— Ho dovuto fare un bel giro per tornare a casa — mormorò lei.
Damon rise, sommessamente, pazzo di gioia, si voltò a guardare le forze della Confederazione e ridivenne serio. — Sai cos’è successo qui?
— In parte. Quasi tutto, forse. Siamo rimasti là fuori ad attendere… a lungo. Ad attendere un punto che non lasciasse alternative. — Elene rabbrividì, e lo strinse più forte. — Credevamo di avere perduto Pell. Poi Mazian se n’è andato, e ci siamo mossi. La Confederazione è nei guai, Damon. Deve proseguire verso Sol, e deve farlo con tutte le sue navi intatte.
— Ci puoi scommettere — disse lui. — Ma non lasciare questo molo. Esigi di trattare e di discutere qui, proprio su questo molo; non entrare dove Azov possa piazzare le sue truppe fra te e le tue navi. Non fidarti di lui.
Elene annuì. — Capito. Noi siamo soltanto una parte, Damon. Parlo a nome dei mercantili. Voglio un porto neutrale, e Pell lo è. Non credo che Pell obietterà.
— No — disse Damon. — Pell non ha niente da obiettare. Pell deve fare un po’ di pulizia. — Trasse il primo respiro regolare dopo parecchi minuti, e seguì lo sguardo di Elene verso Azov e Josh che stavano fra i militari della Confederazione e attendevano. — Porta con te una dozzina di uomini e lascia gli altri a sorvegliare quell’accesso. Vediamo fino a che punto Azov intende essere ragionevole.
— La riconsegna… — disse Elene con fermezza, senza alzare la voce, appoggiandosi al tavolo con un braccio, — della nave Hammer alla famiglia Olvig; della Swan’s Eye ai legittimi proprietari; e di tutte le altre navi mercantili confiscate dai militari della Confederazione. Scuse ufficiali per la confisca e l’uso della Genevieve. Lei potrà obiettare che non ha il potere di farlo; ma ha il potere di prendere decisioni di carattere militare… e su questo piano, signore, la riconsegna delle navi. O l’embargo.
— Noi non riconosciamo la vostra organizzazione.
— Questo — l’interruppe Damon, — spetta al consiglio della Confederazione deciderlo. Pell riconosce l’organizzazione. E Pell è indipendente, comandante, e pronta a offrirvi un porto al momento; ma abbiamo i mezzi per negarvelo. Mi dispiacerebbe prendere una tale decisione. Abbiamo un comune nemico… ma voi resterete bloccati qui, a lungo, e in modo spiacevole. E la cosa potrebbe diffondersi.
Dall’altra parte del tavolo, sistemato sul molo e circondato da due semicerchi opposti, quello dei mercantili e quello della Confederazione, i volti si fecero preoccupati. — È nel nostro interesse — ammise Azov, — fare in modo che questa stazione non diventi una base per le operazioni di Mazian; e collaborare per proteggervi… altrimenti non avreste molte possibilità, nonostante le sue minacce, signor Konstantin.
— Necessità comune — disse calmo Damon. — Stia certo che nessuna delle navi di Mazian sarà mai gradita a Pell. Sono fuorilegge.
— Vi abbiamo reso un servizio — disse Elene. — Alcune navi mercantili si sono già dirette verso Sol, precedendo di parecchio Mazian. Una è partita in tempo per arrivare prima di lui; non di molto, ma abbastanza. La stazione di Sol sarà avvertita prima del suo arrivo.
La faccia di Azov assunse un’espressione di stupore. L’uomo accanto a lui, il delegato Ayres, s’irrigidì, e poi sorrise, con un luccichio di lacrime negli occhi. — Vi sono grato — disse Ayres. — Comandante Azov, propongo… consultazioni immediate e decisioni rapide.
— Mi sembra ragionevole — disse Azov. Si scostò dal tavolo. — La stazione è sicura. Il nostro compito è finito. Le ore sono preziose. Se Sol deve prepararsi ad accogliere i fuorilegge, noi dovremo recarci là per prenderli alle spalle.
— Pell — disse tranquillamente Damon, — sarà lieta di assistervi nella partenza. Ma le navi mercantili di cui vi siete appropriati… resteranno qui.
— Abbiamo a bordo i nostri equipaggi. Verranno con noi.
