Arthur Clarke - La città e le stelle

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Diaspar, un’immensa metropoli del futuro. Una superciviltà arrivata all’ultimo stadio dello sviluppo. Un pianeta deserto, ostile, «proibito»: è in questo scenario che si muove Alvin, il giovane eroe di questo romanzo che resta fra i più celebri di Clarke. La domanda che lo ossessiona é: come riscoprire l’antico segreto della razza umana? Come uscire dal labirinto sotto vetro e tornare al volo spaziale?

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Alvin ebbe un brivido. Era tardi e si trovava lontano da casa. Provò il bisogno improvviso di rivedere i suoi amici, di ritrovarsi nell’ambiente familiare di Diaspar.

«Debbo tornare» disse «Khedron… i miei genitori… saranno in pensiero.»

Non era l’intera verità. Certamente Khedron si stava chiedendo cosa poteva essergli capitato, ma, per quanto ne sapeva, nessun altro era a conoscenza della sua fuga da Diaspar. Non sapeva spiegarsi la ragione della piccola bugia, e si vergognò di se stesso non appena pronunciate le parole.

Seranis lo guardò pensosa.

«Temo che non sia tanto facile.»

«Perché? La sotterranea che mi ha condotto fin qui non può ricondurre a Diaspar?» L’aveva sfiorato il sospetto che forse avrebbe dovuto restare per sempre prigioniero a Lys, ma si rifiutava di credervi.

Seranis, per la prima volta, parve leggermente a disagio.

«Abbiamo parlato di voi» disse, senza spiegare cosa intendesse con «abbiamo», né come avesse fatto a consultarsi con gli altri. «Se ritornerete a Diaspar, l’intera città saprà della nostra esistenza. Anche se ci promettete di non dir nulla, vi sarà impossibile mantenere il segreto.»

«Perché dovrei tenerlo? Sarebbe un’ottima cosa per i nostri popoli rimettersi in contatto.»

«Non siamo di questo parere.» Seranis pareva contrariata. «Se apriremo le porte, la nostra terra verrà invasa dai curiosi e dai tipi in cerca di avventure. Finora, solo i migliori di voi sono giunti fin qua.»

La risposta era piena di inconscia superiorità, tuttavia era basata su presupposti sbagliati. Alvin si sentì seccato, tanto da dimenticare la paura.

«Non è vero. E poi, nessuno a Diaspar vorrebbe lasciare la città, anche se sapesse che c’è un altro luogo abitato. Lasciatemi tornare a casa; per Lys la cosa non porterà nessun cambiamento.»

«Non sta a me decidere. Del resto, sottovalutate le facoltà della mente se pensate che le barriere che tengono la vostra gente rinchiusa a Diaspar non possano crollare. Comunque, non possiamo trattenervi contro la vostra volontà, ma se tornerete a Diaspar dobbiamo prima cancellare dalla vostra mente il ricordo di Lys.» Seranis esitò. «Questo, però, non è mai accaduto.

Tutti i vostri predecessori hanno chiesto di restare.»

Alvin si rifiutava di accettare quella scelta. Voleva esplorare Lys, scoprirne i segreti, sapere quanto fosse diversa dalla sua patria. Nello stesso tempo era ben deciso a tornare a Diaspar, per provare ai suoi amici di non essersi illuso. Non poteva capire perché dovesse mantenere il segreto.

Doveva prendere tempo, o convincere Seranis che gli stava chiedendo una cosa impossibile.

«Khedron sa che sono qui. Non potete cancellare anche i suoi ricordi.»

Seranis sorrise. Il sorriso era dolce, cordiale, ma Alvin non s’illuse. Dietro quel sorriso si nascondeva una volontà implacabile.

«Ci sottovalutate, Alvin. Sarebbe una cosa da nulla. Posso raggiungere Diaspar più presto di quanto impieghi ad attraversare Lys. Altri, venuti prima di voi, avevano detto ai loro amici dove erano diretti. Ma gli amici li hanno dimenticati ed essi sono spariti dalla storia di Diaspar.»

Alvin era stato uno stupido a ignorare quella possibilità. Era ovvia, ora che Seranis ne aveva parlato. Si domandò quante volte, nei milioni di anni da che le due culture si erano separate, uomini di Lys erano entrati a Diaspar per fare in modo che la loro esistenza non venisse scoperta. E si domandò anche quale estensione poteva avere la loro potenza mentale. Quella potenza che non esitavano a usare.

