Hal Clement - Strisciava sulla sabbia

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Strisciava sulla sabbia: краткое содержание, описание и аннотация

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«Ho lasciato cadere un bullone e per un pelo non ho preso in pieno mio padre» rispose Rice più divertito che mortificato, «e lui mi ha detto di andarmene immediatamente di là finché non avevo ancora ucciso nessuno! Mi chiedo cosa direbbe se lasciassi cadere tutti questi tubi lungo il sentiero in discesa.»

«Non ti consiglio di provare» rispose Bob.

«Forse hai ragione.»

I due ragazzi si separarono. Dopo aver aiutato per un po’ suo padre reggendo l’attrezzo per i rilievi, Bob passò a osservare, dall’alto di una scala, le varie forme delle sezioni prefabbricate, cercando di indovinare dove erano destinate: occupazione sufficientemente interessante per divertirlo e abbastanza sicura da non suscitare le ire di suo padre.

Soltanto dopo una mezz’ora il ragazzo si ricordò improvvisamente che sarebbe dovuto andare dal dottor Seever dopo la scuola, ma come capita ai cospiratori non gli venne in mente che non c’era nessun bisogno di rendere conto gli altri dei suoi movimenti, e cominciò a cercare una scusa valida per allontanarsi dal cantiere. Ci stava pensando quando gli arrivò la voce di Colby che lavorava più in alto di lui.

«Sta arrivando Charlie, da solo. Credevo che Kenneth fosse andato da lui!»

Bob guardò verso il sentiero. Era vero, Charles Teroa saliva lentamente verso il cantiere.

Da quella distanza non era possibile distinguere la sua espressione, ma da come camminava, a testa bassa, strascicando i piedi, il ragazzo capì che il polinesiano era già stato dal dottor Seever. Per un attimo Bob pensò di scendere di lì e andare a nascondersi da qualche parte.

Adesso Teroa era abbastanza vicino, e la sua faccia solitamente allegra aveva una espressione indecifrabile, motivo più che sufficiente per far capire agli operai che lo salutavano al passaggio senza ricevere risposta, che qualcosa non andava per il verso giusto. Diplomaticamente nessuno fece commenti. Ma il termine diplomazia non esisteva nel vocabolario di Kenny Rice.

Il ragazzo stava lavorando più in basso, a circa trenta metri dalla scala di Bob. Era intento a trasportare paletti usando la treggia che aveva riparato e che sembrava assurdamente grande accanto a chi la trascinava, perché Rice era piuttosto piccolo.

Alzò la testa dal lavoro sentendo Teroa avvicinarsi, e lo salutò.

«Salve, Charlie. Tutto a posto per il tuo viaggio?»

Charlie non cambiò espressione, e rispose in tono apatico: «Non parto.»

«Cos’è? A bordo non ci sono letti sufficienti?» Fu una frase cattiva, e Rice si pentì di averla detta nell’attimo stesso in cui pronunciava l’ultima parola, perché in fondo era un buon ragazzo. Ma non si scusò. Non ne ebbe il tempo.

Come Bob aveva intuito, Teroa aveva appena visto il dottor Seever. Erano mesi che il ragazzo aveva desiderato partire, da circa una settimana aveva progettato tutto, quel che è peggio, aveva annunciata in giro la sua partenza. La dichiarazione del dottore, secondo cui bisognava aspettare almeno un altro viaggio, era stata un gran brutto colpo per lui: Teroa non riusciva a vedere la ragione del rinvio, e questo era comprensibile. Dopo essere uscito dallo studio del dottore, aveva camminato senza meta per più di un’ora, prima che i piedi lo portassero al cantiere. Probabilmente, se avesse fatto caso a dove stava andando, avrebbe evitato la zona inevitabilmente affollata di lavoratori e ragazzi. Non era certo nella vena più adatta per stare in compagnia. Più ci pensava, meno gli sembrava giusta la decisione del medico, e più cresceva la sua collera. La battuta di Kenny Rice, a parte ogni altra considerazione, era capitata nel momento meno adatto.

Il polinesiano non perse tempo a pensare. Era a un paio di metri da Rice quando questi aveva parlato, e reagì immediatamente. Scattò in avanti, e sferrò un pugno.

