Hal Clement - Nati dall'abisso
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- Название:Nati dall'abisso
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Joey prese la tavoletta, dopo che Marie ebbe finito di leggere, cancellò il messaggio e scrisse: «Grazie, amico.» Lo tenne in modo che potessi vederlo io, non Marie. Poi cancellò di nuovo, immediatamente. Se anche Marie se ne accorse, non fece commenti. Forse non se ne era accorta, perché le mie parole l’avevano evidentemente scossa.
«Capisco,» disse, dopo due minuti buoni di silenzio. «Questo pone in una luce diversa l’intera faccenda. Bert è meno trasparente di certi altri, debbo ammetterlo.» Fece una pausa, per qualche altro secondo. Poi: «Joey, ammetto che è una tua faccenda privata: ma sei disposto a dirmi esattamente e sinceramente perché hai deciso di restar qui?»
Joey rispose con un cenno negativo del capo.
«O quanto tempo hai intenzione di rimanere?»
Altro cenno negativo.
«0 se ti consideri ancora un funzionario del Consiglio?»
Un altro rifiuto. Ero sicuro che a Joey non importava che Marie conoscesse le risposte a quelle domande, soprattutto alla prima; ma soprattutto per quanto riguardava la prima, non voleva esser lui a dargliela. Per quanto glielo permetteva la sua personalità, era come se le dicesse di togliersi di torno. Marie, come ho già detto molte volte, è più sveglia di me, nonostante quella sua unica cecità.
Dopo la terza scrollata di capo lo squadrò con aria indagatrice per parecchi secondi. Poi si rivolse improvvisamente a me.
«E tu resti?»
Naturalmente, non lo sapevo. Potevo solo ritorcere su di lei la stessa domanda: avrebbe potuto essere più brutale con me di quanto Joey era stato con lei, ma ero preparato… o almeno lo speravo.
«E tu?» scrissi.
Un’onda d’urto, non molto dolorosa, ci investì tutti: non so se Marie aveva preso a pugni qualcosa o aveva pestato i piedi.
«Vuoi decidere da solo, almeno per questa volta?» scattò.
Era ingiusto, naturalmente. Sono perfettamente in grado di prendere decisioni, e Marie lo sa. Lo ha persino ammesso. Solo, non mi piace prenderle in mancanza di informazioni pertinenti. Lei sapeva benissimo quale informazione voleva, e perché… aveva cercato di ottenerne di analoghe da Joey, e per la stessa ragione.
Mi sforzai, onestamente, di decidere senza far riferimento a Marie, ma non ci riuscii.
CAPITOLO 25
Alla superficie vi sono il sole e il suono. Fino a tempi molto recenti, non li avevo veramente apprezzati. Il sole sugli alberi e sui laghi, il cielo azzurro, i tramonti rosso e arancio. Le voci delle ragazze, e le gocce di pioggia, e le risate e i giochi di parole.
Laggiù c’è il battito dei cuori, i macchinari che ronzano, i tonfi casuali dell’attività, ma altrimenti c’è silenzio… niente musica, niente voci, neppure uno schiocco della lingua o delle dita.
In superficie ci sono le restrizioni. Ogni azione è condizionata dalla consapevolezza che può comportare uno spreco d’energia, e l’energia è vita. Se qualcuno, accidentalmente, cortocircuita una batteria o lascia che scoppi un incendio, si sente colpevole come una fanciulla vittoriana che ha concesso troppa libertà all’innamorato. Il fatto che vostra moglie stia morendo in ospedale a otto chilometri di distanza è una giustificazione appena tollerabile per usare un veicolo ad energia. Un volo aereo o spaziale viene preso in considerazione solo in diretto rapporto all’acquisizione di energia o ai progetti di ricerca.
Laggiù, anche se in realtà vi è una disponibilità d’energia per persona un poco superiore, ciò che conta è la diversità dell’atteggiamento. Nessuno si preoccupa o s’indigna se il suo vicino ha consumato più della parte d’energia che gli spetta. Avevo continuato a fremere, in biblioteca, quando uno dei frequentatori se ne era andato lasciando accesa la lampada del carrello o il proiettore di lettura, mentre nessun altro aveva notato la dimenticanza.
