Hal Clement - Nati dall'abisso

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Nati dall'abisso: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel futuro, la Commissione per l'Energia controllerà rigidamente il mondo. Nelle profondità dell'oceano, però, qualcuno ha preso una strada diversa… e qualcosa di nuovo sta per accadere sulla Terra!

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Elfven annuì affermativamente, prese la tavoletta e scrisse: «Sta bene. Tornerò al lavoro fra qualche ora. Quando avrò finito di mangiare dovrò dormire. Sei capace di trovare la strada per arrivare alla sala comando?»

«Non ne sono sicuro, ma ho una buona guida,» risposi. Lui diede un’occhiata alla ragazza ed annuì di nuovo.

«Vorrei riuscire d arrangiarmi con uno di questi metodi di comunicazione,» scrisse. «Ce la passeremo male, senza Bert. Perché va lui, invece di mandare te?»

«Sembra convinto di poter fare un rapporto più completo di quanto lo farei io,» risposi. «Credo che abbia ragione. Finché lavoreremo insieme, non ci sentiremo troppo in difficoltà per via del linguaggio.»

Joey scrollò le spalle, per far capire che non era del tutto d’accordo, ma che non gli pareva il caso di discuterne per iscritto. Riprese a mangiare.

Mandai giù qualche boccone anch’io, ma ci tenevo soprattutto a ritornare da Marie; perciò toccai la spalla della ragazza — stava mangiando anche lei — e indicai l’ingresso della galleria da cui eravamo arrivati. Ero riuscito a ricordarne la direzione. La ragazza annuì e si avviò. Almeno alcuni segni erano comprensibili per entrambi, pensai.

Impiegammo dieci o quindici minuti per ritornare dove avevamo lasciato Marie. Lei non c’era, ovviamente: ebbi l’impressione che la mia guida avesse dimenticato che il sommergibile era partito prima di noi: ma forse non le rendo giustizia. Comunque, si avviò prontamente nella direzione in cui era andato in sommergibile, e dopo un altro quarto d’ora arrivammo in un posto che ricordavo… il corridoio con la valvola da cui era passata la mia capsula quando ero stato sottoposto al trattamente pressurizzante.

Adesso che conoscevo meglio la situazione generale, prestai maggiore attenzione al portello più piccolo. Osservandolo attentamente, vidi che aveva un’incollatura estensibile pesantemente corazzata, che in quel momento era rientrata, e che poteva venire fissata facilmente al portello d’entrata di ogni normale sommergibile da lavoro.

Fui un po’ sorpreso nel vedere che il mezzo di Marie non era ancora arrivato. Penso che ne fosse stupita anche la ragazza. Almeno, si guardò intorno come se non sapesse che fare o dove andare, poi mi guardò come se si aspettasse qualche altra richiesta.

Non potei far altro che annuire: ero sicurissimo che quello fosse il posto giusto. Ricordai che le dimensioni della galleria potevano aver costretto gli altri a seguire un percorso più lungo, magari anche a passare dall’esterno, ma non sapevo come spiegarlo ai miei compagni. Per la verità, non capivo perché non ci fossero arrivati da soli: loro conoscevano certamente quel posto meglio di me.

Bert comparve per primo, accompagnato da un uomo di mezza età e dall’aria sveglia. Non me lo presentò, ma si servì della tavoletta per comunicarmi che quello era il dottore: avrebbe manovrato la macchina cuore-polmoni e avrebbe provveduto alle cavità, come l’orecchio medio ed i seni paranasali, durante il cambiamento di pressione.

Erano con noi da una decina di minuti, quando il sommergibile comparve, dalla parte dell’entrata. Quasi nello stesso istante, un altro sommozzatore arrivò a nuoto dalla direzione opposta. Gli diedi un’occhiata distratta, pensando che fosse uno dei tecnici addetti alla procedura; poi i miei occhi si chiusero, mentre cercavo di sbarazzare le mie retine di quella che speravo fosse una falsa immagine.

Ma quando li riaprii, era sempre Joey Eflven. Dovevo ammettere che il regista, chiunque fosse, aveva fatto un buon lavoro.

CAPITOLO 23

Dovetti ammettere, anche, che avremmo dovuto prevederlo. Non avremmo mai dovuto informare Joey dei progetti di partenza, prima che Bert e Marie fossero ormai lontani.

