A Dondragmer sarebbe piaciuto seguire quella discussione, proprio come avrebbe trovato interessante seguire la riunione di qualche ora prima. In ogni caso, i suoi impegni lo avrebbero impedito anche se fisicamente ciò fosse stato possibile. Con il ritorno dell’equipaggio, tranne alcuni specialisti rimasti alla nuova base per lavorare sul sistema di biorigenerazione, vi era molto da sovrintendere e da lavorare anche per lui. Venti marinai vennero assegnati come rinforzo a coloro che cercavano di liberare dal ghiaccio il portello principale; altrettanti vennero inviati a lavorare sotto lo scafo per liberare i generatori bloccati nel ghiaccio. Il capitano mantenne la promessa fatta a Benj e ordinò ai suoi di esaminare molto accuratamente le pareti in cerca di qualche traccia dei due timonieri dispersi. In ogni caso, l’importanza di cercare nelle pareti venne troppo enfatizzata e quindi i marinai non si avvidero dello squarcio nella sezione pneumatica sopra di loro. Dopo un po’ il gruppo emerse dalla cavità trasportando i due generatori che i prigionieri avevano usato per generare calore e altri due liberati dall’azione della resistenza. Rimanevano ancora sei generatori, se Dondragmer ricordava bene la loro disposizione e se la matematica non era diventata un’opinione; questi però erano irraggiungibili anche se i marinai poterono ragionevolmente indicare presso quali serie di ruote erano installati.
Contemporaneamente il resto dell’equipaggio penetrava nella Kwembly dai portelli disponibili: quello più piccolo che dava sul ponte, la paratia mobile che chiudeva l’hangar degli elicotteri e le due coppie di portelli d’emergenza, tanto stretti da consentire il passaggio a un solo mesclinita alla volta, che si trovavano a poppa e a prua. Una volta dentro i marinai cominciarono senza indugio a svolgere i compiti loro assegnati. Durante la loro assenza Dondragmer aveva anche ragionato sulle procedure di evacuazione oltre che discutere con gli umani della stazione spaziale. Alcuni presero a raccogliere le scorte alimentari in un unico luogo preparandole per il trasporto. Sarebbero tornate utilissime in attesa della piena ripresa delle colture. Altri si dedicarono a prelevare dalla stiva il materiale necessario alla sopravvivenza: corde e gomene, lampade, generatori e altro.
Molti erano impegnati nella preparazione dei mezzi per trasportare agevolmente il materiale. Dato che la Kwembly funzionava sui generatori a fusione, a bordo si registrava una drammatica carenza di ruote. Molti pensarono di ricorrere alle sottili pulegge che consentivano la guida del veicolo ma in effetti queste si dimostrarono troppo piccole per tornare utili come ruote di un carrello. Inoltre, non appena gli giunse la richiesta Dondragmer proibì tassativamente di smantellare lo scafo. A bordo non vi erano muletti meccanici, carrelli automatizzati o anche solo i buffi carretti spinti a mano che i mescliniti usavano sul loro pianeta per il trasporto delle merci. Per fortuna nulla a bordo pesava tanto da non poter essere sollevato e trasportato fino al luogo prescelto per la base provvisoria. Pertanto, con chilometri di strada da fare e la necessità di trasportare quanto più carico possibile in una volta sola, Dondragmer decise di improvvisare. Un gruppo di marinai venne assegnato alla costruzione di barelle e “travois”, mentre il corridoio che conduceva al portello principale si riempiva sempre più di materiale accatastato.
