«È semplice» rispose quieto il terrestre. «È il mio lavoro.»
«Allora porti il suo lavoro da un'altra parte.»
«Prima devo farle qualche domanda, dottore. Ho ragione di credere che lei fosse un conoscente intimo del dottor Delmarre. Giusto?»
Una delle mani di Leebig si serrò improvvisamente a pugno ed egli andò a grandi passi verso un camino su cui piccoli aggeggi a orologeria facevano complicati movimenti periodici che catturavano ipnoticamente l'occhio.
Il visore continuava a restare focalizzato su Leebig in modo che la sua figura, mentre lui camminava, rimaneva al centro della proiezione. Era piuttosto la stanza che sembrava muoversi all'indietro andando leggermente su e giù, mentre lui si muoveva.
Leebig disse: «Lei è lo straniero che Gruer minacciava di far venire…» .
«Sì.»
«Allora lei è qui contro il mio consiglio. Visione terminata.»
«Non ancora. Non rompa il contatto.» Baley alzò contemporaneamente un dito e la voce. Puntò il dito verso il robotista, che si rannicchiò visibilmente, le labbra tese in un'espressione di disgusto.
Baley proseguì: «Non bluffavo mica sul fatto di vederla, sa?».
«Nessuna volgarità terrestre, prego.»
«Una dichiarazione esplicita è quella che intende essere. La vedrò, se non posso farmi ascoltare in altro modo. La prenderò per il bavero e la costringerò ad ascoltare.»
«Lei è uno sporco animale.»
«Si sfoghi pure, ma faccia quello che dico.»
«Se lei cerca d'invadere la mia tenuta, io la… la…»
Baley alzò le sopracciglia. «Mi ucciderà? Fa spesso di queste minacce?»
«Non ho fatto nessuna minaccia.»
«E allora si decida a parlare. In tutto il tempo che ha sciupato avremmo potuto sbrigare un sacco di cose. Lei era un conoscente intimo del dottor Delmarre. Giusto?»
Il robotista abbassò il capo. Le spalle cominciarono a muoversi leggermente in sincronia con un respiro regolare. Quando il solariano rialzò il capo, era padrone di se stesso. Riuscì anche a mettere insieme un insipido sorriso.
«Sì.»
«So che Delmarre s'interessava a nuovi tipi di robot.»
«Infatti.»
«Di che genere?»
«Lei è un robotista?»
«No. Mi dia una spiegazione terra-terra.»
«Dubito di poterlo fare.»
«Provi! Per esempio, credo che volesse dei robot capaci di mantenere la disciplina tra i bambini. Questo che cosa implica?»
Leebig alzò le sopracciglia per qualche istante, poi disse: «Per metterla in parole povere, tralasciando i particolari complessi, significa rafforzare l'integrale C che governa la risposta nel percorso a tandem di Sikorovich al livello W-65».
«Frase senza senso» disse Baley.
«È la verità.»
«Per me è senza senso. In che altro modo la si può mettere?»
«Vuol dire un certo indebolimento della Prima Legge.»
«Perché? Un bambino è sottoposto a disciplina per il suo bene futuro. Non è questa la teo'ria?»
«Ah, il bene futuro!» Gli occhi di Leebig brillavano appassionatamente ed egli sembrò essere sempre meno consapevole del suo interlocutore, e quindi sempre più loquace. «Un concetto semplice, si potrebbe pensare. Quanti esseri umani sono disposti ad accettare qualche piccolo inconveniente in vista di un bene futuro più grande? Quanto tempo ci vuole per addestrare un bambino a capire che quello che ha un buon sapore significa un mal di stomaco più tardi e che quello che ha ora cattivo sapore farà in seguito sparire lo stesso mal di stomaco? Eppure si vuol far capire questo a un robot.
«Il dolore inflitto a un bambino da un robot innesca un potente potenziale dissociante nel cervello positronico. Controbilanciare questo mediante un antipotenziale attivato da una consapevolezza di futuro migliore richiede tanti di quei passaggi e di nuove scorciatoie da far aumentare la massa del cervello positronico del cinquanta per cento, a meno di non sacrificare altri circuiti.»