Era prudente fare dei piani? Seranis aveva promesso che non avrebbe letto nella sua mente senza permesso. Ma potevano esserci delle circostanze in cui la promessa non sarebbe stata mantenuta…

«Non potete pretendere che prenda una decisione su due piedi. Posso vedere qualcosa del vostro paese prima di fare la mia scelta?»

«Certo. Potete restare finché vi piacerà, e tornare a Diaspar in qualunque momento, qualora cambiaste idea. Ma se potete prendere questa decisione nei prossimi giorni, sarà meglio. Non voglio che i vostri amici si spaventino, e quanto più resterete lontano da casa, tanto più mi sarà difficile prendere i provvedimenti necessari.»

Alvin sarebbe stato curioso di sapere quali fossero quei provvedimenti.

Forse qualcuno di Lys si sarebbe messo in contatto con Khedron, senza che il Buffone se ne rendesse conto, e ne avrebbe alterato i ricordi. La scomparsa di Alvin sarebbe stata notata, ma le notizie che lui e Khedron avevano raccolto sarebbero andate perdute. Col passare dei secoli, il nome di Alvin si sarebbe aggiunto a quello degli altri Unici misteriosamente scomparsi senza lasciare traccia, e sarebbe stato dimenticato.

C’erano molti misteri in quel luogo, e per ora gli sembravano insolubili.

Il collegamento unilaterale tra Lys e Diaspar era un banale incidente storico o nascondeva qualche segreto proposito? Chi e cosa erano gli Unici, e se la gente di Lys poteva entrare in Diaspar, perché nessuno aveva mai cancellato dai circuiti-memoria quel filo che conduceva alla scoperta dell’esistenza di Lys? Forse quella era l’unica domanda cui Alvin poteva rispondere. Il Computer Centrale era un avversario troppo potente, che non si sarebbe lasciato impressionare nemmeno dai più progrediti cultori di tecnica mentale…

Mise da parte il problema; un giorno, grazie a una maggiore esperienza, ci sarebbe tornato sopra. Era inutile speculare, costruire piramidi di congetture su una base di ignoranza.

«Benissimo» disse, seccato per quell’imprevisto ostacolo sulla sua strada. «Vi darò la risposta al più presto possibile… ma dovete mostrarmi la vostra terra.»

«D’accordo.» Il sorriso di Seranis non conteneva più alcuna minaccia.

«Siamo fieri di Lys. Sarà un piacere mostrarvi come gli uomini possono vivere senza l’aiuto delle città. Nel frattempo, non preoccupatevi… I vostri amici non saranno allarmati per la vostra assenza. Provvederemo noi, solo per misura precauzionale.»

Per la prima volta, Seranis aveva fatto una promessa che non avrebbe potuto mantenere.

11

Nonostante ogni sforzo, Alystra non riuscì a cavare altro da Khedron. Il Buffone si era riavuto abbastanza presto dal colpo iniziale e dal panico che l’aveva spinto a tornare alla superficie quando si era trovato da solo nella profondità della Tomba. Era un po’ vergognoso del suo contegno di codardo e si domandava se avrebbe mai trovato il coraggio di ridiscendere. Alvin, se non proprio incosciente, era stato un po’ più ardito, e Khedron era certo che non avrebbe corso nessun pericolo e che ben presto sarebbe ritornato. Be’, quasi certo; c’era quel tantino di dubbio che giustificava una certa precauzione. Sarebbe stato prudente, quindi, tenere la cosa segreta o far credere a uno dei suoi soliti scherzi.

Purtroppo non era riuscito a mascherare la sua agitazione agli occhi di Alystra. Lei gli aveva letto la paura negli occhi e l’aveva interpretata come un segno che Alvin si trovava in pericolo. Khedron aveva cercato invano di rassicurarla. La ragazza se l’era presa con lui, e si era sempre più incollerita mentre attraversavano il Parco, In un primo momento Alystra aveva deciso di restare alla Tomba e aspettare che Alvin tornasse nella stessa misteriosa maniera in cui era scomparso. Khedron aveva fatto in modo di convincerla che sarebbe stata una inutile perdita di tempo, e si era sentito sollevato quando l’aveva vista riprendere con lui la strada per tornare in città. C’era la possibilità che Alvin tornasse subito, e Khedron non voleva che qualcun altro scoprisse il segreto di Yarlan Zey.

Quando raggiunsero la città era ormai evidente che la tattica evasiva di Khedron era fallita in pieno e che la situazione gli era seriamente sfuggita di mano. Si trovava, per la prima volta nella sua vita, con le spalle al muro, e non si sentiva in grado di fronteggiare i problemi che potevano nascere.

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