«Però è stato prima di allora che gli hai raccontato dei tuoi litigi con il dottor Delmarre.»
Le mani le si serrarono a pugno e lei continuò a tenerle così, in uno stretto spasmo. Il corpo si era irrigidito nella sua posizione, con il capo un po' piegato da un lato. La sua voce era innaturalmente acuta. «Che litigi?»
«I litigi con tuo marito. So che l'odiavi.»
Lo fissava con il volto distorto e chiazzato. «Chi te l'ha detto? Jothan?»
«Sì, ne ha accennato il dottor Leebig. Credo che sia vero.»
Era scossa. «Stai ancora cercando di provare che l'ho ucciso io. Continuo a pensare che tu sia mio amico, e invece sei solo… solo un detective.»
Alzò i pugni, con Baley che aspettava.
«Sai che puoi toccarmi» disse lui.
Le mani le caddero e incominciò a piangere in silenzio. Voltò il capo da un'altra parte.
Anche Baley piegò il capo e serrò gli occhi, chiudendo fuori le disturbanti ombre lunghe. Disse: «Il dottor Delmarre non era un uomo molto affettuoso, vero?».
«Era sempre molto occupato» disse lei con voce soffocata.
«D'altra parte tu sei affettuosa» proseguì Baley. «Tu trovi interessante un uomo. Capisci?»
«Non p… posso farci nulla. Lo so che è disgustoso, ma non posso farci nulla. E disgustoso perfino p… parlarne.»
«Però ne hai parlato con il dottor Leebig.»
« Dovevo fare qualcosa, e Jothan era disponibile, e sembrava che non gliene importasse, e mi faceva star meglio.»
«Era questo il motivo per cui litigavi con tuo marito? Perché era freddo e poco affettuoso e tu te ne risentivi?»
«A volte lo odiavo.» Scrollò impotente le spalle. «Era proprio un buon solariano e non eravamo programmati per … per…» S'interruppe.
Baley aspettava. Aveva lo stomaco freddo e l'aria aperta gli premeva pesantemente addosso. Quando i singhiozzi di Gladia si acquietarono, le chiese, più gentilmente che poté: «L'hai ucciso tu, Gladia?».
«No… No.» Poi, improvvisamente, come se la resistenza in lei fosse dissolta: «Non ti ho detto tutto».
«Be', allora fallo ora.»
«Stavamo litigando quella volta, quella volta che è morto. Il solito litigio. Io gridavo contro di lui, ma lui non mi rispondeva nemmeno. Diceva a malapena qualcosa, e così era anche peggio. Ero furiosa, furiosissima. E poi non ricordo più nulla.»
«Giosafatte!» Baley barcollò lievemente, con gli occhi fissi sulla neutrale pietra del sedile. «Come sarebbe, non ricordi?»
«Voglio dire che lui era morto, e io gridavo, e i robot sono venuti…»
«L'hai ucciso tu?»
«Non ricordo, Elijah, lo ricorderei se potessi, no? Solo che invece non ricordo nient'altro ed ero spaventata, tanto spaventata. Aiutami, ti prego, Elijah.»
«Non ti preoccupare, Gladia. Ti aiuterò.» La mente di Baley continuava a tornare all'arma del delitto. Che cosa ne era successo? Doveva essere stata portata via. Se era così, solo l'assassino poteva averlo fatto. Poiché Gladia era stata trovata immediatamente dopo sulla scena del delitto, non poteva essere stata lei. L'assassino doveva essere qualcun altro. Non importava come tutti la pensassero su Solaria, doveva essere qualcun altro.
Rifletté nauseato: devo tornare alla casa.
«Gladia…» cominciò.
E si trovò a fissare il sole. Era vicino all'orizzonte. Aveva dovuto voltare il capo per guardarlo, con gli occhi incatenati da un fascino morboso. Non l'aveva mai visto così. Largo, rosso, in un certo senso sbiadito, così che uno poteva guardarlo senza restare accecato e vedere in linee sottili nuvole sanguinanti sopra di lui, con una che lo attraversava diventando nera.
«Com'è rosso il sole» borbottò.
Udì la voce scossa e desolata di Gladia: «È sempre rosso al tramonto. Rosso e morente».
