Hal Clement - Strisciava sulla sabbia

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«Mi ero completamente dimenticato di Norman» disse. «Si sarà stancato di aspettare e sta venendo a cercarmi!» Più cautamente questa volta, posò a terra la gamba destra. Il Cacciatore sollevò qualche obiezione ma il ragazzo ribatté: «Caro mio, non c’è altro da fare. Se mi ficco in un letto non potremo combinare niente. Vedrò di sforzarla il meno possibile, ma devo ben camminare! Del resto, in queste cose il pericolo maggiore viene dalle infezioni, e queste ci pensi tu a evitarle.»

D’accordo, non te ne verrà un danno permanente, ma…

«Niente ma! Se qualcuno solo sospetta che la faccenda è grave, mi spediranno dal medico, e lui non crederà mai che mi sia conciato in questo modo senza inzuppare l’isola di sangue, e tu verrai subito scoperto.»

Detto questo Bob cominciò a muoversi zoppicando, e il Cacciatore tacque riflettendo sulla sventura che aveva dato al suo ospite, unico membro attivo della loro società, una natura troppo irrequieta e troppo poco prudente. Poco dopo gli venne in mente che anziché dannoso poteva essere utile che il dottor Seever venisse a sapere di lui. Sfortunatamente ormai era troppo tardi per parlarne: Bob e Norman si erano incontrati.

«Dove ti eri cacciato?» fu il saluto di Norman. «Ho aspettato davanti a casa tua abbastanza da’ farmi crescere la barba!»

«Sono caduto» rispose Bob, «e mi sono fatto male a una gamba. Ho dovuto sedermi un po’ perché non riuscivo a camminare.»

«Oh, adesso capisco! Ti fa male ancora?»

«Non tanto. Riesco a camminare e posso benissimo montare su una bicicletta.»

I due ragazzi si erano incontrati a poca distanza dalla casa dei Kinnaird. Norman non aveva osato inoltrarsi troppo nella giungla, per paura che Bob ne uscisse in un altro punto. In un paio di minuti, nonostante l’impedimento di Bob, raggiunsero l’abitazione.

Pedalare risultò facile: bastava che il ragazzo premesse sul pedale il calcagno anziché la punta del piede.

Arrivati al cantiere cominciarono subito a raccogliere il materiale, e molto prima dell’ora di cena c’erano diversi mucchi di legname e altro, ben mimetizzati in posti sicuri perché nessuno li portasse via fino al giorno seguente dopo la fine delle lezioni. A loro modo erano ragazzi onesti.

Il lunedì accaddero due cose che impedirono a Bob di tornare al cantiere dopo le lezioni. Una capitò il lunedì mattina quando suo padre, vedendolo scendere per la prima colazione, gli chiese perché zoppicasse. Bob ripeté quello che aveva detto a Norman. La seconda domanda però fu un po’ più pericolosa.

«Fammi vedere» disse il signor Kinnaird.

Bob non trovò altra soluzione che rimboccare il calzone per mostrare il lievissimo segno rosso che andava dalla caviglia al ginocchio, e il signor Kinnaird non parve preoccupato. Comunque aggiunse: «Va bene, ma ricordati che se zoppichi ancora la prossima volta che ti vedo, sarà molto meglio per te dirmi che sei andato a farti vedere dal dottor Seever.»

Il rispetto del Cacciatore per il signor Kinnaird aveva motivo di aumentare di giorno in giorno.

Bob si preparò ad andare a scuola con quel chiodo fisso in mente. Cacciatore o non Cacciatore, avrebbe certo zoppicato ancora per diversi giorni, e quel pomeriggio, su al cantiere, avrebbe certo incontrato suo padre. Dopo l’ultima ora di scuola si verificò il secondo episodio. Il professore incaricato di seguire i più grandi gli chiese di fermarsi un po’ per concertare insieme un programma di studi. Bob spiegò agli amici che si doveva trattenere, li guardò partire per il cantiere e rientrò in classe. La discussione sul programma durò parecchio, e quando finalmente professore e allievo raggiunsero un accordo soddisfacente sul ritmo degli studi, gli altri dovevano essere già tornati e scesi al canale.

E restava il problema del prossimo incontro col padre.

