Isaac Asimov - Il sole nudo

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Il Sole Nudo Ancora una volta un caso da risolvere.
Ancora una volta Uomo e Robot assieme.
Naturalmente, ancora una volta Baley e Olivaw.
E ricomincia il sottile duello tra uomo e robot, tra istinto e ragione. Un argomento che molti tratterebbero con superficiale banalità , ma che nella penna di Asimov raggiunge livelli di incredibile meraviglia.
Sarà  l’uomo a piegarsi alla razionalità  del robot, oppure R. Daneel Olivaw comprenderà  i meccanismi illogici del cervello umano?
Ancora una meravigliosa avventura che lascerà  il lettore estasiato.
La coppia più riuscita di tutta la letteratura di fantascienza.
Ancora una perla del geniale
Isaac Asimov.
Un romanzo degno del precedente (
) e un preludio eccellente al meraviglioso seguito:
.

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«Che cosa vuol dire?»

«Lei ha detto che trovava Gladia piacevole. Ora pensa che abbia assassinato suo marito. Non è certo questa la caratteristica di una persona piacevole.»

«Mi sbagliavo su di lei.»

«Ma lei ha deciso di essersi sbagliato prima che Gladia uccidesse suo marito, se l'ha fatto. Lei ha smesso di fare queste passeggiate un po' di tempo prima del delitto. Perché?»

«È importante?» chiese Leebig.

«Ogni cosa è importante, finché non viene provato altrimenti.»

«Senta, se vuole da me un'informazione come robotista, la chieda. Non voglio rispondere a domande personali.»

«Lei era conoscente intimo sia dell'uomo assassinato che del principale sospettato. Non capisce che le domande personali sono inevitabili? Perché ha smesso di fare passeggiate con Gladia?»

Leebig scattò: «Era venuto il momento in cui non avevo più cosa da dire; in cui ero troppo occupato; in cui non avevo più ragioni per continuare le passeggiate».

«Insomma non la trovava più piacevole, in altre parole.»

«Va bene. Mettiamola così.»

«Perché non la trovava più piacevole?»

Leebig gridò: «Non ne avevo motivo».

Baley ignorò l'eccitazione dell'altro. «Lei è tuttavia qualcuno che ha conosciuto bene Gladia. Quale avrebbe potuto essere il suo movente?»

«Il suo movente?»

«Nessuno ha suggerito un movente per l'omicidio. Certo Gladia non potrebbe avere ucciso senza un movente.»

«Grande galassia!» Leebig piegò il capo all'indietro come per ridere, ma non lo fece. «Non glielo ha detto nessuno? Be', forse nessuno lo sapeva. Io lo sapevo, però. Lei me lo diceva. Me lo diceva spesso.»

«Le diceva che cosa, dottor Leebig?»

«Ma che litigava con suo marito. Litigava molto e parecchio. Lo odiava, terrestre. Non glielo ha detto nessuno? Lei non glielo ha detto?»

15. Si colora un ritratto

Per Baley era un brutto colpo. Cercò di non farlo vedere.

Vivendo come vivevano, era presumibile che i solariani considerassero sacrosanta la vita privata altrui. Domande riguardanti i bambini e il matrimonio erano di cattivo gusto. Suppose allora che potesse esistere benissimo un litigio permanente tra marito e moglie e che questa fosse una questione in cui fosse egualmente proibita la curiosità.

Ma anche quando fosse stato commesso un omicidio? Nessuno avrebbe mai commesso il crimine sociale di chiedere alla persona sospettata se aveva mai litigato con suo marito? O di parlare della faccenda, se fosse accaduto loro di saperlo già?

Be', Leebig l'aveva fatto.

«Su che cosa vertevano le liti?» chiese Baley.

«Farà meglio a chiederlo a lei, penso.»

Sì, sarebbe stato meglio, pensò Baley. Si alzò rigido. «Dottor Leebig, la ringrazio per la collaborazione. È possibile che anche in seguito possa aver bisogno del suo aiuto. Spero che continuerà ad essere disponibile.»

«Visione terminata» disse Leebig, e la sezione della sua stanza svanì all'improvviso.

Per la prima volta Baley si trovò a non badare a un aereo che viaggiava nello spazio aperto. A non badarci affatto. Era come se fosse quasi nel proprio elemento.

Non pensava nemmeno alla Terra né a Jessie. Era partito dalla Terra solo da poche settimane, eppure gli sembravano anni. Non era su Solaria neanche da tre giorni e gli sembrava di esserci da sempre.

Quanto alla svelta un uomo poteva adattarsi a un incubo?

O era Gladia? Presto l'avrebbe vista, non visionata. Era questo che gli dava sicurezza e questa strana sensazione di apprensione e attesa insieme?

