Isaac Asimov - Il sole nudo

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Il Sole Nudo Ancora una volta un caso da risolvere.
Ancora una volta Uomo e Robot assieme.
Naturalmente, ancora una volta Baley e Olivaw.
E ricomincia il sottile duello tra uomo e robot, tra istinto e ragione. Un argomento che molti tratterebbero con superficiale banalità , ma che nella penna di Asimov raggiunge livelli di incredibile meraviglia.
Sarà  l’uomo a piegarsi alla razionalità  del robot, oppure R. Daneel Olivaw comprenderà  i meccanismi illogici del cervello umano?
Ancora una meravigliosa avventura che lascerà  il lettore estasiato.
La coppia più riuscita di tutta la letteratura di fantascienza.
Ancora una perla del geniale
Isaac Asimov.
Un romanzo degno del precedente (
) e un preludio eccellente al meraviglioso seguito:
.

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Senza volerlo veramente, Baley si spostò più vicino a Gladia fino ad essere a mezzo metro, per poi accorgersi del volto sorpreso di lei.

«Domando scusa» disse immediatamente, ritirandosi.

Lei annaspò. «Tutto bene. Passiamo di qua? Abbiamo delle aiuole di fiori che dovrebbero piacerti.»

La direzione che indicava portava lontano dal sole. La seguì in silenzio.

«In seguito sarà meraviglioso» spiegò Gladia. «Col tempo caldo posso correre giù al lago a nuotare, o solo correre per i campi più veloce che posso finché sono felice di cadere e restare immobile.»

Si guardò addosso. «Ma questo non è il costume adatto. Con su tutto questo, devo camminare per forza. Tranquillamente.»

«Come preferiresti vestirti?» chiese Baley.

«Prendisole e shorts, al massimo » gridò lei, sollevando le braccia come se percepisse fisicamente la libertà nella sua immaginazione. «Qualche volta di meno. Qualche volta solo sandali, in modo da sentire l'aria su ogni centimetro di… Oh, scusa, ti ho offeso.»

«No, va tutto bene. Era quello il tuo costume, quando facevi le passeggiate con il dottor Leebig?»

«Variava. Dipendeva dal tempo. Qualche volta indossavo ben poco, ma era solo visione, sai. Capisci , spero.»

«Capisco. Ma il dottor Leebig? Anche lui si vestiva poco?»

«Jothan che si veste poco?» Gladia ebbe un lampo di sorriso. «Oh, no. È molto solenne, sempre.» Torse il volto in un'espressione grave, con una palpebra mezzo abbassata, cogliendo l'essenza di Leebig e strappando a Baley un grugnito di apprezzamento.

«E parla così» aggiunse. «Mia cara Gladia, considerando gli effetti di un potenziale di prim'ordine su una corrente positronica…»

«È questo di cui ti parlava? Robotica?»

«Quasi sempre. Oh, la prende molto seriamente, sai. Cercava sempre d'insegnarmela. Non si è mai arreso.»

«Hai imparato nulla?»

«Nulla di nulla. Nulla. Per me è solo un gran pasticcio. Qualche volta si arrabbiava con me ma, quando mi sgridava, mi tuffavo nell'acqua, se eravamo vicini al lago, e lo schizzavo tutto.»

«Lo schizzavi ? Credevo che vi visionaste.»

Lei rise. «Sei proprio un terrestre. Io facevo gli spruzzi verso di lui, ma lui stava nella sua stanza o nella sua tenuta. Solo che lui cercava di schivarli lo stesso… Guarda.»

Baley guardò. Avevano aggirato una zona alberata per giungere a una radura con al centro un laghetto ornamentale. Sentieri pavimentati entravano nella radura e vi si disperdevano. I fiori crescevano a profusione e in ordine. Baley li riconobbe come fiori per i librifilm che aveva visionato.

In un certo senso i fiori erano come gli schemi luminosi che Gladia costruiva e Baley immaginò che li costruisse secondo lo spirito dei fiori. Ne toccò uno con cautela, poi si guardò in giro. Predominavano i rossi e i gialli.

Nel voltarsi per guardare in giro intravide il sole.

«Il sole è basso nel cielo» disse a disagio.

«È tardo pomeriggio» gli gridò Gladia da dietro. Era corsa verso il laghetto e si era seduta su un sedile di pietra in riva ad esso. «Vieni qui» gridò ancora agitando la mano. «Puoi stare in piedi, se non ti piace sederti sulla pietra.»

Baley avanzò lentamente. «Arriva così in basso tutti i giorni?» chiese, e fu immediatamente dispiaciuto di averlo chiesto. Se il pianeta ruotava, il sole doveva essere basso sull'orizzonte, sia di prima mattina che di tardo pomeriggio. Solo a metà giornata poteva essere alto.

