Hal Clement - Strisciava sulla sabbia

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Il Cacciatore spese le ore che Robert dedicò al sonno a riorganizzare nel suo cervello le poche parole che era riuscito a imparare, cercando di ricavarne regole grammaticali, e di studiare il mezzo per imparare meglio e nel più breve tempo possibile.

Certamente tutto si sarebbe semplificato se lo straniero avesse potuto controllare i movimenti del suo ospite o influenzarne le reazioni, più o meno come aveva controllato il perit. La razza del Cacciatore si serviva dei perit per sopperire alle deficienze del proprio corpo semiliquido, e faceva compiere alle bestiole opportunamente allenate tutte quelle cose che loro non avevano la forza di fare, o che richiedevano una delicatezza che gli ospiti non possedevano, o ancora, che dovevano venire fatte in posti dove gli ospiti non potevano penetrare, come ad esempio l’astronave cilindrica che aveva portato sulla Terra l’attuale simbionte di Robert Kinnaird.

Sfortunatamente il ragazzo non era un perit , e non poteva essere trattato come tale. Per il momento non c’era alcuna speranza di influenzare le sue azioni, e per il futuro era più augurabile ricorrere alla convinzione che non alla costrizione. Per ora il Cacciatore era come uno spettatore che vorrebbe cambiare la trama del film al quale sta assistendo.

Il giorno dopo l’arrivo di Robert alla scuola, cominciarono le lezioni. Quelle di fisica si rivelarono utilissime al Cacciatore poiché, essendo i principi elementari di quella scienza uguali presso tutti gli esseri intelligenti, lui poté, aiutandosi con i diagrammi che di solito accompagnano le spiegazioni di fisica, imparare molte più parole in un’ora di quante ne avesse capite in un giorno. Per un vero colpo di fortuna poi, una delle prime lezioni riguardò un problema di meccanica, per spiegare il quale l’insegnante scrisse intere frasi accanto ai diagrammi, e così il Cacciatore riuscì a collegare i suoni con la forma scritta.

All’inizio di novembre, a due mesi dalla riapertura delle scuole, il vocabolario dello straniero era pari a quello di un ragazzo intelligente di dieci anni. C’era un unico guaio: certe parole avevano per lui un significato esclusivamente scientifico. Ad esempio, il termine gravità per il Cacciatore significava soltanto il fenomeno che provoca la caduta di un corpo.

Tutto preso dalla smania di imparare, l’extraterrestre dimenticò quasi il suo dovere di poliziotto. Se ne ricordò in dicembre quando, da un colloquio tra Robert e un suo compagno credette di capire che il posto in cui il ragazzo aveva trascorso le vacanze era un’isola. Ne dedusse che il suo criminale, ammesso che fosse precipitato nello stesso punto esatto, doveva ancora trovarsi laggiù. L’esperienza che il Cacciatore aveva vissuto personalmente con lo squalo gli fece escludere che l’altro avesse potuto trovare scampo in un pesce, e lui non conosceva nessun animale a sangue caldo che vivesse nell’acqua. Balene e foche non erano mai comparse nelle conversazioni o nelle letture di Robert. Quindi, se l’altro si era rifugiato nel corpo di un bipede, o era ancora sull’isola o ne era partito in aereo, nel qual caso non sarebbe stato facile ritrovarne le tracce. Restava però ancora da localizzare l’isola. Robert riceveva spesso lettere dai suoi genitori, ma per tre mesi buoni il Cacciatore non vi trovò nessuna traccia utile, in parte perché gli riusciva ancora difficile decifrare le scritture e in parte perché ignorava la parentela tra Bob e i mittenti delle lettere. Non provava nessuno scrupolo, naturalmente, a leggere la corrispondenza del ragazzo: trovava solo la cosa alquanto difficile. Anche Bob scriveva ai suoi, per quanto irregolarmente, ma non erano le sole persone con le quali manteneva corrispondenza, quindi il fatto non agevolò il Cacciatore fino al giorno in cui arrivò una lettera scritta a macchina dalla quale capì che la maggior parte della corrispondenza arrivava a Robert da certi signori Kinnaird. Conosceva già le regole che determinavano presso i terrestri l’assegnazione dei nomi e dei cognomi perciò, aiutato dal particolare tipo di saluti in fondo alla lettera, capì quale relazione di parentela esistesse tra l’ospite e i suoi corrispondenti. Poi arrivò per deduzione a pensare che Bob aveva certo passato le vacanze con i genitori, e alla fine, dall’indirizzo della prima lettera scritta dal ragazzo ai suoi, seppe il nome dell’isola che gli interessava.

Ma ignorava dove fosse e come arrivarci. Era certo soltanto di una cosa: dovunque fosse, quell’isola si trovava a una distanza enorme dal punto in cui erano adesso, perché il viaggio in aereo era stato lunghissimo. Con ogni probabilità Bob sarebbe tornato a casa per le prossime vacanze, ma questo dava al fuggitivo altri cinque mesi di vantaggio, oltre ai cinque già trascorsi.

