Hal Clement - Luce di stelle

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Chi non ricorda il pianeta Mesklin e i suoi straordinari abitanti, costretti a vivere in condizioni di gravità proibitive per gli esseri umani? Gli eroi meskliniti di Hal Clement tornano in questo romanzo, in sé pefettamente autonomo, che è di fatto il secondo capitolo della saga iniziata con
(
), tenuto a battesimo in Italia proprio sulle pagine di URANIA. Ancora una volta la pazienza, il coraggio e le straordinarie caratteristiche fisiche dei meskliniti permetteranno loro di avere ragione di un mondo in cui la forza di gravità è così schiacciante da rappresentare da sola il più terribile e immediato dei pericoli. Senza contare le numerose incognite di questa nuova e inedita missione nello spazio, scritta da un maestro della tecnologica…

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La discussione si interruppe quando Beetchermarlf si accorse all’improvviso di un cambiamento attorno a sé. Per quasi un’ora la sua attenzione era stata interamente catturata dalla comunicazione con l’umano, e il ponte inclinato con il gorgoglio del liquido che scorreva sotto la Kwembly erano passati completamente in secondo piano. Ma quando rialzò la testa si accorse con estrema sorpresa che attraverso le vetrate brillavano le stelle. Orione. La nebbia si era dissolta.

Esplorando con lo sguardo l’ambiente attorno a sé fissò con incredulità l’acqua che circondava il ponte da tutte le parti. Sì, sembrava un poco più bassa. Dieci minuti di attenta osservazione lo convinsero che non era un’impressione: il livello dell’acqua stava veramente scendendo.

Durante quei dieci minuti Benj era rimasto in linea. Beetchermarlf gli spiegò il motivo di quel silenzio improvviso e il ragazzo avvisò subito McDevitt. Quando il mesclinita confermò che il livello dell’acqua stava veramente scendendo, Benj era circondato da parecchi colleghi più anziani di lui interessatissimi per quel fenomeno inaspettato. Il timoniere riferì brevemente sulle novità, e fu solo dopo che chiamò Dondragmer ai tubi acustici.

Quando la novità lo raggiunse il capitano si trovava molto a poppa, oltre l’area del laboratorio e in prossimità dei vani contenenti i palloni di controllo pressione. Ci fu una pausa dopo che Beetchermarlf terminò il suo rapporto, e il timoniere si stupì molto di non sentire il capitano annunciare che sarebbe arrivato sul ponte in meno di un minuto. Dondragmer però la pensava in modo diverso. I portelli stagni secondari sparsi un po’ per tutto lo scafo erano comunque troppo piccoli per permettere di stimare con accuratezza il livello dell’acqua, si disse il comandante osservando il portello della sezione in cui si trovava, e quindi era meglio accettare senza riserve la valutazione del timoniere. Conveniva quindi rimanere dove si trovava, e stupire ancora una volta il suo giovane secondo.

— Tenga nota di quanto velocemente scende il livello. Manderò tra poco qualcuno a sostituirla — ordinò. — Riferisca poi a me e agli umani non appena ritiene che il rilevamento sia attendibile, aggiornando i dati se vi sono dei cambiamenti.

— Agli ordini — fu la risposta di Beetchermarlf, che subito si arrampicò sul ponte fino a raggiungere un punto in cui riuscì a tracciare una linea sul vetro di un oblò per indicare il livello dell’acqua. Dopo aver riferito dell’azione al capitano e agli ascoltatori umani, ritornò al suo posto con gli occhi fissi sulla linea. Le increspature sul pelo dell’acqua raggiungevano però anche i dieci centimetri, e quindi impiegò più tempo del previsto per avere conferma della variazione di livello. Dalla stazione spaziale arrivarono due o tre domande impazienti, alle quali rispose meglio che poteva nel suo limitato linguaggio umano, prima che Benj gli annunciasse di essere di nuovo solo a eccezione di coloro che seguivano sui monitor gli altri ricognitori. La maggior parte del tempo trascorsa prima che Takoorch venisse a dargli il cambio passò veloce discorrendo con il giovane umano dei rispettivi pianeti e correggendo i preconcetti che l’uno nutriva sul pianeta dell’altro, oltre che a praticare entrambi i linguaggi. Piano piano, tra i due stava nascendo una profonda simpatia.

Beetchermarlf ritornò sei ore dopo per dare il cambio a Takoorch (in effetti l’intervallo era di venti giorni mescliniti, cioè un giro completo dei loro orologi) e vide che l’acqua era scesa di una trentina di centimetri rispetto al segno di riferimento. Takoorch lo informò che l’umano chiamato Benj era appena tornato ai monitor dopo aver riposato. Il giovane timoniere non poté evitare di domandarsi quanto tempo dopo la sua dipartita Benj aveva deciso di andare a dormire. Naturalmente non aveva intenzione di formulare questa domanda in modo esplicito, ma si mise comodo ugualmente e attivò l’impianto di trasmissione, chiamando subito la stazione.