Baley ebbe una visione. Il sole scendeva in basso verso l'orizzonte perché la superficie del pianeta si allontanava da lui, a migliaia di chilometri all'ora, roteando sotto quel sole nudo, roteando senza proteggere i microbi chiamati uomini che si agitavano sulla sua superficie roteante, pazzamente roteante per sempre, roteando… roteando…
Era la sua testa che stava girando e il sedile di pietra s'inclinava verso di lui, e sopra il cielo era pesante, blu, blu scuro, e il sole se n'era andato, e le cime degli alberi, e il terreno s'innalzava e Gladia gridava lontana e un altro suono…
16. Viene offerta una soluzione
Baley fu dapprima consapevole del rinchiuso, dell'assenza di spazio aperto, e poi di un volto piegato sopra di lui.
Lo fissò un istante senza riconoscerlo. Poi: « Daneel! ».
Il volto del robot non mostrava né sollievo né alcun'altra emozione riconoscibile. «È bene che tu abbia ripreso conoscenza, collega Elijah» disse. «Non credo che tu abbia sofferto ingiurie fisiche.»
«Sto benissimo» esclamò Baley petulante, tirandosi su sui gomiti. «Giosafatte, sono a letto! Come mai?»
«Oggi ti sei esposto all'aperto un certo numero di volte. Gli effetti su di te sono stati cumulativi, e ora hai bisogno di riposo.»
«Prima mi servono delle risposte.» Baley si guardò in giro, cercando di non ammettere che la testa gli girava ancora un poco. Non riconosceva la camera. Le tende erano tirate. Le luci confortevolmente artificiali. Si sentiva molto meglio. «Per esempio, dove sono?»
«In una stanza della casa della signora Delmarre.»
«La domanda successiva è: che ci fai tu qui? Come sei riuscito a scappare dai robot che ti avevo lasciato di guardia?»
«A questo punto di sviluppo» incominciò Daneel «mi è sembrato che ti sarebbe dispiaciuto, e anche nell'interesse della tua sicurezza e dei miei ordini ho sentito che non avevo altra scelta che…»
«Che cos'hai fatto? Giosafatte!»
«Sembra che qualche ora fa la signora Delmarre abbia cercato di visionarti.»
«Sì.» Baley ricordò che Gladia glielo aveva detto. «Lo sapevo.»
«Il tuo ordine di tenermi prigioniero era espresso con queste parole: “Non permettetegli (cioè a me) di entrare in contatto con altri esseri umani se non con me, né con altri robot, se non con voi, sia vedendo che visionando”. Però, collega Elijah, ti sei dimenticato di proibire ad altri esseri umani o ad altri robot di entrare in contatto con me. Ti è chiara la differenza?»
Baley gemette.
«È inutile affliggersi, collega Elijah» lo consolò il robot. «La falla nei tuoi ordini è stata strumentale per il tuo salvataggio, visto che mi ha portato sulla scena. Vedi, quando la signora Delmarre mi ha visionato, col permesso dei miei guardiani, ha chiesto di te, e io le ho detto, in tutta onestà, che non sapevo dove tu fossi, ma che avrei cercato di trovarti. Lei sembrava ansiosa che lo facessi. Le ho detto che ritenevo possibile che tu avessi lasciato temporaneamente la casa e che avrei controllato in quel senso, mentre lei avrebbe potuto ordinare ai robot nella stanza con me di frugare la casa cercandoti.»
«E non si è sorpresa che tu non abbia impartito personalmente questo ordine ai robot?»
«Le ho dato l'impressione, credo, che come aurorano non ero tanto abituato ai robot quanto lei e che lei avrebbe potuto impartire gli ordini con maggiore autorità, ottenendo un'esecuzione più veloce. È ben risaputo che i solariani sono molto orgogliosi della loro abilità con i robot e disprezzano la capacità di controllarli dei nativi di altri pianeti. Non é anche la tua opinione, collega Elijah?»
«E lei allora ha ordinato loro di andarsene?»
«Con una certa difficoltà. Loro hanno accampato ordini precedenti, ma naturalmente non potevano enunciarne la natura, poiché tu avevi ordinato loro di non rivelare a nessuno la mia vera identità. Così lei li ha sopraffatti, anche se alla fine gli ordini hanno dovuto essere stati strillati furiosamente.»
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