Hal Clement - Nati dall'abisso

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Nati dall'abisso: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel futuro, la Commissione per l'Energia controllerà rigidamente il mondo. Nelle profondità dell'oceano, però, qualcuno ha preso una strada diversa… e qualcosa di nuovo sta per accadere sulla Terra!

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L’ossigeno poteva passare dallo stomaco alla circolazione sanguigna? Direttamente no, ma poteva prendere la stessa strada degli altri alimenti. Nell’intestino tenue ed attraverso i villi. Mi pareva di ricordare che lì la superficie assorbente è minore che nei polmoni, ma sotto la pressione di quella profondità, poteva essere una carenza non molto grave.

Perciò l’ipotesi operativa numero due è che costoro mangino o bevano qualcosa che cede gradualmente ossigeno. Se, a quella pressione, il gas restava in soluzione, il corpo sarebbe rimasto relativamente indifferente ai cambiamenti di pressione. Però il mio passeggero clandestino di qualche ora prima si sarebbe trovato in serie difficoltà, dopotutto, se fosse arrivato fino alla superficie con me.

E l’eliminazione dell’anidride carbonica? Non era un problema. Fuori attraverso i polmoni, come al solito, e poi in soluzione immediata nel liquido circostante. Forse appunto per quello il liquido non era acqua; forse usavano qualcosa che assorbiva meglio la CO2, anche se a quella pressione l’acqua sarebbe andata certamente bene. Certo, con i fluidi dell’organismo alla stessa pressione, sarebbe stata una questione di complessi equilibri di ioni, più che di pura e semplice solubilità; forse era stato necessario il controllo del pH. Certamente era all’interno dell’organismo, e questa idea pareva ridurre le differenze tra interno ed esterno.

Tutto questo faceva pensare che, se avessi deciso di restare laggiù, avrebbero presumibilmente cominciato a pressurizzarmi. Qualche volta, nel corso della procedura, mi avrebbero dato da mangiare o da bere la sostanza che costituiva la fonte dell’ossigeno. Doveva trattarsi di questo, secondo me, a parte altri interventi meccanici di minore importanza per riempirmi di liquido i seni paranasali e l’orecchio medio.

E per riprendere l’abitudine a respirare? La pressione avrebbe dovuto ridiscendere. La fonte d’ossigeno nello stomaco… sì, quella avrebbe presentato una difficoltà. Se avesse continuato a liberare ossigeno, e la pressione fosse scesa intorno ad una atmosfera… uhm. Questione di tempismo? Un’assistenza meccanica, come un polmone artificiale, tra il momento in cui la fonte interna si esauriva e veniva ripresa la respirazione naturale? In ogni caso, sarebbe stato difficile per me riuscirci da solo, se mai se ne fosse presentata la necessità.

Comunque, adesso potevo formulare qualche piano in linea d’ipotesi, pur tenendo presente che l’ipotesi poteva anche essere infondata. Comunque, io c’ero affezionato, e pensavo che al massimo si sarebbe trattato di modificare i dettagli, via via che fossi entrato in possesso di altre informazioni. Fu una sensazione piacevole, finché durò.

Date le circostanze, quindi, sembrava opportuno dire a Bert che sarei rimasto, e perdere il minor tempo possibile per uscire da quella sfera, in modo da poter fare qualcosa di utile. Mi ero creato i miei principi morali — un Giuramento di Fedeltà all’Umanità, se preferite — già molto tempo prima, perciò non avrei avuto problemi di coscienza, se avessero preteso da me una sorta di impegno prima di accettarmi. Probabilmente non l’avrebbero fatto; cose del genere avevano perduto importanza, per avere un senso nei tempi in cui la gente credeva che il pericolo principale consistesse nelle divergenze politiche anziché nella scarsità di energia. Certe società, certi gruppi privati ricorrevano ancora a giuramenti formali: ma neppure questi avevano più il valore di un tempo.

All’improvviso mi domandai perché la mia mente divagava in quella direzione: dopotutto, il mio piano poteva essere un po’ ipocrita, ma per una buona causa, e la mia coscienza era abbastanza pulita. E tornai ad occuparmi dei problemi immediati.

