Hal Clement - Nati dall'abisso
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- Название:Nati dall'abisso
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- Год:1976
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Capii abbastanza chiaramente quel che voleva dirmi. Mi chiedeva quante ore d’aria mi restavano ancora. Controllai il quadro dei comandi, feci qualche calcolo mentale e gridai che nelle bombole avevo ancora aria per circa cinquanta ore.
Poi Bert si mise un dito in bocca e inarcò le sopracciglia. Per non straziarmi la gola, risposi mostrando la scatola semivuota di tavolette di destrosio. Lui annuì e assunse un’espressione pensierosa. Poi parlò a cenni per due o tre minuti con quelli che gli erano più vicini; io riuscii a capire soltanto i movimenti che facevano con la testa di tanto in tanto. Quando sembrò che tutti fossero d’accordo, mi rivolse un cenno e tornò a sparire nella galleria da cui era arrivato.
Per un’altra mezz’ora non successe più nulla, ma la folla divenne più numerosa. Tra i nuovi arrivati c’erano anche donne, sebbene non fossi in grado di capire se c’era anche quella che avevo visto fuori. Alcune non potevano essere lei, di sicuro: a quanto pare, il nuoto non è un sistema sicuro per mantenere la linea, come affermano certuni.
Poi Bert ritornò. Portava qualcosa che sembrava una normale tabella metallica, ma quando l’accostò all’oblò, vidi che i fogli non erano di carta. Tracciò uno sgorbio con uno stilo sul primo di essi. Poi sollevò il foglio, e il segno scomparve. Avevo visto giocattoli di quel genere, anni prima: evidentemente, Bert aveva impiegato un po’ di tempo per improvvisarlo. Mi sembrava una buona soluzione per il problema di scrivere sott’acqua, e mi chiesi come mai nessun altro ci avesse mai pensato.
Bert doveva scrivere grosse lettere a stampatello, perché potessi leggere bene, e perciò anche con l’aiuto di quel sistema, la comunicazione procedette lentamente. Cominciai a chiedere cos’era tutta quella storia: e anche questo non accelerò certo le procedure. Bert m’interruppe.
«Adesso non c’è tempo per raccontarti tutto,» scrisse. «Devi prendere una decisione, prima di esaurire l’aria… almeno venti ore prima, anzi. Devi decidere se vuoi ritornare alla superficie.»
Ero sorpreso, e non ne feci mistero.
«Vuoi dire che mi lascerebbero tornare lassù? Perché si sono dati tanto da fare per riportarmi qui? Ero già arrivato alla superficie.»
«Perché la tua decisione riguarda moltissima gente, e tu devi sapere chi e come. Non sapevano che fossi un funzionario del Consiglio, prima che glielo dicessi io, ma è evidente che al tuo ritorno il tuo rapporto arriverebbe comunque al Consiglio. È molto importante quello che il Consiglio verrà a sapere di questa organizzazione.»
«Immagino che mi lasceranno andare se prometterò di non dire niente. E tu sai che non posso farlo.»
«Lo so, naturalmente. Non potrei farlo neanch’io. Non è questo che vogliono. Sanno che non potresti ritornare senza riferire qualcosa: non ci sarebbe una spiegazione razionale di dove sei stato, del perché. Tu puoi raccontare tutto quello che ti è successo e tutto quello che hai visto, ma vogliono che tu includa altre cose. Noi dobbiamo accertarci che tu le sappia.»
Sussultai, nel sentire quel pronome.
«Sei passato da ‘loro’ a ‘noi’. Vuol dire che tu hai scelto di restare qui?»
«Sì.» La risposta fu un cenno del capo, non una parola scritta. «Per un po’, almeno,» aggiunse con lo stilo.
«Allora sei riuscito a digerire la morale di un branco di individui che sprecano migliaia di chilowatt solo per illuminare il fondo marino? Hai dimenticato la tua educazione e…»
Mi interruppe scuotendo con violenza il capo e cominciò a scrivere.
«Non è così. So che sembra terribile, ma qui non si spreca energia, più di quanto il Consiglio spreca la luce del sole che scende sul Sahara. Forse ci sarà il tempo di spiegarti qualcosa di più prima che tu decida, ma conosci abbastanza la fisica per capire l’analogia: altrimenti non lavoreresti neppure per il Consiglio.»
