La frittatina aveva un sapore di straccio per la polvere.
— Ti dirò quello che penso — disse improvvisamente Michelis, a bassa voce. — A mio avviso, Egtverchi tenta di sollevare la folla. Ti ricordi di quei ragazzi in uniforme? Ora ha abbandonato quel sistema, oppure lo nasconde, perché pensa che la sua nuova idea sia migliore. Ha un pubblico di circa sessantacinque milioni di spettatori, metà dei quali forse sono adulti. Di questi, un’altra buona metà è costituita di individui più o meno mentecatti, ed è proprio su questo che lui ora conta. Intende trasformare quei milioni di individui in vere e proprie squadre di linciaggio.
— Ma perché, Mike? — comandò Liu. — A che cosa gli servono?
— Non lo so, ed è proprio questo che mi rende perplesso. Non è il potere che lui cerca… Forse vuole solo distruggere. Un complicato atto di vendetta.
— Vendetta!
— Cerco d’indovinare. I suoi motivi sfuggono forse più a me che a te.
— Ma vendetta contro chi? — disse Liu con voce tranquilla.
— Contro di noi. Per averne fatto un simile spostato.
— Capisco — disse Liu. Poi chinò il capo sul piatto, ancora intatto, e cominciò a piangere in silenzio. In quel momento, Michelis avrebbe ucciso volentieri Egtverchi, o se stesso.
Il Klee fece udire il suo carillon armonioso. Michelis alzò gli occhi a guardarlo con amara rassegnazione.
— I nostri visitatori — disse. E premette il pulsante del telefono.
Il Klee si velò e, dalla parete, il presidente della commissione di naturalizzazione che aveva esaminato Egtverchi lo guardò interrogativamente da sotto il suo casco complicato.
— Salite — disse Michelis. — Vi stavamo aspettando.
L’uomo dell’ONU passò qualche tempo a visitare l’appartamento e ad emettere esclamazioni sul buon gusto di Liu, ma fu chiaro che si trattava di una sorta di cerimonia. Pronunciata l’ultima frase di prammatica, cambiò bruscamente tono; le api stesse avevano sentito qualcosa di ostile, in quell’uomo; egli s’era appena messo a osservarle da dietro il vetro che gli insetti s’erano precipitati su i lui, cozzando contro il vetro con le teste dagli occhi sporgenti, globulari. E per tutta la conversazione che seguì, Michelis poté udirle cozzare tenaci contro la parete trasparente con un ronzio di ali furibonde.
— Abbiamo ricevuto più di diecimila cartoline e telegrammi nella mezz’ora seguita alla trasmissione di Egtverchi — disse l’uomo dell’ONU. — La prima analisi è sufficiente a farci capire la dimensione del fenomeno che ci sta di fronte, ed è per questo che sono venuto da voi. Nella settimana che seguirà, noi calcoliamo di ricevere oltre due milioni di missive…
— Chi è questo «noi»? — domandò Michelis. E Liu aggiunse: — Non mi pare una grande cifra.
— «Noi» si riferisce alla rete televisiva. E la cifra è piuttosto ingente, dato che siamo quasi anonimi per la massa del pubblico. La Bifalco riceverà più di sette milioni e mezzo di tali messaggi.
— E sono così brutti? — chiese Liu, alzando le sopracciglia.
— Sono i peggiori che possano venire trasmessi dalla posta — disse l’uomo dell’ONU. — Confesso di non avere mai visto niente di simile, e dire che sono all’ufficiò relazioni pubbliche della televisione da undici anni… questo incarico presso l’ONU è a part-time. Metà dei messaggi sono delle espressioni di odio velenoso e incontrollato: odio patologico. Ne ho alcuni esempi con me, ma non ho portato i peggiori. Di solito non mostro ai profani le lettere che riescono a spaventare me.
— Mostratemene uno — disse Michelis.
L’uomo dell’ONU, in silenzio, gli passò una fotocopia. Michelis la lesse. Poi la restituì.
— Siete più refrattario di quanto non pensiate — disse. — Io non lo avrei mostrato a nessuno, salvo, forse che a un ricercatore sulle malattie mentali.