— Sono di nuovo qui, Benj. Non so quanto recente sia l’ultimo rapporto di Takoorch, ma sembra che il livello sia sceso più di mezza lunghezza corporea e la corrente sia decisamente meno impetuosa. Il vento è cessato quasi completamente. I vostri scienziati hanno qualche novità?

Mentre attendeva il messaggio di ritorno realizzò che quella domanda aveva in effetti poco senso. La principale informazione che gli umani potevano trasmettere loro riguardava la durata del deflusso delle acque, e senz’altro avrebbero dovuto attendere ancora prima di saperlo. Però potevano esserci anche altre cose che Dondragmer avrebbe voluto sentire.

— Il suo sostituto ci ha riferito la stessa cosa non molto tempo fa, insieme a molte altre informazioni — annunciò la voce di Benj.

— Mi fa piacere parlare di nuovo con lei, Beetchermarlf. Non ho ancora sentito niente dai laboratori, ma abbiamo riprodotto la posizione in cui vi trovate paragonandola al tasso di abbassamento del livello dell’acqua e direi che in sessanta, settanta ore dovreste trovarvi all’asciutto, naturalmente se l’acqua continua ad abbassarsi alla stessa velocità. Può darsi che l’acqua defluisca attraverso un largo e comodo passaggio, ma io non ci conterei troppo. Odio sembrare un pessimista, ma sono pronto a scommettere che l’acqua smetterà di defluire prima che voi vi troviate completamente all’asciutto.

— Sì, può darsi che vada così — concordò il mesclinita. — D’altro canto, se la corrente rallenta abbastanza ci consentirà di lavorare all’esterno, e quindi di metterci in salvo sulle rive prima che succeda qualche altro fenomeno imprevisto.

Questa fu un’osservazione profetica. Era ancora a metà strada tra la Kwembly e la stazione spaziale quando un suono in uno dei tubi acustici richiamò la sua attenzione.

— Beetchermarlf, informi gli umani che tra poco arriverà Kervenser a sostituirla e si rechi immediatamente al portello di emergenza a tribordo, pronto per uscire. Voglio controllare le ruote e le funi di guida. Uscirete in tre per maggior sicurezza. Non mi interessa tanto la rapidità quanto delle osservazioni accurate. Se vi sono danni più facilmente riparabili in posizione inclinata che in posizione normale voglio saperlo prima possibile. Dopo aver controllato lo stato della Kwembly, voglio che diate un’occhiata in giro. Voglio sapere quanto solidamente ci siamo ancorati e quanto lavoro c’è per ritornare in posizione normale. Uscirò anch’io per un simile controllo, ma mi interessa l’opinione di qualcun altro.

— Va bene, signore — rispose il timoniere, quasi scordandosi di riferire a Benj. Anche stavolta l’ordine l’aveva sorpreso, non tanto perché gli veniva richiesto di uscire, ma perché il capitano aveva scelto proprio lui per controllare il suo giudizio.

Tutti si erano tolti le tute spaziali una volta scoperto che non si registravano infiltrazioni, ma Beetchermarlf si infilò la sua in poco più di mezzo minuto e un attimo dopo si avviò verso il punto d’incontro designato. Là incontrò il capitano e quattro marinai che lo stavano aspettando, tutti con già indosso la tuta spaziale. I marinai tenevano con le chele delle grosse gomene.

— Eccola qua, finalmente — disse il capitano. — Stakendee uscirà per primo e connetterà la corda alla maniglia esterna più comoda da raggiungere. Dopo toccherà a lei, Praffen. Mi raccomando di connettere la corda a una maniglia diversa. A quel punto potrete iniziare a svolgere i compiti che vi sono stati affidati. Aspettate… legate queste ai rinforzi delle vostre tute: senza zavorra rimarreste a galla — spiegò, porgendo al timoniere quattro pesi con meccanismo di aggancio rapido studiato per le nervature metalliche delle tute.

L’uscita avvenne in silenzio attraverso il piccolo portello. Si trattava essenzialmente di uno stretto passaggio a U inondato di ammoniaca, abbastanza profondo da non soffrire in modo particolare l’insolita inclinazione della Kwembly. Comunque, il fatto che l’estremità esterna si trovasse immersa nell’acqua poteva creare parecchi problemi. Beetchermarlf emerse proprio nel mezzo del fiume e si sentì sollevato quando sentì la forte presa di Stakendee stringerlo impedendo alla forte corrente di trascinarlo via prima di aver assicurato la sua corda a una maniglia.

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