Rorbert Jordan - Memoria di luce
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«Fallo,» disse Chiad «ma non ci troverai qui.»
«State andando a Merrilor?» chiese Perrin, sorpreso.
Chiad disse: «Alcuni di noi sono necessari per portare qui i feriti a essere Guariti. Non è una cosa che i gai’shain hanno fatto in passato, ma forse è qualcosa che possiamo fare in questa occasione.»
Perrin annuì, poi chiuse gli occhi. Si immaginò prossimo al sonno, alla deriva. Il suo tempo nel sogno del lupo aveva addestrato bene la sua mente. Poteva ingannare sé stesso, se si concentrava. Non cambiava il mondo qui, ma cambiava le sue percezioni.
Sì... Scivolare in prossimità del sonno... E lì c’era il sentiero. Prese la diramazione verso il sogno del lupo in carne e ossa e colse giusto un accenno di rantolo da parte di Masuri quando avvertì sé stesso traslare fra i mondi.
Aprì gli occhi e precipitò fra raffiche di vento. Creò una sacca d’aria calma, poi colpì il terreno al di sotto con gambe irrobustite. Del palazzo di Berelain restavano solo poche mura vacillanti su questo lato. Una di esse si sgretolò. Le pietre andavano in frantumi e venivano tirate nel cielo dai venti. La città al di là era quasi sparita, cumuli di pietre sparse indicavano dove un tempo erano sorti gli edifici. Il cielo gemeva come metallo piegato.
Perrin evocò il suo martello, poi cominciò la caccia un’ultima volta.
Thom Merrilin sedeva su un grosso macigno annerito dalla fuliggine, a fumare la pipa e guardare il mondo finire.
Sapeva un paio di cose sul trovare il posto migliore per assistere a uno spettacolo. Valutava che questo fosse il posto migliore al mondo. Il suo macigno era proprio accanto all’ingresso per il Pozzo del Destino, abbastanza vicino che, se si fosse sporto all’indietro e avesse strizzato gli occhi, avrebbe potuto sbirciare dentro e cogliere alcune delle luci e ombre che giocavano lì dentro. Lanciò un’occhiata. Non era cambiato nulla.
Resta al sicuro là dentro, Moiraine, pensò. Per favore.
Era anche abbastanza vicino al limitare del sentiero per guardare sulla valle sottostante. Prese una boccata dalla pipa, toccandosi i baffi con le nocche.
Qualcuno doveva registrare questo. Non poteva trascorrere tutto il tempo a preoccuparsi per lei. Così cercò nella mente le parole giuste per descrivere quello che stava vedendo. Mise da parte parole come ‘epico’ ed ‘epocale’. Erano quasi logore per il troppo uso.
Una folata di vento soffiò per la valle, increspando i cadin’sor di Aiel che combattevano nemici dal velo rosso. Giunsero scariche di fulmini, che colpirono la fila di Fautori del Drago che difendevano il sentiero che saliva fino all’ingresso della caverna. Quei lampi mandarono degli uomini in aria. Poi, quei fulmini iniziarono a colpire i Trolloc. Le nuvole andavano avanti e indietro con le Cercavento che prendevano il controllo del clima e l’Ombra che poi se ne rimpossessava. Nessuno schieramento era ancora riuscito a ottenere un vantaggio netto per lungo tempo.
Imponenti bestie scure devastavano la valle, uccidendo con facilità. I Segugi Neri non cadevano malgrado gli sforzi combinati di dozzine di persone. Il lato destro della valle era coperto da una nebbia tanto fitta che, per qualche motivo, i venti di tempesta non riuscivano a smuoverla.
‘Culminante’ ? pensò Thom, masticando il cannello della pipa. No. Troppo prevedibile. Se usavi le parole che la gente si aspettava, quelli si annoiavano. Una grande ballata doveva essere inattesa.
Mai prevedibile. Quando la gente iniziava a prevederti, quando iniziava ad aspettarsi le tue coloriture, a cercare la pallina che avevi nascosto con un abile gioco di mano o a sorridere prima che tu raggiungessi il colpo di scena del tuo racconto, era il momento di prendere il mantello, inchinarti ancora una volta tanto per andare sul sicuro e congedarti. Dopotutto, era il minimo che si sarebbero aspettati quando tutto stava andando bene.