Rice ebbe una reazione fulminea che lo salvò dalle conseguenze del colpo. In quel pugno, Teroa aveva messo tutta la sua forza. Rice si piegò all’indietro, lasciò andare la treggia, e si mise in posizione di difesa. Teroa, perdendo qualsiasi briciolo di controllo che poteva essergli rimasto nel momento in cui il suo pugno si perdeva nell’aria, riprese l’equilibrio, e si scagliò di nuovo in avanti, roteando tutti e due i pugni. E l’altro, con le spalle contro i cassoni che gli impedivano di indietreggiare, rispose al martellamento dell’altro.

Le squadre di operai vicino ai quali lavorava Rice, erano state colte talmente di sorpresa che non fecero in tempo a intervenire. Bob era troppo lontano, come tutti quelli che si trovavano al di là del serbatoio. Colby non aveva modo di scendere dall’impalcatura. Così la lotta continuò per alcuni minuti con tutta la violenza di cui erano capaci i due avversari. Rice, che in un primo momento si era limitato a difendersi, perse la calma quando un pugno di Teroa superò la sua guardia e lo colpì con forza alle costole, e da quel momento passò a fare del pugilato vero e proprio.

Il fatto che l’altro fosse di tre anni più anziano, di una buona testa più alto, e di conseguenza più robusto, aveva un peso considerevole sulle sue possibilità di successo. Nessuno dei due si batteva scientificamente, ma nonostante questo alcuni colpi efficaci arrivarono ugualmente a segno, soprattutto da parte di Teroa, che si trovava la faccia dell’avversario proprio all’altezza giusta; però le sue costole furono sottoposte a un buon fuoco di fila, e almeno una volta il ragazzo meno giovane barcollò all’indietro per un colpo in pieno stomaco.

Indietreggiò, e abbassò i pugni sulla parte colpita. Per Rice quello fu il momento della riscossa. Agì d’istinto, e non era certo un pugile professionista, ma non avrebbe potuto reagire più rapidamente e correttamente dopo anni di allenamenti sul ring. Nel momento in cui le braccia di Teroa si abbassavano, il pugno sinistro di Rice scattò in su e raggiunse in pieno il naso dell’avversario. Fu un colpo perfetto, e Rice lo ricordò sempre con piacere, anche se aveva poco da essere fiero per quella rissa. Fu tutta la soddisfazione che ebbe. Teroa riprese fiato, si rimise in guardia, e rispose con un pugno talmente identico nella collocazione da dare la misura della totale inefficacia della guardia di Rice. Qui finì il combattimento. L’uomo con l’altra treggia si era ripreso dalla sorpresa, e aveva afferrato Teroa alle spalle. Bob, che aveva avuto il tempo di raggiungere una scala e precipitarsi sul teatro dello scontro, fece altrettanto con Rice. Nessuno dei due contendenti fece seri sforzi per liberarsi. L’improvvisa azione li aveva caricati. Adesso la pausa diede loro la possibilità di valutare la situazione, e tutti e due assunsero un’espressione confusa.

I bambini che avevano fatto cerchio intorno ai due, si stavano divertendo un mondo, ma gli uomini che si erano fatti largo fra i piccoli spettatori non mostravano lo stesso entusiasmo. Il signor Rice aveva un’espressione che sarebbe bastata da sola a togliere ogni altra velleità al figlio.

Un figlio che non era certo migliorato nell’aspetto. Le ammaccature stavano cominciando a prendere un bel color rosso porpora che si intonava perfettamente al rosso dei capelli, e gli sanguinava il naso. Le ferite del suo avversario erano quasi tutte nascoste dalla camicia, ma anche lui perdeva sangue dal naso, e questo testimoniava a favore dell’abilità di Rice.

Rice padre si piantò a gambe larghe davanti a Kenny, e dopo avere ingoiato la voglia di dire quello che aveva sulla punta della lingua, perché non sarebbe stato bello, davanti a tanti spettatori, sibilò: «Kenneth, sarà meglio che tu vada a lavarti la faccia e a togliere le macchie di sangue dalla camicia, prima che tua madre ti veda. Parleremo più tardi.» Poi si rivolse al polinesiano: «Charles, ti sarò grato se andrai con lui a fare la stessa cosa. In seguito mi farà piacere sapere esattamente come è successa questa stupida storia.»

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