Theodore Sturgeon - Venere più X

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Venere più X: краткое содержание, описание и аннотация

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Un mondo completamente diverso dal nostro; la civiltà dei ledom, enigmatiche creature ermafrodite, che hanno osato rivoluzionare sesso e religione per ottenere quello che l’homo sapiens non ha mai avuto. Charlie Johns, un uomo come tanti altri, uno di, noi, scaraventato d’improvviso in una situazione estranea, costretto ad osservare e giudicare questa civiltà alternativa. Da questi elementi Theodore Sturgeon, uno dei massimi autori americani di science-fiction, ha tratto una storia sublime e impegnativa; ha costruito un’opera che scava ’nelle nostre coscienze, indagando senza pietà sino al fondo della storia umana. Un romanzo che non è semplicemente un romanzo: una stupefacente lezione di libertà, un canto corale sul futuro del nostro pianeta. E i bambini diventano divinità, il tempo perde le dimensioni consuete, il cielo è una cupola d’energia. Attraverso una trama magicamente semplice, ricca di simbolismi e d’inventiva, Sturgeon tiene avvinto il lettore fino all’agghiacciante conclusione. Come ha scritto Frederik Pohl: “Forse questo non e il romanzo più strano di Sturgeon, ma e senz’altro il più bello.”
Nominate per il premio Hugo per il miglior romanzo in 1961.

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Certo che avrebbe potuto.

Si leva a sedere. Forse è il momento di pensarci bene, così quella sensazione non l'infastidirà più.

Lei si è sbarazzata di venditori importuni, ed è riuscita a togliersi altre volte da situazioni simili comportandosi come Jeannette. Un sorriso, una piccola bugia, qualche parola sul bambino che si sta svegliando o mi sembra di sentir suonare il telefono; facile, senza far male a nessuno. Mio marito ne ha comprato uno proprio l'altro ieri. Oh, vorrei che fosse venuto la settimana scorsa; ne ho appena vinto uno. Chi poteva darle della bugiarda? Quelli se ne vanno e nessuno ci resta male.

Ma poi, ogni tanto, come adesso, lei arriccia le labbra e sputa un ghiacciolo. E, come adesso, resta ferma vicino alla porta non-proprio-sbattuta-ma quasi e si morde le unghie di corallo e poi va a sbirciare, senza farsi vedere, attraverso la tenda di marquisette, e sta attenta a non muoversi e a non toccarla; e capisce, dal modo in cui l'uomo si allontana lungo il viottolo, che c'è rimasto male. Anche lei c'è rimasta male, e chi ci guadagna qualcosa?

Jeannette si sente perversa.

Perché proprio lui? Non si è comportato in modo offensivo. Tutt'altro. Un tipo abbastanza simpatico con un bel sorriso, i denti forti, gli abiti in buon ordine, e non stava affatto per infilare il piede in mezzo alla porta. L'ha trattata come una signora che poteva aver bisogno di ciò che lui aveva da vendere; stava vendendo la sua merce, non se stesso.

Sai, si dice, se fosse stato un mascalzone, uno di quei tipi che ammiccano e schioccano le labbra imitando il rumore di un bacio e guardano fissa l'estremità inferiore della spallina del tuo reggiseno, l'avresti mandato via educatamente… un rifiuto rapido, inoffensivo.

Bene, allora, si dice, spaventata, questa è la soluzione. Ti piaceva; ed è per questo che sei stata gelida.

Si siede sull'orlo del letto e considera quel pensiero e poi chiude gli occhi e lascia che la sua immaginazione si scateni, stupidamente; l'immagina mentre entra, la tocca; l'immagina qui con lei.

E questo non fa squillare alcun campanello. No, veramente. Ciò che le piaceva in quell'uomo non era niente di simile.

«E come può piacerti un uomo se non lo desideri?» si chiede, a voce alta.

Non c'è risposta. Per lei è un artìcolo di fede. Se un uomo ti piace, è perché lo desideri. Chi altri ha mai sentito dire qualcosa di diverso?

La gente non va in giro a piacere all'altra gente a meno che. E se lei sente che non lo desidera, è uno di quei comesichiamano del subcosciente; è solo che lei non si permette di rendersene conto.

Lei non vuole desiderare altri uomini oltre Herb, ma lo deve. E quindi è guasta, corrotta.

Ricade sul letto e si dice che meriterebbe di venire appesa per i pollici. È completamente corrotta.

La festa si svolgeva su una montagna… per lo meno, era la collina più alta che Charlie avesse visto, lì. Quasi cento ledom erano in attesa quando Philos e Charlie e tutta la folla arrivarono. In un boschetto di alberi dalle foglie scure, sul prato impeccabile, era già preparato il cibo, posato al modo hawaiano su piatti di foglie fresche e di erbe ampie. Nessun giapponese esperto nell'arte di disporre fiori aveva mai fatto un lavoro più minuzioso di quello che quel popolo meravigliosamente dotato aveva fatto con il cibo. Ogni piatto e ogni cestello era una costruzione di colore e di forma, di contrasto e di armonia; i profumi erano sinfonici.

