Ruiz-Sanchez si chiese improvvisamente se (ammesso che fosse stato possibile un simile sondaggio d’opinione) nei secoli passati la proporzione fosse sempre stata la stessa.
— Credete che parlare a Egtverchi potrebbe servire a qualcosa? — Ruiz-Sanchez domandò a Michelis. Dopo le più vivaci proteste, aveva finito per accettare di vivere nell’appartamento di Michelis.
— Be’ — disse Michelis, — io non ho ottenuto niente, a parlare con lui. Con voi, la cosa potrebbe essere differente, anche se, francamente, Ramon, sono incline a dubitarne. È tanto più difficile ragionare con lui in quanto egli stesso non sembra trarre nessuna soddisfazione da tutta la faccenda.
— Egtverchi conosce meglio di noi il suo pubblico — disse Liu. — E più il numero dei suoi ascoltatori aumenta, più amaro diventa lui. Credo che gli ricordino costantemente il fatto che egli non potrà mai essere pienamente accettato sulla Terra, non potrà mai sentirsi pienamente a casa propria. Si è accorto che le sue parole interessano soltanto alle persone che come lui non si sentono a loro agio su questo pianeta. Questa diagnosi non è vera, ovviamente, ma Egtverchi la ritiene vera.
— Be’, è abbastanza vera che sarà difficile convincerlo che non sia vera — disse Ruiz-Sanchez, tristemente.
Spostò la sedia in modo da non dover vedere le api di Liu, che lavoravano alacremente nelle zone illuminate della veranda. In un altro momento non sarebbe stato capace di distogliere lo sguardo da quello spettacolo, ma ora non poteva permettersi di venire distratto.
— Senza contare — aggiunse Ramon, — che lui si rende perfettamente conto del fatto che non saprà mai che cosa voglia dire essere lithiano, malgrado la sua apparenza e i suoi caratteri ereditarii. Chtexa forse potrebbe dargliene un’idea più o meno vaga, se soltanto potessero incontrarsi… Ma no, non parlano nemmeno la stessa lingua.
— Egtverchi ha studiato il Lithiano — disse Michelis, — ma è anche vero che lo parlo molto meglio io, figurarsi. Ha letto soltanto la vostra grammatica (gli altri documenti sono ancora un segreto) e non ha avuto nessuno con cui parlare. Quando parla, cigola come una cerniera arrugginita. Però, Ramon, voi potreste fargli da interprete.
— Sì, certo, ma è materialmente impossibile. Anche se ne avessimo i mezzi, non avremmo il tempo di far venire Chtexa qui.
— Non volevo dir questo. Pensavo al CirCon, la nuova radio che «aggira il continuum», scoperta dal Conte d’Averoigne. Non so esattamente come funzioni, ma l’Albero Messaggero ha una grandissima potenza d’emissione; è possibile che d’Averoigne riesca a captarlo. Nel quale caso potreste parlare con Chtexa.
— Se credete, possiamo sempre tentare — disse il Gesuita. Rimase poi in silenzio per qualche tempo, pensando alle domande che doveva ancora rivolgere a Michelis. L’aspetto del chimico lo preoccupava, sembrava invecchiato. I suoi lineamenti erano tirati e sotto gli occhi aveva cerchi profondi, lividi. Anche Liu era mutata molto, e in peggio. Si sentiva fra i due coniugi una certa tensione, come se non fossero riusciti a trovare l’uno nell’altro conforto sufficiente per far fronte alla tensione del mondo che li circondava. — È possibile — riprese a bassa voce, — che Agronski sappia qualche cosa di utile.
— Forse — disse Michelis. — L’ho visto solo una volta, a una festa. La stessa in cui Egtverchi sollevò tutto quello scandalo. Agronski aveva uno strano modo di fare, quella sera. Ci evitava, non solo: finse addirittura di non vederci. Se ne stava seduto per conto suo, a bere come una spugna. Molto insolito da parte sua, direi.
— Come mai era venuto a quella festa?
— Oh, è un fanatico di Egtverchi.
— Proprio Agronski? Come fate a saperlo?
— Egtverchi se ne vanta esplicitamente. Ha perfino detto che conta d’avere presto dalla sua tutti i membri della Commissione. — Michelis fece una smorfia. — A giudicare da come Agronski si comporta, non potrà essere della minima utilità né a Egtverchi né a nessuno.