— Riprendetevi gli equipaggi. Le navi sono mercantili, e restano. E resta anche Josh Talley. È cittadino di Pell.
— No — disse Azov. — Non vi lascerò uno dei miei solo perché me lo chiedete.
— Josh — disse Damon, voltandosi verso Josh che stava tra i militari della Confederazione, finalmente poco appariscente tra gli altri tutti egualmente perfetti. — Tu cosa ne pensi?
Josh puntò gli occhi verso Azov. Ma non disse nulla.
— Prenda le sue truppe e le sue navi — disse Damon ad Azov. — Se Josh rimane, sarà perché lo avrà deciso. Lasci questa stazione. In avvenire, le verrà dato il permesso di attraccare dall’ufficio del dirigente della stazione, e su regolare richiesta. Ma se per lei il tempo è prezioso, le consiglio di accettare l’offerta.
Azov fece una smorfia, e diede un segnale all’ufficiale delle truppe, che ordinò ai suoi di mettersi in formazione. Si allontanarono verso l’orizzonte curvo, verso il molo azzurro dov’era attraccata l’ Unity.
E Josh era rimasto lì, solo. Elene si alzò, l’abbracciò goffamente, e Damon gli batté la mano sulla spalla. — Tu resta qui — disse a Elene. — Ho una nave della Confederazione che deve partire. Josh, vieni.
— Neihart — disse Elene, a quelli che le stavano vicini. — Accertatevi che arrivino alla centrale senza problemi.
Seguirono le forze della Confederazione, svoltarono nel corridoio del nove mentre i confederati si dirigevano verso la loro nave, e si misero a correre. Nei corridoi le porte erano aperte, e gli abitanti di Pell si affacciavano per osservare. Alcuni cominciarono a gridare, ad agitare le mani, ad applaudire quell’ultima occupazione, l’occupazione da parte dei mercantili. — Sono i nostri ! — gridò qualcuno. — I nostri !
Salirono la rampa d’emergenza, correndo; gli indigeni vennero loro incontro, saltellando e ciangottando parole di benvenuto. L’intera spirale echeggiava di strilli e squittii degli hisa e di grida umane che giungevano dai corridoi, via via che la voce si spargeva da un livello all’altro. Alcuni confederati scesero, incrociandoli. Avevano ricevuto istruzioni attraverso i comunicatori dei caschi.
Arrivarono all’azzurro uno. Gli indigeni avevano occupato di nuovo la centrale, e rivolsero i loro sogghigni di benvenuto al di là delle porte spalancate.
— Tu amici? — chiese Denteazzurro. — Tu amici tutti?
— Sì — gli assicurò Damon, e si fece largo tra la folla di indigeni ansiosi per piazzarsi al quadro principale. Si voltò a guardare Josh e quelli dei mercantili. — C’è qualcuno che conosce questo tipo di computer?
Josh prese posto accanto a lui. Uno dei Neihart andò al comunicatore, un altro sedette al computer. Damon attivò il comunicatore. — Norway — disse, — voi avete la prima autorizzazione a partire. Spero che partirete senza provocazioni. Non abbiamo bisogno di complicazioni.
— Grazie, Pell — disse la voce asciutta della Mallory. — Le vostre priorità mi piacciono molto.
— Si sbrighi, allora. Faccia svolgere dalle sue truppe le operazioni di partenza. Potrà tornare quando tutto sarà a posto a riprendersi i suoi. D’accordo? Qui saranno al sicuro.
— Stazione di Pell — disse un’altra voce: Azov. — Gli accordi precisavano che gli uomini di Mazian non sarebbero mai stati graditi. Quella nave è nostra.
Damon sorrise. — No, comandante Azov. Quella nave è nostra. Noi siamo un mondo e una stazione, una comunità sovrana, e a parte quelli dei mercantili che non sono residenti qui, abbiamo una milizia. La Norway è la flotta della Porta dell’Infinito. Le sarò grato se rispetterà la nostra neutralità.
— Konstantin — l’avvertì la voce della Mallory, sfumata di collera.
— Decolli e si allontani, comandante Mallory. Resterà in attesa fino a quando i confederati avranno sgombrato il nostro spazio. Lei è in mezzo al nostro traffico e quindi accetta i nostri ordini.
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