Per i dettagli, naturalmente, avrei dovuto attendere ancora. Avrei dovuto imparare a conoscere la geografia locale, in particolare la strada per arrivare al sommergibile di Marie. Avrei dovuto scoprire che libertà d’azione mi avrebbero concesso. Bert aveva l’aria di andare e venire a volontà, ma lui era lì da un anno. Inoltre, avrei dovuto guadagnarmi da vivere in qualche modo; se per scoprire i dettagli che m’interessavano, e ideare un piano per ritornare alla superficie insieme a Marie, avessi impiegato un certo tempo, probabilmente avrei dovuto fare qualcosa del genere. E solo il futuro avrebbe potuto rivelare se c’era un lavoro che fosse utile laggiù e che fosse adatto nel contempo alle mie capacità.

Per il momento, dunque, dovevo aspettare Bert, oppure mandarlo a cercare, e comunicargli la mia decisione. Probabilmente, avrei fatto meglio ad aspettare. Non era il caso di mostrarmi troppo impaziente. Mi aveva detto che sarebbe tornato spesso, e senza dubbio era già venuto mentre io dormivo. Doveva aspettarsi che io mi svegliassi tra non molto.

Attesi, come una scimmia in uno zoo… o forse più esattamente come un pesce in un acquario.

CAPITOLO 11

Passò circa mezz’ora, prima che Bert comparisse. Sbirciò da uno degli oblò, vide che ero sveglio e raccattò la tavoletta per scrivere.

«Ci hai pensato?» fu la prima domanda. Annuii, affermativamente.

«Bene. Hai deciso?»

«Credo di sì,» gli gridai. «Io…» Esitai. Un po’ per l’effetto, ma un po’ anche per incertezza autentica. Potevo essermi sbagliato in tanti modi. Poi m’irrigidii.

«Rimango.»

Mi guardò un po’ sorpreso e cominciò a scrivere. Io proseguii, prima che avesse terminato. «O almeno, rimango se tu puoi dirmi con sicurezza una cosa.»

Bert cancellò ciò che aveva scritto e mi guardò, in attesa.

«Credi sinceramente… non ti chiedo se lo sai, solo se lo credi… che questa gente abbia ragione di tenersi al di fuori della rete energetica e del sistema di razionamento?»

Il viso di Bert assunse un’espressione irritata, mentre stava scrivendo.

«Ti ho detto che devi decidere da solo. Non mi assumo responsabilità.»

«Deciderò da solo,» ribattei. «Ma non in assenza di dati. Tu dici che non hai tempo di dirmi tutto ciò che vorrei sapere, e non ne sono convinto. Ti chiedo una tua conclusione, non un’informazione che non devi darmi: solo una conclusione… un’opinione, a titolo di riassunto delle informazioni che non posso ottenere. Tu la tua decisione l’hai presa in base ad una conoscenza scarsa quanto la mia attuale?»

Bert scosse il capo, negativamente.

«Allora mi dispiace se tu interpreti la mia domanda come una riflessione sulla tua morale: ma chiedo egualmente una risposta.»

Lui aggrottò la fronte, pensieroso, per mezzo minuto, e mi guardò con aria un po’ dubbiosa. Ripetei la domanda, per esser certo che avesse capito.

«Credo sinceramente che abbiano l’idea giusta,» scrisse, finalmente. Io annuii.

«Sta bene, allora rimango. Quanto tempo ci vorrà per tirarmi fuori da questa specie di noce di cocco?»

«Non lo so.» Scrisse la risposta lentamente, interrompendosi per pensare. «Non è una procedura abituale. I nostri ospiti arrivano quasi sempre a bordo di sommergibili, che hanno camere stagne, o almeno portelli. Lo riferirò al Comitato, e scoveremo qualche ingegnere che abbia tempo da dedicarti. Sono sicuro che sarà possibile.»

«Vuoi dire… vuoi dire che potrebbe richiedere parecchio tempo. E se la mia scorta d’aria si esaurisse?»

«Allora immagino che dovremmo spingerti fuori in ogni caso. Se poi ci tenessi davvero a ritornare, puoi sempre farlo a bordo di un sommergibile, come Marie. Comincio subito a darmi da fare.»

«Ma perché non me ne hai parlato prima? Pensavo… be’…»

«Di certe cose non c’è bisogno di parlare. Dove mai, al mondo, pensi di trovare pronta un’apparecchiatura per estrarre un uomo da una capsula di salvataggio ad alta pressione mentre è ancora in un ambiente come questo? Pensaci un po’.» Bert posò la tavoletta e se ne andò, prima che io riuscissi ad escogitare una risposta appropriata.

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