Bob aveva cercato tutto il giorno un modo di camminare che non desse nell’occhio, ma c’era riuscito solo in parte. Prima di avviarsi, rimase qualche minuto sulla porta della scuola a pensare, e infine prospettò i suoi timori al Cacciatore.

Io ti consiglio di fare come ha detto tuo padre. Vai dal dottor Seever.

«Ma quello non è cretino, sai? Non penserai che creda ai miracoli… Vorrà vedere la gamba, e come vuoi che gli spieghi la faccenda senza parlargli di te?»

Ci ho pensato. Quale guaio credi che ce ne venga, se gli dici la verità?

«Non voglio passare per matto, ecco tutto!»

Probabilmente non ti capiterà mai più un’occasione migliore di questa per dimostrare l’autenticità della tua storia, se il dottore è un uomo in gamba come dici tu. Non che ci tenga a rendere pubblica la mia presenza, ma credo che un medico possa esserci di aiuto. Lui può sapere cose che noi ignoriamo, e dovrebbe essere contento di aiutarci perché ti assicuro che non è un’esagerazione presentare il fuggitivo come un’epidemia.

«E se poi è lui l’ospite del tuo amico?»

Il dottore è uno dei meno sospetti di tutta l’isola, ma se fosse come dici tu, potrei averne presto la conferma. Comunque prenderemo qualche precauzione. Spiegò a Bob quali erano queste precauzioni, e il ragazzo ascoltò attentamente.

Lo studio del medico non era lontano dalla scuola, e non sarebbe valsa la pena di andarci in bicicletta se non fosse stato per la gamba dolorante. Il ragazzo dovette fare un po’ di anticamera perché c’era un altro paziente, poi entrò insieme al suo invisibile compagno.

«Di nuovo qui così presto, Bob?» salutò il dottor Seever. «Ti danno ancora fastidio quelle scottature?»

«No, anzi, me n’ero quasi dimenticato.»

«Non del tutto, spero!» commentò il medico sorridendo.

«Si tratta di un’altra cosa, dottore» disse Bob. «Ieri sono caduto, su nella giungla, e mio padre ha detto che dovevo venire da voi, oppure smetterla di zoppicare.»

«Bene. Vediamo questo nuovo guaio, allora.»

Bob sedette su una sedia, e arrotolò il calzone sulla gamba destra. Il dottor Seever osservò attentamente i due punti, d’uscita e d’entrata, fatti dal legno nella gamba, poi si appoggiò allo schienale e chiese: «Sentiamo un po’ com’è andata.»

«Sono sprofondato in un punto molle del letto del torrente. Sotto c’era un ramo spuntato che mi è entrato nella gamba.»

«Continua.»

«Non c’è altro, mi sembra. Non mi dava molto fastidio perciò non sono venuto da voi finché non me l’ha detto mio padre.»

«Capisco» disse il medico. Poi rimase pensieroso per un paio di minuti. Infine chiese: «Ti era accaduto qualcosa di simile a scuola sul continente?»

«Ecco…» Bob non fece nemmeno finta di non aver capito cosa volesse dire il dottor Seever. «A scuola mi è successo questo» e mostrò il braccio. Il medico esaminò la cicatrice appena visibile.

«Quanto tempo fa ti sei fatto male?»

«Sono circa tre settimane.»

Un’altra pausa, lunga. «Vediamo» disse infine il dottor Seever, «tu ti sei accorto che c’era qualcosa di strano in te, qualcosa che rendeva insignificanti delle ferite che invece avrebbero dovuto costringerti a letto, e ti sei preoccupato. È così?»

«Non esattamente» rispose Bob. «È come avete detto voi, ma… Ma io so da che cosa deriva questa stranezza.» Dopo la dichiarazione Bob trovò facile raccontare tutta la storia, che il medico ascoltò con grande interesse.

«Tu non hai mai visto personalmente questo… Cacciatore?» chiese il dottor Seever quando il ragazzo tacque.

«No. Non vuol farsi vedere. Dice che ne sarei sconvolto.»

«Capisco. Ti disturba se per qualche minuto ti metto nell’impossibilità di vedere?» Bob fece cenno di no con la testa. Il medico bendò gli occhi del ragazzo, poi disse: «Per favore, appoggia le mani sul tavolo… qui… a palmo in su. Adesso, Cacciatore, hai capito cosa voglio?»

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