Vergil scosse il capo. Edward gli alzò la maglietta sulla schiena e fece scorrere le dita sulla spina dorsale. Con gli occhi levati al soffitto l’amico si lasciò premere e tocchettare.
— Non riesco a identificare… — borbottò Edward. — È morbida. C’è qualcosa di flessibile, ma più forte premo e più lo sento duro. — Girò di fronte a Vergil, accarezzandosi il mento. — Cristo, ma tu non hai i capezzoli! — esclamò. Sui muscoli pettorali c’erano due chiazze tonde e rosate, ma nessuna traccia di capezzoli.
— Visto? — disse Vergil. — Sono stato ricostruito, dall’interno all’esterno.
— Merda! — sussurrò Edward. Vergil ne sembrò sorpreso.
— Non puoi negare ciò che ti dicono gli occhi — sospirò. — Io non sono la stessa persona che ero quattro mesi fa.
— Non so di cosa stai parlando! — Edward tornò allo schermo, fece ruotare le immagini, passò attraverso serie di organi e tessuti, e costrinse l’NMR a mostrargli tutti i dati da angolazioni diverse.
— Hai mai visto niente di simile a me? Voglio dire, strutture organiche di questo genere.
— No — disse Edward con voce piatta. Si allontanò dalla tastiera. Di fronte alla porta chiusa si volse, con le mani nelle tasche del camice. — Dove… che cosa diavolo hai fatto?
Vergil glielo raccontò. La storia emerse in una spirale di fatti e deduzioni così legati all’irreale che per seguirla senza perdere il filo Edward dovette concentrarsi al massimo.
— Come hai fatto — chiese, — a ottenere un DNA capace di codificare e decodificare le informazioni?
— Per prima cosa devi trovare un tratto di DNA che codifichi per la iso-topomerasi e la p-girasi. Poi colleghi questo segmento al tuo DNA campione per abbassarne la valenza… sino a rendere negativa la valenza dell’intera molecola. Nei primi esperimenti usavo l’ethidium, ma…
— Semplifica, per favore. Sono anni che non parlo di biologia molecolare.
— Quel che devi ottenere è un frammento di DNA che funga da substrato per l’input, e l’uso di un enzima inserisce appunto un «feedback» che ha questo effetto. Quando il cappio elastico del «feedback» è a posto, la molecola si apre all’inserimento-dati con molta facilità, e più rapidamente. Il tuo programma può essere trascritto sopra due catene di RNA. Una di queste catene RNA diventerà il decodificatore, un ribosoma, per il contatto con le sostanze proteiche. Come inizio il primo RNA porterà un semplice codice-chiave, di apertura…
Edward appoggiò le spalle alla porta e continuò ad ascoltarlo per mezz’ora. Quando capì che Vergil non aveva alcuna intenzione di rallentare, e ancor meno di fermarsi, alzò una mano. — E come può tutto questo condurre all’intelligenza?
Vergil si accigliò. — Non ne sono ancora sicuro. Stavo appena cominciando a scoprire come si riproducono i circuiti logici più semplici. L’intera gamma dei geni sembra predisposta ad aprirsi spontaneamente a questo processo. Ce n’erano tratti interi che, te lo giuro, erano già codificati per specifiche funzioni raziocinanti… ma all’epoca credevo fossero semplici introni, sequenze che non codificano per le proteine. Sai, residui di forme primitive, non ancora eliminati dall’evoluzione. Sto parlando degli eucarioti, adesso. Gli eucarioti non hanno introni. Ma negli ultimi mesi ci ho pensato molto. Senza lavoro, ho avuto un bel po’ di tempo per pensare. Elucubrazioni.
Tacque e scosse il capo, intrecciando nervosamente le dita senza smettere.
— E allora?
— È molto strano, Edward. Sin dalla scuola di medicina sentiamo parlare di «geni individuali», e del fatto che la mescolanza degli individui non ha altro scopo che creare combinazioni genetiche. Dalle uova nascono galline che fanno altre uova, magari migliori. E la scienza sembrava credere che gli introni fossero soltanto geni che non hanno scopo, a parte quello di riprodurre se stessi nelle funzioni cellulari. E tutti accettavano questa opinione, dicendo che erano dei sovrappiù inutili. Per questo non ho sentito alcun senso di colpa lavorare coi miei eucarioti, coi miei introni. Diavolo, erano roba sacrificabile, il deserto genetico. Dunque potevo usarli per costruire quel che mi pareva. — Di nuovo tacque, ma Edward non intervenne. Vergil lo fissò con occhi velati. — Non vedevo colpa in me. Ero sedotto dalla ricerca.
