Hal Clement - Luce di stelle

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Chi non ricorda il pianeta Mesklin e i suoi straordinari abitanti, costretti a vivere in condizioni di gravità proibitive per gli esseri umani? Gli eroi meskliniti di Hal Clement tornano in questo romanzo, in sé pefettamente autonomo, che è di fatto il secondo capitolo della saga iniziata con
(
), tenuto a battesimo in Italia proprio sulle pagine di URANIA. Ancora una volta la pazienza, il coraggio e le straordinarie caratteristiche fisiche dei meskliniti permetteranno loro di avere ragione di un mondo in cui la forza di gravità è così schiacciante da rappresentare da sola il più terribile e immediato dei pericoli. Senza contare le numerose incognite di questa nuova e inedita missione nello spazio, scritta da un maestro della tecnologica…

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Questa volta l’espediente funzionò. Dopo cinque minuti, le prime pietre del mucchio divennero visibili al di là di un sottile strato di ghiaccio; dopo dieci minuti, un fischio di gioia informò Beetchermarlf del successo: le prime pietre della base erano libere dal ghiaccio. Beetchermarlf corse il rischio di lasciare il motore inatteso e scese velocemente dalla serie di ruote per vedere di persona. Il ghiaccio si stava ritirando. Immediatamente, cominciò a elaborare un piano.

— Molto bene. Appena possibile cerchiamo di avviare anche le altre serie, magari trasferendo qualche generatore non appena il ghiaccio arretrerà abbastanza da liberarli. Con un po’ di fortuna, oltre a uscire di qui dovremmo riuscire a liberare tutta la Kwembly.

Takoorch aveva una domanda da porre. — Hai intenzione di forare tutte le sezioni a cui poggiano le serie di ruote dotate di motore? Questo significherebbe sgonfiare praticamente un terzo del materasso pneumatico.

Beetchermarlf fu preso alla sprovvista da questa affermazione.

— Me ne ero scordato. No, be’, si potrebbe sempre ripararli ma… no, non andrebbe tanto bene. Vediamo un po’. Non appena un generatore si libera dal ghiaccio, potremmo installarlo sulla seconda serie connessa a questa sezione pneumatica, così senza danneggiare ulteriormente la Kwembly avremo doppio calore. Dopo, non lo so. Potremmo tentare di scavare sotto le altre, ma in effetti mi sembra che non possa funzionare. Comunque, già raddoppiare la quantità di calore nell’acqua rappresenta un successo e forse basterà a sciogliere il ghiaccio.

— Speriamo — fu la risposta dubbiosa di Takoorch. L’incertezza di Beetchermarlf lo aveva abbastanza deluso, e non si sentiva per nulla impressionato dal piano di riserva concepito dal giovane timoniere. Ma non aveva nulla di meglio da offrire a sua volta, e così si limitò a domandare: — Bene, e adesso cosa facciamo?

— Io torno sulle ruote per tenere d’occhio le funi, anche se non credo che vi saranno problemi — replicò indirettamente Beetchermarlf. — Tu potresti tenere d’occhio il ghiaccio e liberare un altro generatore non appena ti è possibile. Che ne pensi?

Takoorch si dichiarò d’accordo con un gesto e si girò per sorvegliare la barriera di ghiaccio. Beetchermarlf tornò sulle ruote osservando passivamente le funi. Takoorch perlustrò ogni millimetro dello spazio soffocante in cui erano rinchiusi e notò con piacere che il ghiaccio si ritirava in tutte le direzioni. Si sentì però quasi irritato dalla scoperta che il processo rallentava man mano che l’area liberata dal ghiaccio si ampliava, anche se questo non lo sorprese più di tanto. Decise pertanto quale dei generatori liberare per primo e rimase immobile ad aspettare. Il suo comportamento, come quello del suo compagno poco distante, non poteva venir descritto esattamente a un essere umano. Non si poteva parlare di pazienza o di impazienza in termini a noi conosciuti. Entrambi sapevano che aspettare era inevitabile, e i loro pensieri venivano scarsamente influenzati da questo obbligo. Takoorch era abbastanza intelligente e dotato di fantasia in termini sia umani sia mescliniti, ma non sentiva affatto il bisogno di tenere occupata la mente con qualcosa durante l’attesa. Un orologio mentale semiconscio lo spingeva a verificare di tanto in tanto come progredivano le cose. Questo era quanto un umano poteva afferrare di lui; il resto, quello che passava veramente per la sua mente, rimaneva nascosto.