E perché non poteva esserci musica, qui? Non ne avevo udita, e cantare era ovviamente impossibile. Ma gli strumenti a corde potevano funzionare. Forse sarebbe stato necessario modificarli, ma dovevano funzionare. Certamente sarebbe stato possibile costruirne di elettrici. Se non esistevano, li avrei progettati io.
Anche se non c’erano voci di ragazze, le ragazze c’erano. Ce n’era una molto bella, poco lontano da me, ci guardava come se avesse capito quel che succedeva.
Ma era così diverso. Anche senza le restrizioni energetiche, mi sarei sentito a mio agio, dopo tutta una vita trascorsa sotto regole severissime? Il pensiero dell’oceano nero, schiacciante tra me e il mondo in cui ero cresciuto sarebbe stato troppo ossessivo? E viceversa, se non fossi rimasto, il pensiero di ciò che avrei potuto fare laggiù non si sarebbe messo troppo spesso tra me e l’esistenza normale?
Non sapevo decidere. Anche se avessi tentato di escludere tutti i fattori personali, non solo quelli legati a Marie, ma proprio tutti… non avrei saputo decidere egualmente.
C’era il mio lavoro per il Consiglio. Era utile, persino importante, e mi piaceva. Però potevo svolgere un lavoro utile anche laggiù, e quasi sicuramente mi sarebbe piaciuto. Per essere ancora egoista, la ricompensa contava poco in entrambi i casi. La ricchezza ha perso ogni significato, dopo l’inizio del razionamento dell’energia, e laggiù non avevo visto sintomi di plutocrazia. Naturalmente, potevano anche essermi sfuggiti: ne sapevo così poco di quel posto.
Naturalmente, potevo imparare. Nessuna delle due decisioni era irrevocabile. L’unica cosa che non poteva essere cambiata era già stata fatta: il mio riflesso della tosse era sparito e avrei dovuto stare attento quando mangiavo, per tutto il resto della mia vita, dovunque vivessi.
Forse potevo restare, vedere un po’ meglio com’era la vita e ritornare lassù in seguito. Dopotutto, non c’era motivo perché quei due posti non potessero rimanere in contatto. Alzai gli occhi e mi accinsi a scrivere una riposta per Marie: ma i miei pensieri si rimisero in moto.
Ci sarebbero state comunicazioni? Joey aveva esposto ottime ragioni per cui il Consiglio non avrebbe desiderato che si risapesse dell’esistenza di quell’installazione, sebbene non avesse detto esattamente così.
Lì il razionamento energetico, sebbene potesse essere reale dal punto di vista matematico, non costituiva un fattore conscio dell’esistenza. La popolazione, come aveva detto Marie, era come un gruppo di aristocratici francesi in un mondo di popolani. Lassù, la morale comune imponeva una rigida mentalità nei confronti dell’uso dell’energia, che costoro non avevano e che probabilmente non potevano neppure comprendere.
Se fossero arrivati troppi visitatori dalla superficie e se si fosse sparsa la voce, ci sarebbero stati guai. Anche se le notizie diffuse fossero state fedeli alla realtà, il che era molto improbabile, moltissimi abitanti del mondo esterno avrebbero voluto emigrare laggiù, o costruire altre centrali ad energia vulcanica, in modo che tutti potessero avere a disposizione più energia. Il vecchio sentimento «perché non posso avere quello che hanno gli altri?» avrebbe indotto la gente a invocare l’equivalente moderno della pietra filosofale, tanto per trarre un esempio dai tempi in cui la ricchezza era rappresentata dal metallo, anziché dall’energia.
Il cittadino medio avrebbe capito perché il Consiglio non doveva costruire altre centrali elettriche per approfittare del calore inesauribile all’interno della Terra. Mi secca fare la figura del cinico, ma so che è una di quelle cose che il Consiglio non farà mai. Non farà mai niente che possa rendere superfluo il razionamento dell’energia.
A parte il cinismo, hanno perfettamente ragione. Quando, decenni or sono, ci si convinse che l’unica vera speranza per l’umanità era la fusione dell’idrogeno, quasi sicuramente si era nel vero. Sappiamo che la soluzione del problema non è solo questione di dettagli tecnologici, come si pensava in origine. Troppi dei fattori in gioco sono istabili, a meno che siano contenuti in una massa pari almeno a quella di una piccola stella. È solo questione di credere che lo risolveremo, questo problema. E se vorremmo risolverlo, occorrerà ogni sforzo… il meglio che l’uomo possa offrire.
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