— Tranne uno, forse.
— Damon — disse lui.
Signy rifletté, e vuotò il bicchiere. Le bruciavano gli occhi. — E allora perché lo hai immischiato con quel tale Gabriel?
— Credevo di aver trovato un modo per lasciare Pell. Prendere una navetta e raggiungere la Porta dell’Infinito. Ho una proposta da farti.
— Credo di conoscerla.
— Tu puoi far salire un uomo su una navetta in partenza… facilmente. Manda via almeno lui.
— Come? Non vuoi che riprenda il comando di Pell?
— L’hai detto tu stessa. Lukas apre bocca e voi gli dettate le parole. Non volete altro. Non avete mai voluto altro. Fallo andar via di qui. Salvalo. Che cosa ti costa?
Josh sapeva cosa sarebbe successo, almeno per quel che riguardava Konstantin. Signy lo fissò, poi riabbassò lo sguardo sul bicchiere. — In cambio della tua gratitudine? Pensi che io abbia il cuore tenero, vero? Bello scambio. Un condizionamento profondo può operare su di te?
— Alla fine, credo di sì. Che cosa avevi in mente?
Signy premette un pulsante. — Portatelo via.
— Mallory… — disse Josh.
— Penserò alla tua proposta — gli disse lei. — Ci penserò.
— Posso parlare con lui?
Signy rifletté. Poi annuì. — Sta bene. Gli dirai come stavano le cose?
— No — disse Josh con un filo di voce. — Non voglio che lo sappia. Nelle piccole cose, Mallory, mi fido di te.
— E mi odii.
Lui si alzò, e scrollò la testa, guardandola. La spia luminosa sulla porta lampeggiò.
— Fuori — disse Signy. E poi, al militare che era apparso sulla soglia: — Mettetelo con il suo amico. Concedete loro tutto quello che chiedono, entro limiti ragionevoli.
Josh uscì con le guardie. Le porte si chiusero. Signy appoggiò i piedi sul letto.
Adesso era convinta che un Konstantin potesse tornare utile, in una fase successiva della guerra; se la Confederazione avesse abboccato all’amo; se la Confederazione avesse preso Pell e l’avesse rimessa in funzione. Allora sarebbe stato utile mostrare un Konstantin, nelle loro mani… se fosse stato come Lukas. Ma non lo era. Non serviva a niente. Mazian non avrebbe mai accettato. La navetta era una via d’uscita. E nessuno avrebbe saputo nulla… Se la Flotta se ne fosse andata presto. Ci sarebbe voluto parecchio tempo prima che la Confederazione stanasse il giovane Konstantin sul pianeta. Abbastanza tempo perché il resto del piano si realizzasse, e Pell cadesse, privando la Confederazione di una base, o riuscisse a sopravvivere, causando difficoltà organizzative ai confederati. L’idea di Josh poteva funzionare. Forse. Signy si versò ancora da bere e strinse convulsamente il bicchiere.
Un agente confederato. Lei era imbarazzata. Indignata. Ironicamente divertita. E sapeva anche essere umile.
Ed era questo che erano diventate le Stelle Sperdute… una Flotta rinnegata e un mondo che generava esseri come Josh.
Che potevano fare quello che faceva Josh. Quello che aveva cercato di fare Gabriel Jessad.
Quello che loro erano pronti a fare.
Incrociò le braccia, fissando il piano della scrivania. Finalmente sorseggiò il liquore e premette i tasti del computer. Assegnazione delle truppe?
Arrivarono gli elenchi e le ubicazioni. Erano tutti sulla nave, eccettuati quei dodici che sorvegliavano l’accesso della Norway. Chiamò l’ufficiale di servizio.
Ben, esca e porti dentro i dodici che stanno sul molo. Non usi il comunicatore. Mi riferisca attraverso il computer, quando l’avrà fatto.
Un nuovo codice. Assegnazione dell’equipaggio?
La risposta arrivò. L’equipaggio d’altergiorno era in servizio. Graff era ancora con Di.
Signy inserì il comunicatore e cominciò da Graff. — Venga in sala comando — disse. — Lasci un medico con Di. Di, stia buono.