— Io non ti sto giudicando, Vergil. — La voce di Edward suonò tesa, sull’orlo dell’irritazione. Era stanco, e in lui tornavano vecchi ricordi sull’indifferenza di Vergil per le opinioni altrui; era esausto, anzi, mentre Vergil andava a ruota libera senza dire nulla che per lui avesse un senso.
Vergil abbatté un pugno sul bordo del tavolo. — Loro mi hanno condotto a farlo. Quei maledetti geni!
— Perché mai, Vergil?
— Perché non vogliono più aver bisogno di noi. Il gene individuale per eccellenza. Io credo che in tutto questo tempo il DNA abbia cercato di evolversi fino al punto in cui io l’ho portato. Di diventare adulto, di andarsene di casa, facendo pressione su questo o su quello per ottenere infine da noi ciò che oscuramente voleva.
— Queste sono parole, Vergil.
— Tu non ci hai lavorato sopra, non hai provato quel che ho provato io. Per ottenere questi risultati ci sarebbe voluta un’intera squadra di ricerca, delle dimensioni del Progetto Manhattan. Io sono brillante, ma non brillante fino a questo punto. I risultati andavano a posto da soli. È stato troppo facile.
Edward si sfregò gli occhi. — Adesso ti preleverò sangue, feci e urine.
— A che scopo?
— Per scoprire cosa ti sta succedendo.
— Te l’ho appena detto.
— Mi hai detto delle cose pazzesche.
— Edward, tu hai visto quello schermo. Non porto più gli occhiali, l’artrosi dorsale è scomparsa, non ho un attacco d’allergia da quattro mesi e non ho avuto malattie. Avevo una vasta gamma d’allergie che mi procurava tutta una serie di infiammazioni. Non più raffreddore, non più infezioni, niente. Non mi sono mai sentito tanto bene.
— Così in te ci sono dei linfociti mutanti, e intelligenti, che scovano le magagne e le correggono.
Lui annuì. — Ora come ora, ogni gruppo di cellule è intelligente quanto te o me.
— Non avevi parlato di «gruppi».
— Sono soliti riunirsi, in sospensione. Forse due o trecento cellule. Non sono mai riuscito a immaginarne il perché. Ma adesso mi sembra ovvio: collaborano.
Edward lo guardò. — Sono piuttosto stanco.
— Da come la vedo io, ho perso peso perché loro hanno migliorato il mio metabolismo. Ho ossa più robuste. La mia colonna vertebrale è stata ricostruita…
— Il tuo cuore sembra anormale.
— Non so niente del mio cuore. — Esaminò da vicino l’immagine computerizzata. — Gesù! Voglio dire, non ho potuto seguire l’andamento di tutto questo da quando ho lasciato la Genetron; potevo solo fare deduzioni e preoccuparmi. Tu non sai che sollievo sia parlarne con qualcuno che può capire.
— Io non capisco.
— Edward, l’evidenza parla da sé. Ti stavo dicendo del grasso. Loro possono incrementare le cellule che desiderano alterando il mio metabolismo. Le mie abitudini alimentari sono cambiate, infatti. Ma non sono ancora riusciti a toccarmi il cervello. — Si batté un dito su una tempia. — Loro capiscono le glandole e il resto. È il loro ambiente. Ma non hanno la visuale del quadro completo, se afferri quel che voglio dire.
Edward controllò le pulsazioni di Vergil e i riflessi. — Penso che faremmo meglio a occuparci delle ultime analisi, e poi a dire basta per stasera.
— E non voglio che escano nella mia pelle. Questo mi ha spaventato sul serio. C’è stata una notte in cui hanno cercato di uscire sulla mia epidermide, e allora ho deciso di passare all’azione. Ho comprato alcune lampade al quarzo. Volevo tenerli sotto controllo, in ogni caso. Capisci? Cosa succederebbe se oltrepassassero la barriera fra il sangue e il cervello, e scoprissero me… le mie funzioni cerebrali? Immagino che il motivo per cui volevano impadronirsi anche della mia pelle fosse perché era più semplice stabilire i loro collegamenti lungo la superfice del corpo. Molto più facile che mantenere le comunicazioni attraverso i muscoli, gli organi e il sistema vascolare; molto più diretto. Ora alterno le lampade a raggi ultravioletti con quelle al quarzo, per sterilizzarli. Per tenerli fuori dalla mia pelle, in profondità, finché posso. E adesso sai perché vado in giro con una bella abbronzatura.
Читать дальше