L’uomo dell’ONU sorrise per la prima volta, e li osservò entrambi con con occhi vivaci e intelligenti. Chissà come, pareva stesse valutandoli, non individualmente, ma come coppia. Michelis ebbe l’impressione che la sua privacy venisse in qualche modo violata, ma nel comportamento dell’uomo non c’era nulla di offensivo.
— Neppure alla dottoressa Meid? — chiese l’uomo dell’ONU.
— A nessuno — rispose Michelis, irritato.
— D’accordo. Comunque, ripeto che non l’ho scelta deliberatamente per la sua forza d’urto. Posso assicurarvi che questa lettera è un’espressione di stima e simpatia, a paragone di altre che ci sono arrivate. Questo Serpente ha un pubblico di squilibrati e intende servirsene. Ecco perché sono venuto a trovarvi. Noi pensiamo che voi sappiate forse a quale scopo intenda servirsene.
— A nessuno scopo, se voi stessi foste capaci di conservare il controllo della vostra rete televisiva — rispose Michelis. — Perché non eliminate il programma? Se vi sta avvelenando la società, non avete altra scelta.
— Quel che è veleno per uno è guadagno per l’altro — rispose l’uomo dell’ONU. — Quelli della Bifalco non vedono la cosa nello stesso modo in cui la vediamo noi. Anche loro hanno il loro reparto di analisi della risposta del pubblico, e sanno bene quanto noi che riceveranno più di sette milioni e mezzo di cartoline postali ingiuriose nel corso della settimana. Ma la cosa li delizia. Sono soddisfattissimi. Pensano che servirà a far comprare i loro prodotti. Probabilmente assegneranno al Serpente un’intera mezz’ora di trasmissione, pagata totalmente da loro, se le risposte arriveranno come previsto… e vi garantisco che arriveranno.
— Perché non abolite direttamente gli interventi di Egtverchi, vietandogli di apparire? — chiese Liu.
— La concessione ci obbliga a rispettare il diritto della libertà di parola, così, fino a quando la Bifalco investirà quattrini nella rubrica di Egtverchi, noi dovremo continuare la trasmissione. In fondo, il principio non è sbagliato. In passato ci sono stati alcuni casi che minacciavano di far sorgere guai, ma in ogni caso li abbiamo lasciati parlare, e alla fine il pubblico si è stancato. Però, allora, il pubblico era diverso: era la totalità degli spettatori, che in maggioranza è sana di mente. Il Serpente, invece, ha un pubblico selezionato, e questo suo pubblico non è affatto sano di mente. Questa volta… per la prima volta… pensiamo di interferire nella situazione. È per questo che siamo venuti da voi.
— Non posso aiutarvi in nulla.
— Sì, lo potete e ci aiuterete, dottor Michelis. Parlo in questo momento in nome della rete televisiva e in nome dell’ONU. La rete televisiva vorrebbe interrompere le emissioni di Egtverchi e l’ONU da parte sua fiuta nell’aria qualche cosa che potrebbe rivelarsi peggio ancora dei famosi tumulti di Corridoio del 1993. Siete stato voi a far da padrino al Serpente ed è stata vostra moglie ad allevarlo. Voi lo conoscete meglio di chiunque altro. Dovrete dunque fornirci contro di lui le armi che ci occorrono. In base alla legge di naturalizzazione, siete responsabile dei suoi atti. Non è una legge che tiriamo in ballo facilmente, ma questa volta intendiamo farlo. Decidetevi in fretta, perché dobbiamo sbarazzarci di lui prima della prossima trasmissione.
— E se non avessimo nulla da suggerirvi? — disse Michelis, gelido.
— Dichiareremmo che il Serpente è minorenne e che voi siete i suoi tutori — disse l’uomo dell’ONU. — Cosa che non è affatto una soluzione, dal nostro punto di vista, ma che rischia d’essere molto sgradevole per voi. Nel vostro stesso interesse, fareste bene a trovare una soluzione. Spiacente di essere portatore di così brutte notizie, ma sono cose che capitano. Buonanotte e grazie.
Uscì. Rimasti soli, Michelis e Liu si guardarono sgomenti.
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