Cominciò a chiamare gli altri attraverso il computer; era arrivata a Tiho, l’operatore militare, quando l’ufficiale di servizio riferì che la missione era compiuta. Tiho segnalò messaggio ricevuto. Signy bevve un ultimo sorso. Adesso aveva le idee più chiare. Almeno, il pavimento non ondeggiava.
Infilò la giacca, uscì nel corridoio ed entrò in sala comando. Si guardò intorno mentre gli equipaggi d’altergiorno e di primogiorno, sbalorditi, si voltavano verso di lei.
— Aprite la comunicazione interna — disse Signy. — A tutte le postazioni e gli alloggi, tutti gli altoparlanti attivati.
Il tecnico del comunicatore azionò l’interruttore generale.
— Ci hanno cacciati dai moli — disse Signy, agganciando un microfono al colletto. Andò alla sua postazione, accanto a Graff, al centro delle corsie lievemente incurvate. — Tutti a bordo. Equipaggio, truppe, tutti a bordo. Primogiorno alle postazioni, altergiorno di riserva. Ai posti di combattimento. Ce ne andiamo.
Vi fu un attimo di sbalordimento. Nessuno si mosse. Poi scattarono tutti, all’improvviso, spostando i sedili, azionando i comandi, mentre i tecnici correvano alle postazioni laterali che erano rimaste chiuse durante l’attracco. I quadri ronzarono, inclinandosi, pronti all’uso. In alto, le luci rosse lampeggiarono, e la sirena cominciò a suonare.
— Non salpiamo regolarmente: distacco netto. — Signy si buttò all’indietro sui cuscini, cercò a tentoni le cinture di sicurezza. Avrebbe preso personalmente il timone, ma in quel momento non si fidava dei suoi riflessi. — Signor Graff, porti la Norway via da Pell, e diriga… — Aspirò una boccata d’aria. — Non diriga da nessuna parte. La guiderò io.
— Istruzioni — chiese calmissimo Graff. — Se ci sparano addosso, dobbiamo sparare anche noi?
— Naturalmente, signor Graff. Ci porti via.
Attraverso il comunicatore interno cominciarono ad affluire le domande; gli ufficiali delle truppe volevano sapere che cos’era successo. I ricognitori erano in servizio di pattuglia. Era impossibile richiamarli per consultazioni. Anzi, era impossibile richiamarli comunque. Graff stava effettuando i controlli finali, impartiva la sequenza degli ordini, controllava le posizioni assicurandosi che il computer avesse ricevuto tutti i dati. Sugli schermi apparve la rotta che avrebbero dovuto seguire, una discesa verso Pell fino a sfiorare l’atmosfera, una virata fulminea intorno al pianeta, e via.
— Eseguite — disse Graff.
Si udì un tonfo: il portello della camera di compensazione, il decollo d’emergenza; e un sussulto che li strappò alla lenta rotazione di Pell. Salirono verso lo zenith e i motori principali si accesero, portandoli sopra la stazione. Qualcosa urtò lo scafo e scivolò via; un cavo staccato. Continuarono ad accelerare, mentre l’emisfero buio della Porta dell’Infinito incombeva davanti a loro.
— Mallory! — urlò una voce sulla linea interna della Flotta.
Era altergiorno. I comandanti erano a letto. Gli equipaggi e le truppe erano sparsi sul molo, e loro avevano spezzato i cavi di collegamento…
Signy strinse i denti mentre la Norway sfrecciava sopra l’orlo di Pell e puntava su una rotta troppo vicina al pianeta. Trattenne il respiro e ascoltò le imprecazioni che si susseguivano attraverso il comunicatore.
La Pacific e l’ Atlantic ricevettero l’ordine di intercettarli. Non avevano nessuna possibilità di allinearsi in tempo, e c’era il resto della Flotta in mezzo; e la Norway si stava avvicinando al cono di protezione della Porta dell’Infinito. L’ Australia si stava staccando dalla stazione, e non c’erano ostacoli tra loro: quello era il vero pericolo. — Operatore — ordinò Signy. — Gli schermi di poppa. Quello è Edger. Colpire.
Nessun segnale di ricevuto; Tiho fece scattare gli interruttori in rapida successione e le luci lampeggiarono; gli schermi mostrarono le immagini.
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