Dire questo a se stesso non poteva cambiare tutta una vita di pensieri basati sul sentito dire. Sapeva che c'erano cose come la notte, e l'aveva anche sperimentata, con tutto lo spessore di un pianeta che s'interponeva rassicurante tra un uomo e il sole. Sapeva anche che c'erano nuvole e un grigiore protettivo che nascondeva il peggio dell'esterno. Eppure, quando pensava a superfici planetarie, aveva sempre in mente l'immagine di uno splendore di luce con un sole alto nel cielo.

Voltò il capo a guardare sopra la spalla, molto rapidamente per avere solo una rapida immagine del sole e si chiese quanto fosse lontana la casa, nel caso che avesse deciso di tornare.

Gladia indicava l'altra estremità del sedile di pietra.

«È piuttosto vicino a te, no?» chiese Baley.

Lei tese le piccole mani a palme in su. «Mi ci sto abituando. Davvero.»

Sedette, guardando lei per evitare il sole.

Lei si chinò verso l'acqua e colse un piccolo fiore a forma di coppa, giallo fuori e screziato di bianco dentro, tutt'altro che appariscente. «Questa è una pianta locale» disse. «La maggior parte dei fiori di qui è originaria della Terra.»

Dal gambo spezzato sgocciolava l'acqua, mentre lei lo tendeva cautamente a Baley.

Baley si allungò a prenderlo, altrettanto cautamente. «L'hai ucciso» disse.

«È solo un fiore. Ce ne sono altre migliaia.» Improvvisamente, prima che le dita di lui giungessero a toccare la coppa gialla, la ritrasse con gli occhi fiammeggianti. «O vuoi implicare che potrei uccìdere un essere umano, solo perché ho colto un fiore?»

«Non volevo implicare nulla» disse Baley conciliante. «Posso vederlo?»

In realtà Baley non desiderava affatto toccarlo. Era cresciuto nella terra umida e aveva ancora gli effluvi del fango. Come poteva questa gente, tanto schizzinosa nei contatti con i terrestri e perfino tra di loro, essere così noncurante nei contatti con lo sporco comune?

Ma tenne lo stelo saldo tra pollice e indice e lo guardò. La corolla era formata di tanti piccoli pezzi simili a carta che s'incurvavano, partendo da un centro comune. In mezzo c'era un gonfiore bianco convesso, umido e orlato di peli neri che tremavano leggermente alla brezza.

«Annusalo» disse lei.

Improvvisamente Baley fu consapevole dell'odore che emanava. Vi si chinò sopra e disse: «Odora come il profumo di una donna».

Deliziata Gladia batté le mani. «Quant'è terrestre! Quello che in realtà avresti dovuto dire era che il profumo di una donna odora come questo. »

Baley annuì triste. Era sempre più stanco dell'esterno. Le ombre diventavano sempre più lunghe e il terreno sempre più scuro. Eppure era deciso a non arrendersi. Voleva che fossero tolte quelle mura grigie che offuscavano il suo ritratto. Era donchisciottesco, ma era così.

Gladia prese il fiore di Baley, che lo lasciò andare senza riluttanza. Gli strappò lentamente i petali. «Suppongo» disse «che ogni donna abbia un profumo diverso.»

«Dipende dal profumo» disse Baley indifferente.

«Immaginarsi l'essere tanto vicino da poterlo dire. Io non porto profumi, perché nessuno è abbastanza vicino. Tranne ora. Ma immagino che tu percepisca profumi spesso, in continuazione. Sulla Terra tua moglie sta sempre con te, non è vero?» Era completamente concentrata sul fiore, fremendo mentre lo faceva accuratamente a pezzi.

«Non è sempre con me» chiarì lui. «Non ogni minuto.»

«Ma la maggior parte del tempo. E ogni volta che tu voglia…»

Baley disse improvvisamente: «Puoi immaginarti perché il dottor Leebig cercava tanto di insegnarti la robotica?».

Ormai il fiore smembrato si era ridotto allo stelo e al gonfiore centrale. Gladia lo fece roteare tra le dita per poi gettarlo a galleggiare per qualche istante nel laghetto. «Credo che mi volesse come sua assistente» rispose.

«Te lo ha detto lui?»

«Verso la fine, Elijah. Credo che cominciasse a diventare impaziente. Comunque mi chiese se non pensassi che sarebbe stato eccitante lavorare nella robotica. Naturalmente gli risposi che non riuscivo a immaginare nulla di più noioso. Si arrabbiò molto.»

«E dopo quella volta non avete più fatto passeggiate insieme.»

«Sai,» disse lei «credo che sia andata proprio così. Immagino di aver ferito i suoi sentimenti. Tuttavia, che cosa avrei potuto fare?»

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