«Sei la femmina più vendicativa che io conosca.»
«Hanno umiliato il mio tesoruccio, e io non gliela farò passare liscia.»
«E poi lei penserà che te lo abbia detto io.»
«Oh, continuerà a chiedersi in che modo è saltato fuori. Ci penso io, tesoruccio. Siamo una squadra; ecco cosa siamo.»
Lui fa ruotare il bicchiere e guarda il liquido che vortica.
«Smitty ha detto qualcosa del genere.» Le dice degli stivali da deserto, le dice che Smitty è convinto che presto i figli non sapranno quale dei genitori è il padre.
«E questo ti dà fastidio?» fa lei allegramente.
«Un po'.»
«Lascia perdere» gli dice. «Noi siamo una specie nuova, tesoruccio. E con questo, immagina che Karen e Davy crescano senza quella cosa di cui si legge, l'immagine paterna, l'immagine materna e tutto il resto.»
«“La storia della mia vita” di Karen Railes. Quando ero bambino, non avevo una mamma e un papà come gli altri bambini, avevo una Commissione.»
«Commissione o no, brontolone, hanno da mangiare, da bere, da vestirsi, hanno una casa e l'affetto, e questo non dovrebbe essere abbastanza?»
«Be', sì, ma anche quell'immagine paterna dovrebbe valere qualcosa.»
Lei gli accarezza il collo.
«Solo se sei convinto di essere importante. E tu sei già sicuro di essere il solo abbastanza importante per far parte di questa Commissione, giusto? Andiamo a letto.»
«Che cosa intendi dire?»
«Andiamo a letto.»
Charlie Johns trovò Philos in attesa davanti all'ufficio di Mielwis, con l'aria di chi è appena arrivato.
«Come è andata?»
«È stato enorme» disse Charlie. «Ecco, sbalorditivo, no?» Guardò attentamente Philos, poi disse: «Penso che non lo sia, per te.»
«Vuoi sapere altro? O questo ti è bastato? Devi tornare a dormire?»
«Oh, no, non fino a questa notte.» C'era anche la parola “notte”, ma come “maschio” e “femmina” sembrava avere un'applicazione molto più remota di quanto gli occorresse per potersi esprimere. Pensò che avrebbe dovuto aggiungere qualcosa: «Quando sarà buio».
«E quando è buio?»
«Sai bene. Il sole cala. Stelle, luna, tutto il resto.»
«Non viene buio.»
«Non… di cosa stai parlando? La terra gira ancora, no?»
«Oh, capisco che cosa vuoi dire. Oh, sì, immagino che là fuori venga ancora l'oscurità… ma non a Ledom.»
Philos inclinò il capo da una parte. «Questa non è una domanda cui si può rispondere con un sì o un no.»
Charlie guardò lungo il corridoio, verso una delle grandi vetrate, verso il cielo argenteo, fulgido e coperto.
«E perché?»
«Faresti meglio a chiederlo a Seace. Lui può spiegarti meglio di me.»
Controvoglia, Charlie rise; e in risposta all'occhiata interrogativa di Philos, spiegò. «Quando sono con te, è Mielwis che può rispondermi. Quando sono con Mielwis, mi dice che l'esperto sei tu. E adesso tu mi mandi da Seace.»
«In che cosa ha detto che io sono esperto?»
«Non l'ha spiegato esattamente. Ha fatto capire che tu sai tutto quello che c'è da sapere sulla storia di Ledom. Ha detto qualcosa d'altro… vediamo. Ha detto che tu sai quando devi smettere di dare informazioni. Sì, è così; ha detto che tu sai quando fermarti, perché non è nella tua natura nascondere le informazioni.»
Per la seconda volta, Charlie vide un rapido rossore passare sul viso bruno ed enigmatico di Philos. «Ma è nella mia natura.»
«Oh, senti, adesso» disse Charlie, ansiosamente «forse mi sbaglio. Forse mi è sfuggito qualcosa. Non voglio causare guai tra te e…»
«Ti prego» disse Philos, con voce calma «so che cosa intendeva dire, e tu non hai fatto alcun danno. È qualcosa, a Ledom, che non ha nulla a che fare con te.»