Nella biblioteca della scuola c’era una grande carta murale del pianeta, disseminate per tutte le classi ce n’erano altre, e altre ancora, di tutte le dimensioni, in diversi libri di testo. Il persistere in Robert dell’abitudine di dare a tutte quelle carte esclusivamente occhiate distratte minacciò di portare rapidamente alla pazzia il Cacciatore. Nello straniero, la tentazione di costringere i muscoli che comandavano la direzione dello sguardo del suo ospite a fissare a lungo quelle carte divenne sempre più forte.

Riuscì a controllarsi. O per lo meno a controllare le proprie azioni. Al contrario, si rafforzò in lui l’intenzione di chiedere il diretto aiuto dell’ospite. Riflettendo sulla situazione, il Cacciatore si era infatti detto che gli poteva anche capitare di girare tutto il mondo per tutto il tempo della vita del ragazzo senza riuscire a incontrare l’altro o, incontrandolo, di non poter far niente contro di lui. Da come stavano le cose in quel momento, l’altro poteva benissimo presentarsi in pubblico e prendere tranquillamente per il naso il Cacciatore senza correre rischi. Il poliziotto doveva escogitare qualcosa perché questo non avvenisse!

Bisognava che si rivelasse al ragazzo. Al primo momento sarebbe stato un colpo per Bob, ma il Cacciatore riteneva di poter minimizzare gli effetti del trauma.

La macchina da scrivere, per esempio, sarebbe servita benissimo allo scopo. La prima volta che Bob si fosse trovato seduto alla macchina senza saper cosa scrivere, il Cacciatore poteva fare in modo di fargli premere alcuni tasti nel proprio interesse. Le possibilità di successo per quel primo tentativo dipendevano quasi esclusivamente dalla reazione che il ragazzo avrebbe avuto accorgendosi che le sue dita si muovevano indipendentemente dalla propria volontà.

A questo riguardo lo straniero si costrinse a essere ottimista.

4

Due sere più tardi il Cacciatore decise di agire alla prima occasione. Era un sabato. Nel pomeriggio la squadra di hockey della scuola aveva vinto una partita e Bob, campione di quel gioco, si era coperto di gloria senza riportare danni, con grande sollievo del Cacciatore. Il trionfo personale e della squadra furono uno stimolo sufficiente perché Bob scrivesse ai suoi. Subito dopo cena il ragazzo andò in camera sua e, inserito un foglio nella macchina, si tuffò in una particolareggiata descrizione della partita, scrivendo velocemente e senza esitazioni. Neppure per un attimo ebbe pause o incertezze, e il Cacciatore non trovò il modo per inserirsi nell’attività del ragazzo. Però, finita e chiusa la lettera, Bob si ricordò che per il lunedì doveva fare un tema. Era insolito in lui, come per la maggior parte degli studenti, preparare un compito con tanto anticipo, ma l’entusiasmante partita del pomeriggio offriva un’ottima fonte di ispirazione, e il ragazzo inserì in macchina un nuovo foglio, scrisse il titolo, il suo nome, la data e poi cominciò a pensare.

Lo straniero non perse tempo. Aveva già chiaro in mente quello che avrebbe scritto, e la prima lettera della frase tanto pensata era proprio sotto il dito medio della sinistra di Bob. Il Cacciatore intervenne sul muscolo giusto, e il dito si abbassò, obbediente, toccò il tasto che scattò in su… ma solo fino a mezza strada. Il Cacciatore sapeva di essere debole in confronto ai bipedi, ma non aveva pensato che la differenza fosse di quella portata: il ragazzo non compiva nessuno sforzo per premere i tasti. Mandò una maggior quantità della propria carne dentro il muscolo in questione e tentò ancora. Il risultato fu il medesimo. Un terzo e un quarto tentativo non ebbero sorte migliore. Però quella manovra attirò l’attenzione di Bob. Il ragazzo sapeva che spesso i muscoli reagiscono involontariamente dopo uno sforzo, ad esempio se vengono liberati di colpo da un grave peso. Lui però non stava sostenendo nessuno sforzo, in quel momento. Staccò la mano dalla tastiera della macchina, e il Cacciatore, innervosito, si accanì su quell’altra, che cominciò a tremare visibilmente. Il ragazzo si fissò le mani, spaventato. Bob era preparato ai danni fisici come qualunque sportivo, ma quello strano attacco nervoso ingiustificato influì sul suo morale. Serrò forte i pugni finché il tremito cessò. Ma appena Bob allentò la stretta, il poliziotto fece un altro tentativo, questa volta agendo sui muscoli del braccio, e cercò di riportare la mano sulla tastiera. Bob, terrorizzato, balzò in piedi rovesciando la sedia contro il letto del suo compagno di stanza, in quel momento assente. L’intervento estraneo sui muscoli più grandi era stato chiaramente percettibile. Bob rimase immobile per qualche secondo, cercando di decidere cosa gli conveniva fare.

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