Si sporse di nuovo indietro, scrutando nel cunicolo. Non poteva vederla, naturalmente. Era troppo all’interno. Ma poteva percepirla nella mente grazie al legame.
Fissava la fine del mondo con coraggio e determinazione. Involontariamente, Thom sorrise.
Sotto, la battaglia infuriava come un tritacarne che dilaniava uomini e Trolloc in pezzi di carne morta. Gli Aiel combattevano ai margini del campo di battaglia, ingaggiando i loro cugini presi dall’Ombra. Parevano uguali in termini di forza, o lo erano stati prima dell’arrivo di quei Segugi Neri.
Questi Aiel erano inarrestabili, però. Non sembravano affatto stanchi, anche se era trascorso... Thom non riusciva a stabilire quanto tempo fosse trascorso. Aveva dormito forse cinque o sei volte da quando erano arrivati a Shayol Ghul, ma non sapeva se contrassegnasse i giorni. Controllò il cielo. Nessun segno del sole, anche se l’incanalare delle Cercavento, unito alla Coppa dei Venti, aveva evocato una grossa fila di nuvole bianche che erano entrate in collisione con quelle nere. Le nuvole parevano impegnate in una loro battaglia, un’immagine speculare del combattimento lì sotto. Nero contro bianco.
«Periglioso?» disse. No, non era la parola giusta. Di sicuro avrebbe tratto una ballata da tutto questo. Rand se la meritava. Anche Moiraine. Sarebbe stata una vittoria per lei quanto per lui. Gli servivano parole. Le parole giuste.
Le cercò mentre udiva gli Aiel battere le lance contro gli scudi mentre correvano in battaglia. Mentre sentiva l’ululato del vento dentro il cunicolo poteva percepire Moiraine lì in fondo.
Sotto, i balestrieri domanesi ricaricavano freneticamente. Una volta erano in migliaia a tirare. Adesso ne rimaneva solo una parte.
Forse... ‘terrificante’.
Quella era una parola giusta, ma non la parola giusta. Poteva non essere inattesa, ma era estremamente vera. La sentì fino alle ossa. Sua moglie lottava per la vita. Le forze della Luce stavano spingendo quasi fino all’orlo della morte. Luce, quanto era spaventato. Per lei. Per tutti quanti.
Ma la parola era pedestre. Gli serviva qualcosa di meglio, qualcosa di perfetto.
Sotto, i Tairenesi affondavano disperatamente le armi ad asta contro i Trolloc che li attaccavano. I Fautori del Drago combattevano con numerosi tipi di armi. Un ultimo carro a vapore giaceva in pezzi lì vicino, con frecce e quadrelli portati attraverso l’ultimo passaggio da Baerlon. Erano ore che non ricevevano rifornimenti. La distorsione del tempo e la tempesta stavano influenzando l’Unico Potere.
Thom prese un appunto speciale sul carro: gli sarebbe servito usarlo in modo che preservasse la sua meraviglia, mostrando come i freddi lati di ferro avevano deviato frecce prima che cadesse.
C’era eroismo in ogni frase, in ogni tiro d’arco e in ogni mano che impugnava un’arma. Come trasmetterlo? Ma come trasmettere anche la paura, la distruzione, la totale bizzarria di tutto? Il giorno prima — in una strana specie di tregua sanguinosa — entrambi gli schieramenti si erano fermati per togliere i corpi.
Gli serviva una parola che desse la sensazione del caos, della morte, della cacofonia, del puro coraggio.
Sotto, un gruppo stanco di Aes Sedai iniziò a muoversi su per il sentiero dove Thom attendeva. Superarono arcieri che esaminavano con occhi acuti il campo di battaglia in cerca di Fade.
‘Squisito’ pensò Thom. Ecco la parola. Inattesa ma vera. Maestosamente squisito. No. Non ‘maestosamente’. Quella parola può reggersi da sola. Se è la parola giusta, funzionerà senza aiuto. Se è la parola sbagliata, aggiungervene altre la farà soltanto sembrare disperata.
Era così che doveva essere la fine. Il cielo che si squarciava mentre le fazioni combattevano per il controllo degli elementi stessi, persone di diverse nazionalità che tenevano terreno con le ultime forze. Se avesse vinto la Luce, lo avrebbe fatto per un margine minimo.
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