Avrebbe resistito lei?, si chiese. O, dopo qualche minuto, se ne sarebbe fuggita implorando, come aveva fatto il dottor Quemot?

Quando entrò, lei stava all'altra estremità di una lunga sala. Sembrava quasi che avesse voluto dare un'immagine impressionistica di se stessa, tanto si era ridotta all'essenziale.

Aveva le labbra leggermente rosse, gli occhi appena ritoccati, i lobi delle orecchie blu pastello e, a parte questo, il volto non truccato. Sembrava pallida, un po' spaventata e molto giovane.

I capelli castano chiari erano pettinati all'indietro e gli occhi grigio-azzurri avevano uno sguardo timido. L'abito era di un blu tanto scuro da sembrare nero, con un piccolo bordo bianco che si arricciava ai lati. Aveva maniche lunghe, guanti bianchi e babbucce senza tacco. L'unica zona di pelle scoperta era il volto. Anche il collo era coperto da una specie di risvolto dell'abito.

Baley si fermò dov'era. «È troppo vicino, Gladia?»

Lei respirava con un po' di affanno. Disse: «Avevo dimenticato che cosa aspettarmi. È un po' come visionare, no? Voglio dire, se uno non pensa che sta vedendo».

«Per me è del tutto normale» disse Baley.

«Sì, sulla Terra.» Lei chiuse gli occhi. «Qualche volta cerco di immaginarmelo. Solo folla, dovunque. Cammini per una strada e ci sono altri che camminano al tuo fianco e altri che camminano in direzione opposta. Decine…»

«Centinaia» corresse Baley. «Non hai mai visto scene della Terra in qualche librofilm? O visionato un romanzo ambientato sulla Terra?»

«Non ne abbiamo molti, ma ho visionato romanzi ambientati sugli altri Mondi Esterni, dove tutti si vedono in continuazione. È diverso in un romanzo. Sembra solo una multivisione.»

«Si bacia mai la gente nei romanzi?»

Lei arrossì molto a disagio. «Non leggo quella roba.»

«Mai?»

«Be'… C'è sempre in giro qualche film sporco, lo sai, e qualche volta, così, per curiosità… È disgustoso.»

«Davvero?»

Parlò con improvvisa animazione. «Ma la Terra è tanto diversa. Tanta gente. Quando cammini, Elijah, immagino che t… tocchi la gente. Per caso, voglio dire.»

Baley fece un mezzo sorriso. «Puoi arrivare a stenderle a terra, per caso.» Pensava alla folla sulla Linea celere che si dava strattoni e spintoni, balzando su e giù dai nastri mobili, e per un istante sentì l'inevitabile morso della nostalgia.

«Non c'è bisogno che tu stia laggiù» disse Gladia.

«Allora posso avvicinarmi un poco?»

«Credo di sì. Ti dirò io quando devi fermarti.»

Un passo dopo l'altro Baley cominciò ad avvicinarsi, mentre Gladia lo fissava con gli occhi spalancati.

«Non ti piacerebbe» disse lei all'improvviso «vedere un po' delle mie coloriture di campo?»

Baley era arrivato a un paio di metri. Si fermò a guardarla. Aveva un'aria piccola e fragile. Cercò d'immaginarsela con qualcosa in mano (che cosa?) che abbatteva furiosamente sulla testa del marito. Cercò d'immaginarsela pazza d'ira, omicida per odio e per rabbia.

Dovette ammettere che avrebbe potuto essere. Anche una donna di cinquanta chili avrebbe potuto rompere un cranio, se avesse avuto l'arma adatta e fosse abbastanza infuriata. Baley aveva conosciuto assassine (sulla Terra, naturalmente) che, rilassate, erano dei coniglietti.

«Che cosa sono le coloriture di campo, Gladia?»

«Una forma d'arte» disse lei.

Baley ricordò quello che aveva detto Leebig a proposito dell'arte di Gladia. Annuì. «Mi piacerebbe vederle.»

«Allora vieni.»

Baley continuò a mantenere una distanza prudenziale di due metri tra loro. Almeno era un terzo della distanza che aveva preteso Klorissa.

Entrarono in una stanza fiammeggiante di luce. Brillava in ogni angolo di ogni colore.

Gladia aveva l'aria compiaciuta, padrona. Alzò gli occhi, pieni di attesa, su Baley.

La risposta di Baley doveva essere quella che lei si aspettava, anche se non disse nulla: si girava lentamente, cercando di capire quello che vedeva, perché c'era solo luce, non un oggetto materiale.

Le masse di luce riposavano su piedistalli avvolgenti. Erano geometria vivente, linee e curve di colore che si fondevano in un insieme unico, pur mantenendo identità distinte. Non ce n'erano due nemmeno remotamente uguali.

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