«Accomodati» sorrise Philos.

Charlie si guardò intorno, stordito. I ledom venivano da ogni direzione, filtrando tra gli alberi, si salutavano l'un l'altro con grida di gioia. C'erano baci e abbracci frequenti.

«Dove posso mettermi?»

«Dove vuoi. È a disposizione di tutti.»

Passarono in mezzo alla folla mulinante e sedettero sotto un albero. Davanti a loro c'erano incantevoli mucchietti di cibo, disposti in porzioni minute, e così elegantemente sistemati che Charlie non ebbe il coraggio di cominciare prima che Philos ne rompesse la simmetria.

Venne un grazioso bimbetto con un vassoio in bilico sul capo e cinque o sei bicchieri disegnati evidentemente per quello scopo; avevano la forma di coni tronchi, con basi molto ampie. Philos tese una mano e il bambino scivolò verso di loro; Philos prese due boccali e baciò il bambino, che rise e si allontanò danzando. Charlie prese il bicchiere e sorseggiò; aveva il sapore di un fresco succo di mela, con una sfumatura di pesca. Cominciò a mangiare con entusiasmo. Il cibo era buono quanto era bello a vedersi… una affermazione estrema.

Quando riuscì a calmarsi abbastanza per guardarsi ancora intorno, notò che nel boschetto c'era una piacevole tensione; forse era la nuvola di musica che aleggiava sopra quella gente, in un ampio sussurro di accordi, che si intensificava in una pulsazione che pareva diventare più regolare ogni momento. Charlie fu colpito dal fatto che molti imboccavano gli altri, invece di mangiare loro stessi. E chiese una spiegazione.

«Stanno dividendo il cibo. Se tu assaggi qualcosa che è particolarmente buono, non senti la necessità di dividerlo con qualcuno?»

Charlie ricordò la bizzarra sensazione di frustrazione quando si era accorto di non avere nessuno cui mostrare la grande statua di terracotta, e disse: «Credo… credo di sì». Guardò improvvisamente il suo compagno. «Senti… non voglio impedirti di unirti ai tuoi amici, se lo desideri.»

Una strana espressione passò sul viso di Philos. «Sei molto gentile» disse con calore. «Ma io… non lo farei in nessun caso. Non adesso.» Vi fu un lieve rossore sul suo collo e sulle sue guance? E che cos'era? Collera? Charlie non aveva voglia di indagare.

«C'è molta gente» commentò dopo un poco.

«Sono tutti qui.»

«Per quale ragione?»

«Se non ti dispiace preferirei che tu mi dicessi cosa ne pensi, quando la festa sarà finita.»

«Benissimo…» disse Charlie, perplesso.

Tacquero e ascoltarono. La gigantesca musica multiforme della gente divenne più sommessa, in una serie di accordi strettamente collegati tra loro. Poi divenne uno strano staccato , e guardandosi attorno, Charlie vide che alcuni ledom stavano battendo dolcemente sulla propria gola o su quella del loro compagno. Questo dava alle voci una strana vibrazione, che alla fine assunse un ritmo ben definito, rapido ma distinto. Sembrava un tema di otto note, con una leggera enfasi sulla prima e sulla quarta. E a questa si sovrapponeva una bassa melodia a quattro note, che formava un ciclo completo e continuo… tutti sembravano tendersi un po' in avanti, quasi a prendere lo slancio.

All'improvviso si levò lo squillo d'una potente voce di soprano, una cascata di note, che esplose verso l'alto come un fuoco d'artificio levandosi dal sottofondo di toni bassi, e poi si quietò. Poi questo fu ripetuto o più lontano o da una voce di bambino lì accanto; era impossibile capirlo. Due tenori ripeterono l'esplosione delle note, in armonia, e quando quell'esplosione si smorzò, un'altra voce robusta, un ledom dalla cappa azzurra seduto vicino a Charlie, la riprese e la lanciò di nuovo verso il cielo, questa volta spogliandola di tutte le variazioni e le leziosità e i glissandi e dandole la sua forma più pura, sei note limpide.

Vi fu un fruscio eccitato di apprezzamento, intorno, ed alcune voci sparse ripresero il tema di sei note all'unisono, poi tornarono a ripeterlo. Sulla seconda di quelle sei note, qualcuno fu ispirato a cominciare un nuovo tema; questo tema divenne una fuga, e vi si unì una voce dopo l'altra; si levò e si abbassò, si levò e si abbassò, intessuto e complesso e trillante. E nel frattempo il sussurro in chiave di basso con il ritmo irregolare provocato dalla percussione sulle gole, continuò a costituire il sottofondo, gonfiandosi e sospirando, gonfiandosi di più e poi ritraendosi.

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