«Sì, invece! Mielwis ha detto che forse l'inizio di Ledom può avere qualche legame con la fine dell' homo sapiens , e questo è ciò che voglio chiarire. Senza il minimo dubbio, mi riguarda!»
Si erano avviati, ma ora Philos si fermò e posò una mano sulla spalla di Charlie. «Charlie Johns» disse «ti chiedo perdono. Abbiamo tutti e due torto e ragione insieme. Ma, sinceramente, in tutto questo non c'è nulla di cui tu sei responsabile. Ti prego di lasciar perdere, perché ho avuto torto a comportarmi così. Lasciamo perdere i miei sentimenti, i miei problemi.»
Maliziosamente, Charlie disse: «Davvero… e così io non saprò tutto su Ledom?». E poi rise e disse a Philos che andava tutto benissimo, e che avrebbe dimenticato.
Ma non avrebbe dimenticato.
A letto, Herb dice all'improvviso: «Però Margaret non ci ama».
Jeannette dice, soddisfatta: «Così bombarderemo anche lei. Dormi. Margaret chi?».
«Mead. Margaret Mead, l'antropologa che ha scritto l'articolo di cui ti ho parlato.»
«E perché non ci ama?»
«Dice che un ragazzo cresce con il desiderio di somigliare a suo padre. Così quando il padre è bravo a mantenere la famiglia ed è un buon compagno di giochi e dà una mano in casa, come lavasciugapiatti o come spostaimmondizie o addirittura come moglie, il ragazzo cresce pieno di vitamine e diventa a sua volta specializzato nel mantenere la famiglia eccetera.»
«E cosa c'è di male?»
«Dice che da Begonia Drive non possono uscire avventurieri, esploratori e artisti.»
Dopo un silenzio, Jeannette dice: «Di' a Margaret di andare a scalare l'Annapurna e di farsi l'autoritratto. Te l'ho già detto… noi siamo una nuova specie di gente. Noi stiamo inventando una gerite nuova che non è sconvolta perché papà sembra sbronzo e perché mamma se l'intende con l'uomo del ghiaccio. Cresceremo una bella schiera di gente che apprezzerà ciò che ha e non passerà la vita a mettersi alla pari con qualcuno. Sarà meglio che tu la smetta di pensare a cose serie, tesoruccio. Ti fa male».
«Sai» dice lui, sbalordito «è precisamente quello che mi ha detto Smitty.» Ride. «Tu lo dici per tirarmi su, lui me lo dice per buttarmi giù.»
«Credo che dipenda da come la si vede.»
Lui se ne rimane sdraiato per un po', pensando ai loro stivali da deserto e i miei genitori sono una Commissione e come è carino un uomo con uno strofinaccio, e alla fine la testa comincia a girargli. Allora pensa, al diavolo, e dice: «Buonanotte, tesoro».
«Buonanotte, tesoro» mormora lei.
«Buonanotte, stellina.»
«'nanotte, stellina.»
«Accidenti!» ruggisce lui. «Smettila di chiamarmi sempre con gli stessi nomi con cui ti chiamo io!»
Lei non è proprio spaventata, ma sbalordita sì, e sa che lui sta pensando a qualcosa, quindi non dice niente.
Dopo un po' Herb la tocca e dice: «Scusami, tesoro».
Lei dice: «D'accordo… George».
Lui deve ridere.
Occorsero solo pochi minuti di “metropolitana” (c'era un nome ledom per indicarla, ma era nuovo e non aveva nessuna diretta traduzione inglese) perché Philos e Charlie arrivassero al Centro Scientifico. Quando uscirono ai piedi di quella struttura capovolta, girarono attorno alla piscina, dove stavano guazzando trenta o quaranta ledom, e si fermarono un momento a guardare. Avevano parlato poco, lungo il tragitto, poiché tutti e due avevano molte cose a cui pensare, e fu attraverso i suoi pensieri che Charlie mormorò, mentre osservava i tuffi, le lotte, le corse: «Che cosa regge quei grembiulini?». E Philos, allungando una mano, tirò lievemente i capelli di Charlie e chiese: «Che cosa ti tiene i capelli attaccati alla testa?».
E Charlie, come gli era capitato molto di rado in vita sua, arrossì.
Читать дальше