«Allora,» commentò Baley «non siete riusciti a costruire un robot del genere.»
«No. Né è probabile che si possa aver successo in un'impresa del genere. Non ancora.»
«Il dottor Delmarre stava provando un modello sperimentale di questo tipo, nel momento della sua morte?»
«Non di questo tipo. Eravamo interessati anche a cose più pratiche.»
Baley disse quietamente: «Dottor Leebig, dovrò imparare un po' più sulla robotica e dovrò chiederle di insegnarmela».
Leebig scosse il capo violentemente, con la palpebra sempre più cascante, in una disgustosa imitazione di un ammiccamento. «Dovrebbe essere ovvio che un corso di robotica prende più di un momento. Non ho tempo.»
«Eppure mi deve insegnare. L'odore dei robot è qualcosa che pervade tutta Solaria. Se è tempo che ci vuole, a maggior ragione la devo vedere. Sono un terrestre, e non so lavorare o pensare comodamente quando visiono.»
Baley non avrebbe giudicato possibile che Leebig potesse irrigidire ulteriormente il suo portamento, eppure lo fece. Disse: «Le sue fobie di terrestre non mi riguardano. Vederci è impossibile».
«Credo che cambierà idea quando le dirò su che cosa principalmente la voglio consultare.»
«Non farà differenza. Nulla può farla.»
«No? Allora ascolti. È mia opinione che in tutta la storia del robot positronico, la Prima Legge della Robotica sia stata deliberatamente formulata in modo scorretto.»
Leebig sobbalzò spasmodico. «In modo scorretto? Idiota! Pazzo! Perché?»
«Per nascondere il fatto» disse Baley del tutto composto «che i robot possono commettere omicidio.»
14. Viene rivelato un movente
La bocca di Leebig si aprì lentamente. All'inizio Baley la prese per una smorfia di disprezzo e poi, con considerevole sorpresa, decise che era il meno riuscito tentativo di sorriso che avesse mai visto.
«Non parli così» disse Leebig. «Non parli mai così.»
«Perché no?»
«Perché qualunque cosa che incoraggi la diffidenza nei robot è dannosa. Diffidare dei robot è una malattia umana!»
Era il tono di chi fa lezione a un bambino piccolo. Era il tono di chi parla con gentilezza, mentre avrebbe voglia di urlare. Era il tono di chi cerca di persuadere, mentre in realtà quello che vuole davvero è l'applicazione della pena di morte.
Leebig disse: «Conosce la storia della robotica?».
«Un po'.»
«Dovrebbe, visto che è terrestre. Sa che i robot hanno incominciato con un complesso di Frankenstein contro di loro? Erano sospetti. Gli uomini diffidavano dei robot e li temevano. Come risultato, la robotica era una scienza quasi clandestina. Nei robot si inserirono le Tre Leggi nello sforzo di vincere la diffidenza, e perfino così la Terra non permise mai che si sviluppasse una società robotica. Una delle ragioni per cui i primi pionieri lasciarono la Terra per colonizzare il resto della galassia fu che potevano formare società che avrebbero permesso ai robot di liberare l'uomo dalla povertà e dalla fatica. Anche allora è rimasto un sospetto latente poco sotto la superficie, pronto a saltar fuori alla minima scusa.»
«Lei ha dovuto combattere la sfiducia nei robot?» chiese Baley.
«Molte volte» rispose Leebig tetro.
«È per questo motivo che voi robotisti cercate di distorcere un po' i fatti, per evitare il più possibile i sospetti?»
«Non c'è nessuna distorsione!»
«Per esempio, non è vero che le Tre Leggi sono male enunciate?»
« No! »
«Posso dimostrare che lo sono e, a meno che lei non mi convinca altrimenti, lo dimostrerò a tutta la galassia, se posso.»
«Lei è pazzo. Qualunque idea possa avere, è sbagliata, glielo assicuro.»
«Vogliamo discuterne?»
«Se non porterà via troppo tempo.»
«Faccia a faccia? Vedendoci?»
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