Dal comunicatore uscì un brusio. Tutti i canali erano aperti. Il mormorio divenne più chiaro… acquisì un ritmo. Signy… Signy… Sig-ny… Sig-ny… Si diffuse in sala comando. — Signy! — I membri dell’equipaggio si alzarono dai loro posti. Lei si guardò intorno, stringendo i denti, decisa a non perdere la competenza. Erano dalla sua parte. La Norway era sua.
— Sedete! — gridò. — Cosa credete che sia? Una festa?
Erano in pericolo. La manovra dell’ Australia poteva essere una diversione. Ormai si muovevano troppo velocemente per effettuare rilevamenti attendibili, e la posizione dell’ Atlantic e della Pacific era puramente ipotetica: dalle proiezioni confuse del computer poteva uscire qualunque cosa… e c’erano i ricognitori in volo.
— Prepararsi al balzo — disse Signy Mallory. — Dirigere verso il punto 58. Toglieremo il disturbo per un po’. — I suoi ricognitori erano ancora a Pell. Con un po’ di fortuna avrebbero potuto evitare la cattura. Mazian avrebbe avuto troppo da fare per occuparsene. Se avevano buon senso sarebbero rimasti alla larga, fidandosi di lei, convinti che sarebbe tornata a prenderli appena avesse potuto farlo. E lei voleva farlo. Doveva. Avevano un bisogno disperato della protezione dei ricognitori. Sicuramente i ricognitori dovevano essersi allontanati, quando s’erano accorti che la Norway stava fuggendo. Lei non li aveva mai delusi. E Mazian lo sapeva.
Signy scacciò quel pensiero e si mise in contatto con l’infermeria. — Come sta Di?
— Di sta benone — rispose lo stesso Janz. — Mi lasci salire.
— Neppure per idea. — Lei tolse la comunicazione e chiamò il posto di guardia numero uno. — I nostri prigionieri si sono rotti qualche osso?
— Sono tutti interi.
— Portateli su.
Si assestò sul cuscino, e seguì lo sviluppo degli eventi, tracciando mentalmente la rotta per uscire dal sistema di Pell e prepararsi al balzo, a metà della velocità della luce. L’accertamento danni trasmise un rapporto. Un compartimento in decompressione, una piccola parte delle viscere della Norway riversata nel vuoto, ma non nella sezione del personale… niente di grave. Non avrebbe pregiudicato il balzo. Nessun morto. Nessun ferito. Signy respirò meglio.
Era il momento di andarsene. Da quasi un’ora i segnali di ciò che stava accadendo a Pell continuavano ad arrivare, diretti verso le navi che li avrebbero ritrasmessi, fino a quando sarebbero stati captati dai confederati. Stava per diventare una zona pericolosa, quella.
Una spia si accese sul quadro. Signy girò il sedile verso i prigionieri che erano entrati dal portello di poppa, con le mani ammanettate dietro la schiena, una precauzione ragionevole nelle corsie affollate della sala comando. Nessuno era mai entrato nella sala comando della Norway , nessun estraneo… prima di quei due. Casi speciali… Josh Talley e Damon Konstantin.
— La grazia — disse Signy. — Pensavo che ci teneste a saperlo.
Forse non compresero. Le rivolsero occhiate di preoccupazione.
— Abbiamo abbandonato la flotta. Siamo diretti verso lo spazio. Lei vivrà , Konstantin.
— Non l’ha fatto per me.
Signy rise. — No. Ma ci guadagna, capisce?
— Cos’è successo a Pell?
— I vostri altoparlanti erano in funzione. Mi avete sentita. È questo che sta succedendo a Pell, e adesso la Confederazione dovrà scegliere, no? Salvare Pell o inseguire Mazian. E noi ce ne andiamo per non confondere le idee.
— Li aiuti — disse Konstantin. — Per amor di Dio, aspetti. Aspetti e li aiuti.
Lei rise per la seconda volta, e guardò con aria acida il volto ansioso di Konstantin. — Che cosa potremmo fare? La Norway non prende profughi a bordo. Non può. Far scendere fez? Sotto il naso di Mazian o della Confederazione? Ci disintegrerebbero…
— Ma si potrebbe… quando torneranno a prendere i ricognitori…
— Mallory — disse Josh, avvicinandosi a lei per quanto glielo consentivano le guardie che lo avevano in custodia. Lei fece un cenno e le guardie lo lasciarono. — Mallory… c’è un’altra possibilità. Passa dall’altra parte. C’è una nave, mi senti? L’ Hammer. Potresti risolvere tutto. Mettere fine a tutto questo… e ottenere l’amnistia.
