Bob Shaw - Uomo al piano zero

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Uomo al piano zero: краткое содержание, описание и аннотация

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Immaginate di aver costruito un apparecchio (sul tipo di una radio-trasmittente) capace di emettere impulsi capaci a loro volta di innescare la ben nota reazione a catena in tutte le ogive nucleari attualmente esistenti in tutte le basi atomiche del mondo. Per costruire un apparecchio del genere dovreste indubbiamente aver risolto dei problemi scientifici d’una certa difficoltà... Ma se ci pensate un momento vi renderete conto che quelle difficoltà erano niente di fronte al problema che vi aspetta adesso (e che aspetta il protagonista di questo romanzo): quando e in che modo vi proponete di utilizzarlo, il vostro benefico apparecchio?

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I due uomini entrarono in silenzio, muniti di borse, e si strinsero la mano con un minimo di formalità. Erano entrambi clienti del servizio di informazione del MENTORE e Montefiore li conosceva bene. Lo trattavano sempre con molta cortesia, però la loro estrema correttezza gli ricordava ogni volta che tutta la sua magia in fatto di elettronica era impotente contro la barriera di classe. Lui proveniva dalla piccola borghesia, mentre quei due appartenevano all’aristocrazia. Su questa faccenda niente era cambiato perché nessuno parlava mai di queste cose nella Gran Bretagna dell’emancipazione cockney. McKenzie, alto, colorito, additò una manopola sul tavolo di Montefiore. Lui annuì e la girò, mettendo in azione un apparecchio elettronico che, entro il suo raggio d’azione, impediva anche il funzionamento di un telefono normale. In questo modo era impossibile registrare quello che si diceva lì dentro.

«Di cosa si tratta, Gerard?»

Montefiore si serviva, per principio, del nome di battesimo, e aveva giurato che se qualcuno dei suoi clienti altolocati avesse trovato a ridire su questa abitudine, lui, molto semplicemente, avrebbe abbandonato il progetto MENTORE e si sarebbe rifiutato di tornare ad occuparsene finché il suo diritto di chiamare Trevor Trevor non venisse ratificato.

«Di una faccenda molto grave» disse McKenzie guardando Montefiore dritto negli occhi, cosa che non gli era abituale. Aprì la borsa, ne estrasse delle fotocopie piene di formule e di disegni e le posò sul tavolo.

«Leggete questo.»

«Va bene.» Montefiore scorse le pagine con rapidità professionale e, all’impressione di un disastro imminente, seguì un sollievo immenso. «Fino a che punto ci credete?»

«Il credere non c’entra. Il fatto è che tutta la parte matematica è già stata controllata e trovata esatta.»

«Sì? E da chi?»

«Sproale.»

Montefiore rimase un po’ sopra pensiero. «Se Sproale dice che va bene… E la macchina?» E riesaminò i disegni.

«Sia Rawson sia Vialls hanno dichiarato che è possibile costruire una macchina come quella e che è in grado di fare il lavoro di cui si parla nella lettera.»

«Ed esiste veramente? È questa la domanda a cui volete che risponda?»

«Vogliamo l’uomo che ha scritto la lettera» disse Finch, irritato. Era un uomo asciutto e atletico, per essere sulla cinquantina. Era anche, come ben sapeva Montefiore, il cliente del MENTORE a cui la sua familiarità dava più fastidio.

«In fondo è la stessa cosa, Roger.» Montefiore cercò il tono meno militaresco possibile. «Appena lo troviamo risponderà a tutte le nostre domande.»

Gli occhi di Finch erano cattivi. «È una faccenda urgentissima.»

«Me ne rendo conto, Roger.» Montefiore, evitando di prendere subito in considerazione il problema, aveva aumentato la sua eccitazione, ma adesso si buttava nel compito gradevole di stabilire dei parametri. «Che dati abbiamo su quest’uomo? Che cosa ne sappiamo? Che è un uomo si capisce dalla scrittura, a meno che non abbiamo a che fare con una donna disposta a fare un lungo giro per far perdere le sue tracce.»

«Ma che senso ha?» Finch fece un gesto d’irritazione, come per darsi un colpo di frustino sulla coscia.

«Potrebbe essere che una donna abbia costretto un uomo a scrivere al suo posto, e poi l’abbia ammazzato» disse Montefiore.

«Sciocchezze!»

«Va bene, Roger. Mi state dicendo che in questa crisi nazionale non devo includere tra i sospetti una dei trenta milioni di donne del paese?»

