James Blish
Guerra al grande nulla
Il tema di questo romanzo non è il Cattolicesimo, ma esso contiene - inevitabilmente, dato che il protagonista è un sacerdote cattolico — varie asserzioni che sorprendono coloro che seguono la dottrina della Chiesa Romana, e, in grado minore, Anglicana. Probabilmente, invece, i lettori che non hanno prevenzioni dottrinarie non si accorgeranno neppure di queste asserzioni, né tantomeno se ne riterranno offesi.
Uno dei miei assunti è il seguente: rispetto alla Chiesa Cattolica Romana di oggi, quella del prossimo secolo mostrerà varie differenze di dottrina e di abitudini, più o meno importanti. Con la pubblicazione di questo romanzo in America ho visto che i cattolici erano disposti ad accettare la mia Dieta di Bassora, la mia resurrezione di tutta l’argomentazione, dall’ombelico alle testimonianze geologiche, e il mio ripudio della tonsura. Su due punti, invece, non mi permettevano di allontanarmi da quanto dice la Catholic Encyclopedia del 1945. (Nessuno scienziato, finora, si è invece lamentato per il mio ripudio della relatività speciale di Einstein nel 2050.) I punti controversi sono i seguenti:
1) L’avere dato per inteso che nel 2050 il rito dell’esorcismo sarà così profondamente sepolto nel suo passato medievale, che la Chiesa stessa lo insegnerà ai suoi sacerdoti soltanto in modo meccanico: un modo talmente superficiale e nozionistico che neppure un Gesuita penserà di ricorrervi in una situazione che, comunque, non fa pensare affatto all’esorcismo come a una delle soluzioni adatte. Tuttavia, già oggi i non cattolici ritengono, di solito, che l’esorcismo non sia più vivo tra i riti della Chiesa; pare una cosa ancor più primitiva e outré che gli abiti stessi dei sacerdoti e la tonsura, due cose che sono entrate nel costume della Chiesa e vi si sono fissate pressappoco in uno stesso periodo storico, vale a dire nel tredicesimo secolo. In quello stesso periodo, del resto, si usava suonare a martello le campane benedette per disperdere le tempeste: poiché quest’abitudine non è giunta fino a noi, mi pare abbastanza ragionevole supporre che l’esorcismo, ufficialmente, sarà nel 2050 soltanto un ricordo dell’antichità.
2) La mia supposizione che nel 2050 una persona allo stato laicale, ma che conosca il rito dell’Estrema Unzione, possa amministrarla, come oggi può amministrare il Battesimo. Naturalmente, oggi non è così, e mi sarà concesso, spero, di mostrarmi insofferente nei riguardi di coloro che hanno voluto muovermi delle critiche giudicandomi talmente corrivo da credere che oggi un laico possa somministrarla. Questi teologi «a orecchio» dimenticano come all’inizio della Chiesa soltanto un sacerdote potesse amministrare i Sacramenti, e come il fatto che ancor oggi l’Estrema Unzione sia riservata ai sacerdoti abbia alle spalle una controversia durata vari secoli, mirante a conservare ai sacerdoti le loro prerogative. La lotta per conservare l’amministrazione del Battesimo venne perduta quasi subito, come del resto era inevitabile in un’epoca in cui una popolazione esigua era soggetta a pestilenze e ad altre catastrofi contro cui non si poteva fare, letteralmente, nulla: occorreva acquistarsi ogni anima al momento della nascita. Oggi, e (temo proprio) domani, il nostro mondo neo-malthusiano e sovraffollato, con il suo angelo della morte, privo di ali, di volto, e di capacità selettive, che può spazzarci via tutti in venti minuti partendo dall’altra parte del pianeta, ci pone dinanzi alla possibilità della morte di masse talmente smisurate che nessuna quantità di sacerdoti, per grande che sia, potrebbe amministrare il Sacramento a tutte le vittime; e poiché do credito alla Chiesa (anche se tutte le apparenze, a volte, fanno pensare al contrario) di essere fondamentalmente un’istituzione misericordiosa, ho supposto che nel 2050 l’Estrema Unzione non sarà più limitata ai sacerdoti.