Konstantin trasalì, fissò Josh, e poi Signy con occhi pieni di apprensione.
— Lui sa? — chiese Signy a Josh.
— No. Mallory… ascoltami. Pensa, cosa succederà, adesso? Quanto durerà?
— Graff — disse lei, lentamente. — Graff, torniamo a prendere i ricognitori. Li tenga pronti per il balzo. Appena Mazian lascerà il sistema ci avvicineremo, e magari lanceremo Konstantin, in modo che possa vedersela con la Confederazione; qualche mercantile potrebbe raccoglierlo.
Konstantin deglutì a fatica e strinse le labbra.
— Lei sa che il suo amico è un confederato — disse lei. — Badi bene, non era , ma è un agente della Confederazione. Servizi speciali. Probabilmente sa parecchie cose che potrebbero esserci utili, nella nostra situazione. I luoghi da evitare, i punti zero conosciuti dagli avversari…
— Mallory — implorò Josh.
Lei chiuse gli occhi. — Graff — disse. — Questo confederato per me ha ragione. Sono ubriaca, o ha ragione?
— Ci uccideranno — disse Graff.
— Se è per questo, ci ucciderà anche Mazian — disse Signy. — Continuerà da qui a Sol. In ogni posto dove Mazian possa trovare nuovo bottino, raccogliere altre forze. Non è più una flotta. Cercano bottino, il necessario per tirare avanti. E noi siamo nella stessa situazione. E i punti zero che noi conosciamo li conoscono anche loro. È abbastanza fastidioso, Graff.
— Sì — riconobbe Graff. — È fastidioso.
Signy guardò Josh, poi di nuovo Konstantin che aveva sul volto un’espressione disperata di speranza. Sbuffò, disgustata e guardò Graff. — Quella nave-spia della Confederazione. Facciamo rotta da quella parte. Usciranno allo scoperto appena sapranno che siamo scappati. Stabilisca un contatto. Dobbiamo prendere a prestito la flotta della Confederazione.
— Ci andremo a finire in mezzo — borbottò Graff; ed era vero. Lo spazio era immenso, ma c’era il rischio di collisioni, su quel particolare vettore: due rotte che si intersecavano nelle proiezioni dei computer.
— Corriamo il rischio — disse lei. — Lanciamo il segnale.
Guardò Josh Talley, poi Konstantin. Sorrise con profonda amarezza. — Così starò al tuo gioco — disse a Josh. — Conosci i loro codici di chiamata?
— Ci sono molti vuoti nella mia memoria — disse Josh.
— Rifletti.
— Usa il mio nome — disse Josh. — E quello di Gabriel.
Signy passò l’ordine, e poi li fissò a lungo, pensosamente. — Lasciateli andare — ordinò finalmente ai militari che li sorvegliavano. — Liberateli.
Era fatta. Si voltò, girò gli occhi sugli schermi per un momento e poi tornò a voltarsi verso l’incredibile presenza di un confederato e di un uomo della stazione liberi nella sua sala di comando. — Trovatevi un angolo sicuro — disse. — Tra un momento vireremo ad arco… e forse ci aspetta qualcosa di peggio.
PELL: SETTORE AZZURRO UNO, NUMERO 0475; ore 0100 pg.; ore 1300 ag.
Di tanto in tanto provavano la sensazione di volare. Si stringevano gli uni agli altri, e qualche hisa, nel corridoio, gemeva di paura. Ma non quelli che erano vicino a Il-Sole-è-suo-amico. Stavano intorno a lei, perché non cadesse, perché almeno lei fosse al sicuro. Anche il grande sole era sconvolto e sembrava vacillare nel suo cammino. Le stelle tremavano nell’oscurità intorno al letto bianco e alla Sognatrice.
— Non aver paura — mormorò la vecchia Lily, accarezzando la fronte della Sognatrice. — Non aver paura. Sogna noi salvi, salvi.
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