallo macchiato di sangue. Cos’era che sentiva sopra il vento? Un suono sommesso, molto distante. Pareva così basso che non avrebbe dovuto notarlo. Ma penetrava il trambusto della guerra. Vagamente familiare...

«Conosco quel suono» disse Perrin.

«Suono?» disse la Fanciulla aiel. «Che suono? I richiami dei lupi?»

«No» disse Perrin mentre i Segugi Neri iniziavano a risalire il sentiero a grandi balzi. «Il Corno di Valere.»

Gli eroi sarebbero arrivati. Ma su quale campo di battaglia avrebbero combattuto? Perrin non poteva aspettarsi nessun soccorso qui. Tranne...

Guidaci. Giovane Toro.

Perché tutti gli eroi dovevano essere umani?

Un ululato si levò con lo stesso timbro di quello del Corno. Perrin guardò il campo che si era riempito all’improvviso di una moltitudine di lupi lucenti. Erano grosse bestie pallide, delle dimensioni di Segugi Oscuri. Gli spiriti di quei lupi che erano morti, si erano radunati qui in attesa del segnale, dell’opportunità di combattere.

Corno li aveva chiamati.

Anche Perrin proruppe in un urlo, un ululato di piacere, poi si precipitò avanti per incontrare i Segugi Neri.

Finalmente l’Ultima Caccia era arrivata per davvero.

Mat lasciò di nuovo Olver con gli eroi. Il ragazzo pareva un principe mentre cavalcava di fronte a Noal quando gli eroi attaccarono i Trolloc e impedirono a chiunque di risalire quel sentiero per uccidere Rand.

Mat prese in prestito un cavallo da un difensore che ne aveva ancora uno, poi galoppò per raggiungere Perrin. Il suo amico sarebbe stato in mezzo a quei lupi, era evidente. Mat non sapeva come avessero fatto quelle centinaia di lupi lucenti a entrare nel campo di battaglia, ma non aveva intenzione di lamentarsi. Incontrarono la Caccia Selvaggia a testa bassa, ringhiando nell’attaccare i Segugi Neri. Le orecchie di Mat si riempirono di ululati da entrambe le parti.

Superò alcuni Aiel che combattevano con un Segugio Nero, ma non avevano alcuna possibilità. Fecero inciampare la bestia e le si avventarono addosso, ma quell’essere si ricompose come se fosse fatto di oscurità e non di carne, poi prese a dilaniarli. Sangue e maledette ceneri! Le armi aiel non parevano fargli nemmeno un graffio. Mat continuò a galoppare, evitando i tentacoli di nebbia argentea che si stavano facendo strada per tutta la valle.

Luce! Quella caligine si stava avvicinando al sentiero che portava da Rand. Stava acquisendo velocità, passando sopra Aiel, Trolloc e Segugi Neri senza distinzione.

Là, pensò Mat, individuando un uomo tanto pazzo da combattere contro i Segugi Neri. Perrin calò con forza il martello sulla testa di un Segugio Nero, fracassandola e sbattendo a terra la creatura. Quando sollevò il martello, era seguito da una scia di fumo. Il Segugio Nero, incredibilmente, rimase morto.

Perrin si voltò, poi lo fissò. «Mat!» chiamò. «Cosa ci fai qui?»

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