Bob Shaw - Cronomoto

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Cronomoto: краткое содержание, описание и аннотация

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È uno dei temi più affascinanti della fantascienza: che cosa accadrebbe se potessimo fisicamente cambiare il tempo, creando nuovi mondi con un semplice gesto? Jack Breton, il protagonista di questo romanzo pieno di suspence e di sorprese, da nove anni non fa che pensare a quei pochi, fondamentali momenti che hanno preceduto la morte di sua moglie. Per correggere il suo errore deve riscrivere il passato. Ma con quali conseguenze?

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Dopo aver rigovernato in cucina, la signora Fitz rimise in moto l’aspirapolvere e fece il giro di tutta la casa. Breton era talmente nervoso e irritato che, a volte, aveva l’impressione di vederla in due stanze contemporaneamente. Kate continuava a farla chiacchierare, ed entrò nel soggiorno solo una volta, per portare un vaso di fiori.

— Per l’amor del cielo, liberati da quella donna — disse lui. — Devo parlarti.

— Ho tentato… ma la signora Fitz è fatta a modo suo.

Kate pareva sincera, e Breton cercò di rilassarsi. La mattinata si trascinò lentamente, e, con grande disappunto di Jack, la signora Fitz rimase a preparare il pranzo. Dopo mangiato, impiegò un sacco di tempo a mettere in ordine la cucina, e poi ricominciò a girare con l’aspirapolvere. Breton stentava a credere alle proprie orecchie. Gettò via la rivista che aveva in mano e si precipitò di sopra, seguendo la direzione del ronzio. Kate stava sulla soglia della camera da letto, e fumava una sigaretta, parlando con la signora Fitz, che riordinava la camera.

— Cosa state facendo adesso? — domandò Breton. — I pavimenti non si saranno sporcati di nuovo, da stamattina!

Kate lasciò cadere il mozzicone in un portacenere di cristallo che teneva in mano. — Le tende. Alla signora Fitz piace spolverare le tende, il sabato.

Breton fece per allontanarsi, quando capì che Kate, ormai matura ed esperta nelle sue mosse, lo stava manipolando con tutta calma, sottoponendolo a una specie di “super-judo", che trasformava in debolezza la sua forza. E lui si lasciava soggiogare, benché l’unico asso di cui lei disponesse fosse quello che lui le aveva raccontato. Ma, per quel che ne sapeva lei, era un asso inutilizzabile. Non poteva andare dalla signora Fitz o da qualcun altro a dire che l’uomo con cui viveva non era il suo vero marito, ma un doppione emerso da un’altra corrente temporale. Non poteva farlo, se non voleva essere giudicata pazza.

— Signora Fitz — disse Jack scostando Kate ed entrando nella stanza. — Adesso potete andarvene a casa.

— Benedetto, ma io non ho nessuna premura!

Gli rivolse un ampio sorriso in cui era sottinteso che lei era una povera vedova e che faceva del suo meglio per tirare a campare. Breton staccò dalla presa di corrente il cavo dell’aspirapolvere, e glielo porse.

— Ma io insisto. — Sorrideva, scortandola verso la porta. — Voglio che vi riposiate per benino, e arriviate qui fresca lunedì mattina. Ed ecco qua dieci dollari come regalo, per essere stata tanto premurosa. Contenta?

Breton le diede una delle banconote prese a John, poi accompagnò la signora Fitz al pianterreno, l’aiutò a infilarsi il cappotto, la scortò fino alla porta. La donna continuava ad aprire e chiudere per la sorpresa le labbra rossissime e gettava di tanto in tanto un’occhiata a Kate; comunque non disse niente e si allontanò con aria sbalordita. Breton la salutò agitando la mano.

— Questo è il colmo! — esclamò Kate, che era scesa dietro di lui.

— La prossima volta sarò gentilissimo con lei — rispose Breton, attirandola a sé. Kate non fece resistenza, e lui la baciò. Il tocco delle labbra di lei era lieve, ma sufficiente a dargli ristoro, a spazzare le ragnatele del dubbio che avavano incominciato ad avvolgere i suoi pensieri dal giorno prima…

— Sono preoccupata per John — disse Kate.

— Non vedo perché. Se n’è andato di sua spontanea volontà. Ti ha piantato senza pensarci sopra due volte. Perché dovresti essere preoccupata per lui?

— Perché non è il tipo da agire così. Non ha reagito in modo normale.

— Era stanco del matrimonio, e ha dato un taglio netto. Tanti la troverebbero una reazione normalissima.