L’attività che ferveva a bordo comunque non riguardò minimamente il materasso pneumatico entro cui Beetchermarlf e Takoorch si trovavano ancora nascosti. Più tardi si calcolò che i due erano penetrati in quel rifugio più o meno nel momento in cui l’assieme a resistenza veniva messo in funzione. Lo spesso materiale gommoso che componeva il materasso, tanto difficoltoso anche per i loro coltelli da penetrare, bloccava i suoni emessi dalle bolle di liquido sul metallo incandescente e dal gruppo di marinai inviati da Dondragmer. I loro potenti fischi potevano trapassare lo spesso isolamento, ma non si verificò alcuna evenienza in cui fosse necessario comunicare a distanza e i membri del gruppo parlarono poco tra loro perché tutti conoscevano perfettamente il proprio compito. Il lungo taglio attraverso il quale i due timonieri avevano guadagnato la salvezza si era richiuso a causa dell’elasticità dell’insieme, bloccando il passaggio di aria e di luce. Infine, il tratto della personalità mesclinita descritto come una combinazione di pazienza e fatalismo fece sì che nessuno dei due si degnasse di dare un’occhiata fuori fino a quando l’idrogeno delle riserve non diveniva un serio problema.
Pertanto, anche se Dondragmer avesse sentito l’ultima frase di Benj non avrebbe potuto segnalare nulla: i timonieri, avvolti in uno spesso involucro a un metro sopra i compagni, non vennero trovati.
Non tutto l’equipaggio della Kwembly era però impegnato nelle manovre che precedevano l’abbandono del ricognitore. Una volta terminati i preparativi più urgenti, Dondragmer chiamò due dei suoi marinai per un compito speciale.
— Risalite il ruscello, dirigendovi verso nordovest e non potrete mancare di trovare Kabremm e il Gwelf — disse. — Gli direte che stiamo per trasferirci sul lato nord della valle il più velocemente possibile e gli darete le coordinate, che tra l’altro io ancora non conosco. Sistemeremo i prendimmagini nell’area illuminata e attiva dell’accampamento, in modo che possa attraccare con il Gwelf sull’altro lato o a qualche distanza da noi senza correre il rischio di venir avvistato dagli umani. Gli direte anche che il comando ha giocato la carta della civiltà autoctona un po’ in anticipo proprio per giustificare la sua presenza; non sono stati forniti dettagli e quindi Barlennan intende probabilmente far sì che gli umani se li inventino per conto proprio.
“Una volta avvisato Kabremm proseguirete fino a trovare Stakendee e gli darete la stessa informazione. State attenti a non farvi riprendere dall’apparecchio umano: quando credete di averlo avvistato, spegnete subito le luci e prestate molta attenzione. Naturalmente io mi terrò in contatto con lui tramite gli umani, ma non con quel messaggio. Avete capito bene?”
— Sì, signore — replicarono i due all’unisono per sparire un attimo dopo.
Passarono le ore. Il portello principale era libero dal ghiaccio ormai da tempo e tutto il materiale da trasportare giaceva all’esterno quando arrivò l’eco di una chiamata. La telecamera del laboratorio, non imballata, si trovava tra gli oggetti da portare via per ultimi e quindi Dondragmer poté venir raggiunto direttamente. Sullo schermo comparve il volto di Benj.
— Capitano, Stakendee mi ha appena riferito che il corso d’acqua si sta visibilmente ingrossando e che dalle nuvole cade una fitta pioggerella. Gli ho detto di tornare indietro. Me ne assumo tutta la responsabilità — disse. Dondragmer scrutò attentamente il cielo, che però rimaneva sgombro di nubi, e volse lo sguardo verso ovest dove presumibilmente si trovavano Stakendee e i suoi. Ma anche là il buio non consentì di vedere nulla.
— Grazie Benj. Avrei dato esattamente lo stesso ordine. Stiamo per abbandonare la Kwembly e la sua tempestività ci facilita molto le cose. Dobbiamo attraversare la valle adesso prima che il corso d’acqua ingrossi troppo. Ho già fissato la telecamera sul ponte e lascerò le luci accese come richiesto dal dottor McDevitt. Spero ancora di riuscire a liberare la Kwembly prima che succeda l’irreparabile. Riferisca a Barlennan e aggiunga che staremo molto attenti a eventuali incontri con i nativi e che se stanno usando Kabremm come mezzo per entrare in contatto con noi, come lui ritiene, farò del mio meglio per stabilire un contatto amichevole. Ricordatevi però che io non ho ancora visto Kabremm, o chiunque altro Easy abbia scambiato per lui, e quindi non so cosa pensare di tutta questa storia.
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