Rorbert Jordan - Memoria di luce
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È questo che ottieni, vecchio, ricordò a sé stesso, per non sapere quando lasciar andare. Era lieto che non sarebbe stato in grado di fuggire, che i suoi tentativi di lasciare indietro Rand, Mat e gli altri fossero falliti. Avrebbe davvero voluto starsene seduto in qualche locanda tranquilla mentre si svolgeva l’Ultima Battaglia? Mentre lei andava lì dentro da sola?
Il gruppo di Aes Sedai in avvicinamento si divise: alcune restavano sotto, mentre una zoppicava stancamente verso la caverna. Cadsuane. C’erano meno Aes Sedai di quante ce n’erano state prima; le perdite stavano aumentando. Naturalmente, molti di quelli che erano qui sapevano che li aspettava la morte. Questa battaglia era la più disperata e chi combatteva qui aveva minori probabilità di sopravvivere. Ogni dieci che erano venuti a Shayol Ghul per combattere, soltanto uno era ancora vivo. Thom sapeva per certo che il vecchio Rodel Ituralde aveva mandato una lettera di addio a sua moglie prima di accettare questo comando. E aveva fatto bene.
Cadsuane annuì verso Thom, poi proseguì verso la caverna dove Rand stava lottando per il destino del mondo. Non appena ebbe dato le spalle a Thom, lui scagliò un unico coltello — l’altra mano reggeva ancora la pipa in bocca — in aria. Colpì la Aes Sedai nella schiena, proprio nel mezzo, recidendo la spina dorsale.
Lei crollò come un sacco di patate.
È un’altra espressione abusata, pensò Thom prendendo una boccata dalla pipa. Un sacco di patate? Mi servirà una similitudine diversa. Inoltre, quante volte cadono i sacchi di patate? Non spesso. Lei crollò come... Come cosa? Orzo che usciva dall’estremità squarciata di un sacco, riversandosi per terra in un mucchio. Sì, funzionava meglio.
Quando la Aes Sedai colpì il suolo, il flusso svanì, rivelando un’altra faccia dietro la maschera di ‘Cadsuane’ che aveva usato. Thom riconobbe questa donna, vagamente. Una Domanese. Come si chiamava? Jeaine Caide. Proprio così. Era una donna graziosa.
Thom scosse il capo. L’andatura era tutta sbagliata. Nessuna di loro si rendeva conto che l’andatura di una persona era un tratto distintivo quanto il naso? Ogni donna che cercava di sgattaiolare davanti a lui presumeva che cambiare faccia e abito — forse voce — sarebbe stato sufficiente a ingannarlo.
Thom scese dal suo posto rialzato e afferrò il cadavere sotto le braccia, poi lo ficcò in una cavità lì vicino: c’erano cinque corpi ora, perciò stava diventando affollato. Prese una boccata dalla pipa e si tolse il mantello, mettendolo lì per coprire la mano morta della sorella Nera che spuntava fuori.
Controllò ancora una volta lungo il cunicolo; anche se non riusciva a vedere Moiraine, guardare lo confortava. Poi tornò sul posto e tirò fuori un foglio di carta e la penna. E — tra il tuono, le urla, le esplosioni e l’ululato del vento — iniziò a comporre.
45
Viticci di nebbia
Con i dadi che gli sbatacchiavano nella testa, Mat trovò Grady con Olver e Noal sulle Alture. Portava sottobraccio il dannato stendardo di Rand avvolto in un piccolo fagotto. Intorno erano sparpagliati corpi, armi cadute e pezzi di armatura, e le rocce erano macchiate di sangue. Ma il combattimento era finito e non c’erano più nemici.
Noal sorrise a Mat dalla sella; Olver cavalcava di fronte a lui, tenendo stretto il Corno. Olver pareva esausto per la Guarigione di Grady — l’Asha’man era in piedi accanto al cavallo — ma allo stesso tempo pareva anche il più orgoglioso possibile.
Noal. Uno degli eroi del Corno. Aveva maledettamente senso. Jain Farstrider in persona. Be’, Mat non avrebbe certo fatto cambio con lui. A Noal poteva piacere, ma Mat non avrebbe danzato al comando di un altro uomo. Non l’avrebbe fatto, nemmeno per l’immortalità stessa.
«Grady!» disse Mat. «Hai fatto un buon lavoro a monte del fiume. L’acqua è arrivata proprio quando ne avevamo bisogno!»