«Calma, Ed» disse McKenzie, e Montefiore notò con soddisfazione che aveva adoperato il nome di battesimo. «Sapete benissimo che non andiamo mai a caccia nelle vostre riserve. E sono sicuro che voi siete in grado di apprezzare meglio di qualunque altro come, proprio qui, in questo compito, stia la giustificazione di ogni soldo speso per il MENTORE.»

«Lo so, lo so.» Montefiore ne aveva abbastanza di prendere in giro i due uomini, ora che il problema richiedeva tutta la sua intelligenza e la sua dedizione. «L’autore di queste carte è, probabilmente, un maschio adulto, in buone condizioni di salute, ammesso che la scrittura riveli qualcosa. Quando si può avere il giudizio del perito calligrafo?»

«In qualunque momento.»

«Va bene. Possiede un cervello matematico di prim’ordine. Se non erro, questo diminuisce il campo di ricerca dalla scala un milione alla scala migliaia. Tra queste migliaia, un uomo, dando per scontato che la macchina sia effettivamente costruita, ha speso di recente una somma notevole in apparecchiature scientifiche. Le centrifughe a gas, tanto per fare un esempio, non sono molto comuni, e inoltre c’è l’impiego del praseodimio…» Montefiore andò verso la porta.

McKenzie gli corse dietro. «Dove andate?»

«In cantina» rispose tranquillamente. «Mettetevi pure comodi, signori. Sarò di ritorno fra un’ora.»

Mentre l’ascensore ad alta velocità lo portava in basso, fino allo strato di roccia dove l’unità centrale di MENTORE era in attesa nel suo ambiente controllato e fatto su misura per lui, Montefiore provò un senso di pietà per l’uomo ancora sconosciuto che aveva preso su di sé la parte del salvatore e che, tra breve, sarebbe salito sulla croce. Quaranta minuti dopo, finito il compito, puntò i piedi quando l’ascensore cominciava la risalita. Diede un’occhiata all’unico foglio che teneva nella destra.

«Può darsi che tu sia un brav’uomo, Lucas Hutchman » disse forte. «Ma non c’è dubbio che sei uno stupido.»

L’ispettore James Crombie-Carson era a disagio. Ricordava perfettamente di aver descritto Hutchman come un menagramo ambulante, ma non aveva previsto che l’influsso maligno di quell’uomo potesse coinvolgere anche lui. In primo luogo era già andato al tappeto davanti all’Ispettore Capo, dopo aveva fatto sbellicare dalle risa l’intera sede di polizia e, per conclusione, aveva attirato l’attenzione dei giornalisti che, con il ben noto interesse per le stupidaggini, stavano mettendo in piazza tutti i particolari della fuga di Hutchman. E adesso lo aspettava un colloquio con il Sovrintendente e un tipo misterioso che veniva da Londra.

«Di cosa si tratta?» domandò al sergente di servizio.

«Non lo so, signore. Il capo ha detto che quando avrà bisogno di voi, suonerà.» Quel sergente non era molto cordiale.

Crombie-Carson guardò, con risentimento, il legno lucido della sala conferenze. «Mi fanno perdere un sacco di tempo! Ma non lo sanno che io ho altro da fare?»

Andò avanti e indietro per la stanza, cercando di scoprire che cosa s’era inceppato nella sua carriera. L’errore grosso era stato di mollare la guardia, di cominciare a pensare di essere fortunato come lo sono di solito tutti. La cosa irritante era che altri suoi colleghi accettavano tranquillamente la loro buona sorte, e attribuivano i successi alle proprie capacità. Secondo una storiella famosa, il primo arresto dell’Ispettore Capo Alison, che adesso sembrava così soddisfatto di sé, era stato un individuo che aveva tentato di ribaltare le accuse di molestie telefoniche con oscenità. Crombie-Carson, per un momento, assaporò la storiella, poi i suoi pensieri ritornarono a Lucas Hutchman.

Era evidente che quell’individuo aveva venduto dei segreti missilistici, o si preparava a farlo. Crombie-Carson conosceva perfettamente il tipo: università, tennis e canottaggio, moglie ricca: troppo di tutto, insomma. O era un malvivente gentiluomo, o quella Knight lo teneva in pugno. Era anche un emerito bugiardo, però gli mancava quella praticaccia che certa gente è costretta a farsi, volendo sopravvivere. Ogni volta era costretto a rivedere da capo tutti i suoi scrupoli. Forse quella Knight aveva saputo da lui qualcosa di veramente importante e aveva tentato di prendersi una fetta extra di torta, offrendo la sua merce a qualcuno.

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