Kate lo fissò negli occhi. — No, non è da lui agire così.

— Come fai a esserne tanto sicura?

— John non sarebbe mai fuggito, lasciando tutto per aria… Avrebbe sistemato prima le cose… No, non è normale.

— Però l’ha fatto.

— Appunto per questo dico che la sua non è stata una reazione normale.

La ripetizione della frase infastidì Breton. Ebbe l’impressione che nella mente di Kate ci fosse qualcosa che non funzionava a dovere.

— Non continuare a ripetere le stesse cose, Kate. Non provano niente.

Lei si sciolse dall’abbraccio. — E i quattrini?

— Quattrini? Ah, vuoi dire se John… Be’, immagino che se ne sia portati via un bel po’.

— E come può averlo fatto? Non può certo averli presi dal nostro conto in comune, perché non mi ha chiesto di controfirmare nessun assegno. E non ha avuto il tempo necessario per ritirare nessuna grossa somma dal capitale dell’azienda.

— Non sapevo che tu fossi diventata un mago della finanza — cercò di scherzare Breton.

— Oh, quanto a questo ho anche imparato ad allacciarmi le scarpe da sola, non lo sapevi? — Kate parlava con un’asprezza che sgomentò Breton. “Nove anni” pensò, rendendosene improvvisamente conto “sono lunghi…”

— John può ritirare tutto quel che vuole, basta che entri in una banca. Vedrai che uno di questi giorni riceveremo una lettera da lui…

— Per chiederci di finanziarlo?

Breton non sapeva quando l’incubo avesse avuto inizio, ma sapeva di viverci in mezzo. “Kate” supplicò in silenzio. “Perché non puoi essere come ti vorrei?”

Lei si aggirava inquieta per la casa, prendendo un oggetto dopo l’altro, per rimetterlo poi subito a posto. Breton la seguì per un po’, con la speranza che potesse ricrearsi l’atmosfera di quell’unico pomeriggio dai colori veneziani, ma Kate rifiutò di parlare d’altro se non di John: dei motivi che potevano averlo indotto a lasciarla senza una parola, della sua probabile destinazione, dei suoi progetti per il futuro. Breton era disperato. Sentiva che avrebbe dovuto aver la forza di fronteggiare Kate e di dominarla con l’intensità del suo amore, come sembrava che fosse successo la sera del suo arrivo… Ma forse gli era riuscito soltanto perché aveva colto di sorpresa una donna stanca, sola e piena di fantasia.

Breton uscì in giardino. Rimase sorpreso nel constatare che il sole era appena tramontato. Ogni minuto di quella giornata era stato eterno, ma le ore erano passate in fretta. L’aria andava raffreddandosi, e i colori della notte stavano già lentamente tingendo il cielo a oriente, dove le stelle cadenti segnavano un rapido solco luminoso e sparivano. Come già gli era capitato la sera prima, guardandole provò un vago senso di allarme. Il pensiero di trascorrere un’altra notte, solo sotto quel cielo malato, era superiore alle sue forze.

Si affrettò a rientrare in casa e sbatté la porta. Kate era alla finestra del soggiorno, al buio, e guardava gli alberi colorati di ottobre.

Lui le si avvicinò, la strinse alle spalle, e affondò la faccia nei suoi capelli.

— Kate — disse, disperato. — Parliamo troppo. Abbiamo tanto bisogno l’uno dell’altra, e non facciamo che parlare.

Kate s’irrigidì. — Per piacere, lasciami in pace.

— Ma, Kate… — La costrinse a voltarsi verso di lui.

— Voglio che tu mi lasci in pace!

— Ma… non ricordi quel pomeriggio…?

— Adesso è diverso! — E si scostò bruscamente.

— Perché? Perché non c’è la probabilità che John ci sorprenda? È questo che ti fa sembrare meno piccante la…

Kate lo colpì sulla bocca. Quasi nello stesso momento lui restituì lo schiaffo e sentì i denti di lei contro le nocche.

— Questo sistema ogni cosa — disse Kate. — Vattene. Lascia subito questa casa.

— Non capisci — mormorò lui, sentendosi raggelare. — Questa è casa mia, e tu sei mia moglie.

— Ho capito.

Kate corse fuori dalla stanza. Breton rimase immobile, fissando incredulo la mano, finché, attraverso il soffitto, non sentì il rumore di cassetti che si aprivano e si chiudevano. Salì di corsa in camera, e trovò Kate intenta a riempire una valigia.

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