Chiaramente però non era né insonnolito né preoccupato, perché reagì prontamente a un improvviso, sordo rumore e a una serie di ciottoli che vennero sparati dalle ruote. Si trovava disteso quasi di fronte alla serie di ruote funzionanti e quindi non gli ci volle molto per intuire l’accaduto.

Anche Beetchermarlf aveva capito e il motore venne fermato con uno strattone sulla fune di controllo prima ancora che un umano potesse percepire cosa stava succedendo. I due si incontrarono qualche istante dopo di fianco alle ruote che avevano dato problemi.

“Era prevedibile che andasse così”, si disse Beetchermarlf. Le fibre dei mescliniti erano estremamente resistenti e in condizioni normali i pneumatici potevano durare mesi e mesi senza consumarsi; ma farli deliberatamente sfregare contro dei ciottoli rigidamente incastrati nel fondo era un po’ troppo. Ma forse la parola “incastrati” non descrive la situazione in modo abbastanza efficace. I ciottoli che si trovavano a contatto dei battistrada erano stati letteralmente consumati dal continuo movimento; alcuni erano ridotti alla metà. Il giovane timoniere si convinse, dopo aver attentamente ispezionato i pneumatici, che la consunzione del tessuto era dovuta soprattutto all’azione di un grosso ciottolo probabilmente sferico che l’azione del battistrada aveva consumato fino a farne una lama appuntita e affilata. Mostrò la prova a Takoorch, che concordò.

Non c’erano disaccordi su cosa bisognava fare, e i due si irritarono con loro stessi per non averci pensato prima. Per una mezz’ora abbondante entrambi lavorarono per ammassare quanti più ciottoli possibile attorno alla loro fonte di calore. Una volta terminato salirono sopra il mucchio di pietre senza pensarci un secondo e cinque minuti dopo il generatore veniva estratto per passare sulla seconda serie a loro disposizione. Senza preoccuparsi dei possibili danni, Beetchermarlf e Takoorch avviarono subito il motore.

Ma Takoorch si sentiva dubbioso ormai. Il ragionevole ottimismo provato un’ora prima era scomparso con l’integrità dei pneumatici della prima serie. Sicuramente anche la seconda serie era destinata a consumarsi presto e il moto delle ruote non sarebbe mai durato abbastanza da consentire al calore di fornire loro una via di fuga. Ma dopo qualche minuto che rimuginava sulla questione, gli venne in mente che se fossero riusciti a concentrare il calore su un solo punto sarebbe stato senz’altro meglio e ne parlò con l’amico. Takoorch ebbe la soddisfazione di veder sorgere in men che non si dica un muro di ciottoli lungo circa due metri che doveva servire a convogliare l’acqua calda contro la parete di ghiaccio.

Non si sentiva completamente soddisfatto, naturalmente, così come il suo compagno perché dubitavano molto che i pneumatici riuscissero a tenere per il tempo sufficiente. Ma era difficile capire cos’altro avrebbe potuto condurli alla salvezza. Un uomo in una situazione analoga si sarebbe forse seduto ad aspettare che i suoi compagni lo tirassero fuori dalla trappola, mantenendo questa speranza fino all’ultimo minuto di esistenza. Pochi mescliniti avrebbero reagito allo stesso modo, e nessuno dei due timonieri aveva intenzione di farlo. C’era una parola dallo stennita che Easy aveva tradotto con “speranza”, anche se in effetti si trattava di una delle sue traduzioni peggio riuscite.

Spinto dalla sua indefinibile attitudine, Takoorch si dispose tra i pneumatici, che emanavano un ronzio soffocato, e la parete di ghiaccio mantenendosi saldamente al fondo per evitare di deviare la corrente di acqua calda e cercando di osservare ruote e parete allo stesso momento. Beetchermarlf rimase invece nella sua posizione sopraelevata, stringendo tra le chele le funi di guida.

Dato che non avevano scavato sotto la seconda serie la frizione era accresciuta e l’effetto del calore più forte. Il motore tendeva a dare velocità più che potenza, nonostante i tentativi di regolazione dei timonieri. Naturalmente, e sfortunatamente, anche l’usura del battistrada risultò maggiore. I sordi rumori che annunciavano la rottura dei pneumatici arrivarono decisamente presto, poco dopo il completamento del deflettore di pietre. Come in precedenza, i pneumatici di entrambe le file di ruote scoppiarono quasi contemporaneamente, in quanto il sussulto provocato dallo scompenso sui perni dovuto allo scoppio del primo pneumatico più il movimento continuo bastavano a far scoppiare tutti gli altri.

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