Ovviamente, ciascuno è libero di ritenere che il mio ragionamento sia sbagliato, ma spero che non si limiterà a citarmi la dottrina del 1945 come se fosse sufficiente di per se stessa a mostrarci quella del 2050.
Varie persone che mi hanno scritto ritengono che la conclusione del mio protagonista per quanto concerne la natura di Lithia sia tutt’altro che inevitabile, e quindi piuttosto opinabile; tuttavia ho anche avuto il piacere di ricevere varie lettere di teologi che conoscevano l’ attuale posizione della Chiesa sul problema della «pluralità dei mondi»: cosa, questa, che molti dei miei corrispondenti ignoravano. (Come sempre, la Chiesa, in quanto istituzione, è molto più all’avanguardia della maggior parte dei suoi seguaci.) Invece di giustificare lo scivolamento del mio protagonista nel manicheismo con altre parole che non siano le sue, mi sia concesso di riportare le parole di Mr Gerald Heard, che meglio di chiunque altro ha saputo riassumere la posizione della Chiesa (né ci si poteva attendere diversamente, trattandosi di uno scrittore così brillante, che inoltre ha studiato teologia):
«Se esistono più pianeti abitati da creature senzienti, cioè dotate d’intelletto, come del resto oggi ammettono molti astronomi (tra cui vari Gesuiti), allora ciascuno di questi pianeti (solari o no) deve rientrare in una delle tre seguenti categorie:
«a) Abitato da creature senzienti, ma sprovviste di anima, e che quindi devono essere trattate con compassione, ma senza procedere alla loro evangelizzazione.
«b) Abitato da creature senzienti con anima caduta, a causa di un ancestrale peccato, originale ma non inevitabile: quindi da evangelizzare con sollecita carità missionaria.
«c) Abitato da creature senzienti, dotate di anima, che non sono cadute, e che quindi: 1) vivono in un mondo paradisiaco, non caduto e privo di peccato; 2) e con le quali, dunque, dobbiamo entrare in contatto, non allo scopo di propagandare la Fede, bensì per poter apprendere da esse lo stato (uno stato che per noi può essere soltanto oggetto di speculazione) di creature che vivono in una perpetua condizione di grazia divina, che sono dotate di ogni virtù in modo perfetto, e che sono immortali e completamente felici in quanto possiedono la conoscenza di Dio e ne sono possedute.»
Il lettore converrà con Ruiz-Sanchez, spero, che i Lithiani non rientrano in nessuna di queste tre categorie; tutto il resto ne è una conseguenza.
L’autore, desidero aggiungere, è un agnostico che non vuole assumere nessuna posizione in questo tipo di controversie. Ho voluto parlare di un uomo, e non di un corpo di dottrine.
James Blish
«Arrowhead»
Milford, Pennsylvania
1958
Pronuncia dei nomi lithiani
Se a qualcuno interessa, le parole lithiane che compaiono qui e là nel romanzo si pronunciano nel modo seguente:
XOREDESHCH. La X corrisponde alla K dell’inglese (o alla chi del greco); SHCH contiene due suoni diversi, come in molte parole russe: il suono sci di «scia» seguito dal suono della c dolce di «cima». (Pron.: Kòredesc.)
GTON. La G è gutturale, contro il palato duro (come in «gola»).
CHTEXA. Il suono del CH in questa parola è come il suono sci di scia. (Pron.: Sc-tèka.)
GCHTEHT. Suono G gutturale, seguito dal suono sci; la seconda H serve a indicare che la seconda T è muta. (Pron.: Gh-sc-tètt.)
GLESHCHTEHK. Come in precedenza: G gutturale, doppio suono SHCH, l’ultima H indica che la K è muta. (Pron.: Gh-le-sc-tèq.)
Nonostante che fosse di pietra, la porta d’ingresso sbatté con violenza. Quel rumore sordo era il segno distintivo di Cleaver: non esisteva porta così pesante, così complicata da chiudere, così ben bilanciata sui cardini da impedirgli di chiuderla, ogni volta, con un fracasso apocalittico. E nell’intero universo non c’era pianeta che possedesse un’atmosfera abbastanza densa e greve di vapori da attutire quel rimbombo: neppure Lithia.
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