Il volto di Grady era terreo, come se avesse visto qualcosa che non avrebbe voluto vedere. Annuì. «Cosa... Cos’erano...»
«Te lo spiegherò un’altra volta» disse Mat. «Ora mi serve un maledetto passaggio.»
«Per dove?» chiese Grady.
Mat prese un respiro profondo, fermandosi. «Shayol Ghul.» E che io sia maledetto per la mia stupidità.
Grady scosse il capo. «Non si può fare, Cauthon.»
«Sei troppo stanco?»
«Sono stanco» disse Grady. «Ma non si tratta di quello. Sta succedendo qualcosa a Shayol Ghul. I passaggi che vengono aperti li sono deviati. Il Disegno è.... deformato, sempre che abbia qualche senso. La valle non è più un luogo, ma molti, e un passaggio non può localizzarla.»
«Grady,» disse Mat «questo per me aveva senso quanto suonare un’arpa senza dita.»
«Non si può Viaggiare a Shayol Ghul, Cauthon» disse Grady con irritazione. «Scegli un altro posto.»
«Quanto puoi mandarmi vicino?»
Grady scrollò le spalle. «Uno dei campi degli esploratori è a una giornata di distanza a piedi, probabilmente.»
Un giorno di cammino. Mat si sentì strattonare.
«Mat?» disse Olver. «Penso di dover venire con te, giusto? Nella Macchia? Gli eroi non saranno necessari per combattere lì?»
C’era anche quello. Quegli strattoni erano insopportabili. Dannate ceneri, Rand. Lasciami in pace...
Mat si fermò quando gli venne un’idea. Campi di esploratori. «Intendi uno di quei campi di pattuglia seanchan?»
«Sì» disse Grady. «Adesso che non si può fare affidamento sui passaggi, ci stanno mandando aggiornamenti sulla battaglia lassù.»
«Be’, non restartene seduto con quella faccia da stupido» disse Mat. «Prepara un passaggio! Andiamo, Olver. Abbiamo altro lavoro da fare.»
«Aaaah...» Shaisam si muoveva sul campo di battaglia di Thakan’dar. Così perfetto. Così piacevole. I suoi nemici si stavano uccidendo a vicenda. E lui... lui era diventato grande.
La sua mente era in ogni viticcio di nebbia che scendeva giù per il lato della valle. Le anime dei Trolloc erano... Be’, insoddisfacenti. Tuttavia, il semplice grano, se mangiato in abbondanza, poteva saziare. E Shaisam ne aveva consumate parecchie.
Le sue propaggini si precipitarono giù per il fianco della collina, ammantate dalle nebbie. Trolloc con la pelle butterata, come se fosse bollita. Occhi bianchi e morti. Quasi non aveva più bisogno di loro, dato che le loro anime gli avevano dato forza per ricostruirsi. La sua pazzia era regredita. Parecchio. Be’, non parecchio. Abbastanza.
Camminava al centro del banco di nebbia. Non era ancora rinato, non completamente. Avrebbe dovuto trovare un luogo da infestare, un posto dove la barriera tra i mondi fosse sottile. Lì avrebbe potuto infiltrare la sua essenza nelle pietre stesse e infondere la sua consapevolezza in quel luogo. Il processo avrebbe richiesto anni, ma una volta avvenuto, sarebbe diventato più difficile da uccidere.
In questo momento, Shaisam era fragile. Questa forma mortale che camminava al centro della sua mente... Lui era vincolato a essa. Fain, era stato. Padan Fain.
Tuttavia era vasto. Queste anime avevano creato molta nebbia, ed essa — a sua volta — trovava altri di cui nutrirsi. Davanti a lui degli uomini combattevano la Progenie dell’Ombra. Tutto gli avrebbe dato forza.
Le sue propaggini si precipitarono sul campo di battaglia ed entrambi gli schieramenti presero immediatamente a combatterle. Shaisam fremette di gioia. Loro non vedevano. Non capivano. Le propaggini non erano lì per combattere.
Erano lì per distrarre.
Mentre la battaglia procedeva, trascinò la sua essenza in viticci di nebbia, poi iniziò a usarli per infilzare i corpi di uomini e Trolloc in lotta. Prese Myrddraal. Li convertì. Li usò.
Presto questo intero esercito sarebbe stato suo.
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