La cosa più probabile del mondo era che gli venisse in mente qualche domanda da rivolgere a Bert all’ultimo momento; e lui sapeva dove trovarlo. Evidentemente Bert non era un intrigante più abile di me: ma in quel momento mi era di poco conforto.

Marie lo vide prima che a me e a Bert venisse in mente di fare qualcosa. Il sommergibile si lasciò indietro all’improvviso la guida che lo precedeva a nuoto. Dopo pochi secondi, i suoi getti d’acqua ci fecero roteare, mentre si fermava davanti al nostro gruppo. Sì, Marie aveva visto Joey. La sua educazione nei confronti dei selvaggi era svanita.

Già da qualche istante udivo il battito del mio cuore e di quelli che mi stavano vicini: ma fino a quel momento non mi ero reso conto che fosse così forte.

La voce di Marie, però, fu più forte ancora. Le prime parole non furono esattamente quelle che mi sarei aspettate, ma ho già ammesso che lei è capace di pensare molto più rapidamente di me. Non sempre nella stessa direzione, e neppure nella direzione giusta: ma più in fretta.

«Joey!» Avrebbe dovuto essere un grido di sorpresa e di felicità, ma anche in quella particolare situazione acustica ebbi la certezza che non lo era. È difficile credere che una ragazza completamente cotta di qualcuno possa usare con lui il tono di una zia severa, ma era proprio così. «Joey, da quanto sapevi che ero qui?»

Joey si guardò intorno, cercando la tavoletta per scrivere: fui felice di consegnargliela. Non avevo nessuna fretta di riaverla.

«Non lo sapevo fino a questo momento,» scrisse Joey.

«Da quanto tempo sapevi che Bert era qui?»

«Da qualche settimana. Non ricordo esattamente. Un paio di giorni dopo il mio arrivo.»

Credevo di aver indovinato cosa sarebbe venuto, adesso, ma per mia fortuna mi sbagliavo.

Marie non era un tecnico. Sa pilotare un sommergibile in condizioni normali, ma non ha una grande familiarità con tutte le attrezzature innestate su un apparecchio da lavoro. Per questa ragione, ancora oggi non so come facesse a coordinare con tanta perfezione la mossa successiva. Una delle pinze più piccole scattò fuori dal ricettacolo e si chiuse intorno al collo di Bert: e solo quando lui fu bloccato a dovere, Marie fece seguire all’azione le parole.

«Sporco bugiardo! Lurido pezzo di trepang! Dovrei staccarti la testa! Se fosse possibile ti strozzerei! Tu sapevi perché ero venuta e chi stavo cercando. Sapevi che lui era qui. Non gli hai detto che ero arrivata, e mi hai mentito dicendo che non l’avevi visto. E hai manovrato quel povero Tummy, perché seguisse i tuoi piani contorti!»

Mi offesi un po’, nel sentir sottintendere che non avevo né abbastanza intelligenza né spirito d’iniziativa per essere ritenuto responsabile delle mie azioni, ma riuscii a resistere alla tentazione di farmi avanti per insistere che il piano, in parte, era mio. Non protestai neppure perché Marie aveva usato uno dei miei nomignoli più odiosi. La lasciai parlare, semplicemente.

Non continuerò a citare quello che disse: come ho già spiegato, le ho promesso di non farlo. Bert mi faceva un po’ pena, perché quella stretta intorno al collo doveva essere dolorosa, ma come aveva detto Marie, date le circostanze non poteva strozzarlo. Ero sicuro che non l’avrebbe fatto, anche se avesse potuto. Non Marie.

Gli altri, però, sembravano piuttosto preoccupati. La ragazza e i suoi accompagnatori si scagliarono contro il braccio metallico e lo presero inutilmente a strattoni. Con la stessa mancanza di risultati, il dottore cercò di staccare le ganasce delle pinze dal collo di Bert. Joey aveva capito che non era il caso di effettuare tentativi del genere, ma era chiaramente turbato; agitò le braccia e scosse il capo, nel tentativo di indurre Marie a smetterla. Era una scena che avrebbe dovuto essere accompagnata da musica vivace, urla, tonfi di pugni, scrosci di vetri infranti: invece si svolgeva in un silenzio spettrale.

Niente urla, che erano impossibili; niente pugni, che in quel mezzo non si potevano muovere abbastanza rapidamente da produrre tonfi sonori; e niente apparecchi abbastanza fragili da venir danneggiati dai corpi che si dibattevano elegantemente.

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