— Ed ecco un’altra anima ancora sulla via della dannazione — osservò tristemente il Gesuita. — Avrei dovuto immaginarlo. La vita di Agronski ha già così poco senso che non ci vorrà molto prima che Egtverchi gli tolga ogni contatto con la realtà. È sempre così che opera il Maligno: vuota gli esseri della loro sostanza.
— Non so se si debba accusare Egtverchi — disse Michelis, con voce cupa. — Salvo che come sintomo. La Terra è piena di schizofrenici. Se Agronski aveva delle tendenze verso la schizofrenia… ed è chiaro che ne aveva… allora è stato sufficiente riportarlo qui perché la tendenza desse i suoi frutti.
— A me — disse Liu, — ha dato invece un’altra impressione. Per quel poco che lo ho visto, e da quanto mi hai detto tu, mi pareva una persona spaventosamente normale: perfino disarmata, se vogliamo. Non capisco come possa essersi dedicato a qualcosa fino al punto d’impazzire, o come la tentazione abbia potuto farlo precipitare nel vuoto teologico di cui parlate voi, Ramon.
— Sotto questo spetto, Liu, siamo tutti molto simili — disse Ruiz-Sanchez, desolato. — E da quanto mi dice Mike, penso che ormai sia troppo tardi per poter fare qualcosa per Agronski. Ed egli è soltanto… soltanto un esempio di ciò che sta accadendo dappertutto, al suono della voce di Egtverchi.
— Comunque — disse Michelis, — è un errore pensare alla schizofrenia come a una malattia della ragione. All’epoca in cui si cominciava a studiarla, gli inglesi la chiamavano «malattia dei camionisti». Quando colpisce gli intellettuali, si hanno dei risultati spettacolari soltanto per il fatto che gli intellettuali possono descrivere ciò che provano: van Gogh, Lawrence, Nietzsche, Wilson… è una lista lunga, ma non è nulla a confronto di quella delle persone ordinarie che l’hanno avuta. E la proporzione è di cinquanta persone normali per un intellettuale. Agronski è soltanto il consueto tipo di vittima.
— Che ne è stato di quella minaccia di cui parlavate? — disse Ruiz-Sanchez. — Egtverchi è riapparso sugli schermi ieri sera senza essere stato affidato a voi. Quel vostro amico dell’ONU col copricapo strano faceva minacce a vanvera?
— Credo che possa essere una delle risposte — disse Michelis, speranzoso. — Non ci ha più detto niente, e quindi posso fare soltanto delle supposizioni, ma penso che il vostro arrivo li abbia sconcertati. Si aspettavano che vi espellessero pubblicamente dall’Ordine… e il fatto che questo non sia accaduto ha rovinato il loro piano di annunciare la decisione su Lithia. Probabilmente, adesso attendono di vedere quale sarà la vostra prossima mossa.
— Lo attendo anch’io — disse Ruiz-Sanchez, cupo. — Forse non farò nulla, e questo sarà probabilmente ciò che li metterà maggiormente nella confusione. Credo che abbiano le mani legate. Egtverchi ha pronunciato il nome dei prodotti Bifalco soltanto quella famosa volta, ma sono convinto che ne faccia vendere a magazzini interi: perciò i suoi patrocinatori non saranno disposti a farlo smettere. E non vedo in che modo la Commissione Comunicazioni dell’ONU possa farlo. — Fece una secca risata. — Comunque, per decenni hanno cercato di favorire l’indipendenza del giornalismo televisivo… ed Egtverchi costituisce certamente un passo da gigante in questa direzione.
— Per il momento — disse Michelis — Egtverchi rischia di essere accusato di fomentare rivolte su scala mondiale.
— Ch’io sappia, non ha fomentato nessuna rivolta — ribatté Ruiz-Sanchez. — I tumulti di San Francisco sono scoppiati spontaneamente, per quanto se ne è saputo. E ho notato, dalle fotografie, che non c’era nessuno di quei suoi seguaci in uniforme.
— Ma ha lodato i rivoltosi e s’è preso giuoco della polizia — osservò Liu. — È come se avesse sollevato la folla egli stesso.
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