Impiegai un po’ di tempo per digerire quella spiegazione. L’analogia del Sahara era comprensibile. Il Consiglio era sempre stato ossessionato dall’idea di lasciare inusata tutta quell’energia solare. La difficoltà principale, naturalmente, consiste nel decidere quando vale la pena di investire energia in un progetto, nella speranza di ricavarne di più. Da decenni, era comune articolo di fede che la sola speranza dell’uomo stava nella fusione dell’idrogeno, e quasi tutti gli esperimenti autorizzati riguardavano appunto questo tipo di ricerca. Di tanto in tanto, però, arrivava qualche eloquente perorazione a favore di un progetto di sfruttamento dell’energia solare. Qualche volta ne veniva approvato uno particolarmente promettente, ed un paio, anzi, si erano rivelati utili, da quando avevo cominciato a lavorare per il Consiglio.
Tuttavia non capivo proprio come la luce del sole che splendeva su un deserto si potesse paragonare alla luce artificiale che splendeva sul fondo marino. E lo dissi.
Bert scrollò le spalle e cominciò a scrivere.
«Qui l’energia proviene da sotto la crosta… è calore, anche se non posso chiamarlo esattamente calore vulcanico. Se non facessero continuamente circolare il fluido fino al collettore e non ne sottraessero il calore quando torna indietro, l’estremità calda dell’impianto si fonderebbe. Se proprio devi trovarci da ridire, protesta perché non si collegano alla rete energetica planetaria e non osservano le regole del razionamento, come tutti gli altri. Le ragioni per cui non lo fanno sono valide, ma non c’è tempo di esportele adesso… richiedono spiegazioni storiche e tecnologiche che continuerebbero per un’eternità, se dovessi mettertele per iscritto in questo modo. Quello che debbo dirti è ciò che è necessario tu sappia, se torni lassù.»
«Immagino che Joey e Marie abbiano deciso di restar qui.»
«Joey non c’è. Marie non mi crede, quando glielo dico, e sta ancora discutendo. Nel suo caso, non è stata presa ancora una decisione.»
«Ma se Marie è ancora qui, senza che si sia deciso del suo futuro, perché dici che debbo prendere una decisione in trenta ore? Lei è quaggiù da settimane, ormai. È evidente che avete le attrezzature necessarie per prendervi cura di noi.»
«Non le ‘abbiamo’. Sono state fatte appositamente per lei, per quanto riguarda il cibo e l’aria. Marie vive tuttora nel suo sommergibile. Sarebbe un lavoro ancora più complicato fornire le provviste alla tua capsula, che non ha camere stagne o valvole a ricarica d’aria. Inoltre, non sei in una buona posizione come Marie, perché la gente si adoperi tanto per il tuo benessere.»
«E perché no?»
«Perché non sei una bella donna.» A questo non potevo ribattere un bel nulla.
«Sta bene,» fu tutto quello che potei dire. «Allora riferiscimi il messaggio ufficiale. Che cosa debbo sapere, se ritorno indietro?»
«Devi far sapere al tuo capo, al Consiglio, e a tutta la Commissione per l’Energia, che noi quaggiù abbiamo effettivamente una grandissima disponibilità di energia…»
«Questo glielo direi comunque.»
«… e che non è razionata.»
«Anche questo è ovvio. Perché ci tenete a metterlo in risalto? Non saprei trovare un sistema migliore, per fare di questo posto la meta di un’incursione.»
«Credimi, non sarà così. Se il Consiglio credesse che questo è solo uno dei tanti gruppi di sfruttatori abusivi d’energia avresti ragione, naturalmente: ma quindicimila persone non sono una banda. Sono una nazione, se ricordi questa parola.»
«Non ne ho un buon ricordo.»
«Bene, lascia perdere questa frase storica. Il fatto è che il Consiglio ha insabbiato la faccenda, in passato, e che lo rifarà di nuovo, se sa quello che fa.»
«Insabbiarla? Sei matto. Quelli fanno una sola cosa con una centrale elettrica operante, anche se costruita illegalmente. La collegano alla rete planetaria. L’idea che la lascino funzionare indipendentemente, al di fuori del razionamento, è pazzesca.»
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