Dopo un po’ di tempo il barista si occupò di altri avventori e Atwood, data un’occhiata in giro, decise di chiacchierare un po’ con Hutchman. «Un buon lavoro, il disegnatore, eh?»
«Non c’è male.»
«E la paga?»
«Tremila» inventò lui.
«Quanto alla settimana? Sessanta? Mica male. Costa molto far studiare un ragazzo da disegnatore?»
«Come sarebbe a dire?»
«Ho letto che quando un ragazzo studia da architetto, i suoi devono pagare…»
«Per architettura, sì» Hutchman sperava che il barista ritornasse. «Ma per un disegnatore, bastano le scuole professionali.»
«Allora va bene.» Atwood era sollevato. «Forse potrei far studiare Geoffrey da disegnatore.»
«E se non gli piacesse?»
Atwood scoppiò in una risata. «Oh, state sicuro che gli piacerà. Veramente non è bravissimo in disegno. L’altro giorno voleva disegnare un albero, ma dovreste vedere cosa ne è uscito fuori! Grandi sgorbi e scarabocchi. Niente che somigliasse a un albero. Allora gli ho insegnato come doveva fare: vi assicuro che ha capito al volo.»
«Gli avrete insegnato a disegnare un albero da fumetti, immagino» Lucas bagnò il dito in una goccia di birra e tracciò due righe parallele con sopra una palla vaporosa. «Così?»
«Sì.» Un’ombra di sospetto passò sulla faccia piatta di Atwood.
«Siete stato cretino» disse Hutchman con la sincerità dell’alcol. «Lo sapete che cosa avete fatto? Il vostro Geoffrey, il vostro unico figlio, ha guardato un albero e ha cercato di mettere sulla carta le sue impressioni, senza passare attraverso le convenzioni e i preconcetti che impediscono agli altri esseri umani di vedere le cose nel modo giusto.» Tacque per riprendere fiato e, con grande stupore, notò che le sue parole avevano colpito il gigante.
«Il vostro ragazzo vi ha portato questa offerta, questo tesoro, il prodotto della sua anima intatta. E voi, George, che cosa avete fatto? Avete riso, e gli avete detto che l’unico modo per disegnare un albero era quello degli imbrattacarte senza originalità che lavorano per i fumetti. Vostro figlio non riuscirà mai a vedere un albero com’è realmente, lo sapete? Vi rendete conto che sarebbe potuto diventare un altro Picasso se…»
«Chi lo direbbe che state scherzando?» chiese Atwood. Ma gli occhi erano pieni di inquietudine. Hutchman fu tentato di confessare che aveva soltanto giocato con le parole, ma il gigante, in quell’attimo, scopriva che la sua intimità era stata violata da un estraneo, e si arrabbiava. «Ma che diavolo ne sapete voi, comunque?»
«Molto.» Hutchman assunse un’aria enigmatica. «Credetemi, George, io la so lunga su molte cose.» Sono l’uomo al piano zero. Non lo sapevi?
«E tientele per te!» Atwood voltò la testa dall’altra parte.
«Magnifico» disse Hutchman, triste. «Magnifica risposta, George. Me ne vado a letto.»
«Andate pure. Io mi fermo ancora.»
«Buon divertimento!» Hutchman si diresse alla porta camminando rigido, in modo innaturale. No, non sono ubriaco, agente. Guardate! Riesco a camminare in linea retta. Aveva smesso di piovere, ma faceva molto più freddo di prima. Lo avvolse uno spiffero gelido, togliendogli tutto il calore di dosso. Respirò a fondo e si lanciò nel buio, in direzione della sua macchina.
Nel parcheggio, ce n’erano soltanto quattro, ma Hutchman ci mise un bel po’ per accertare che, tra quelle, la sua macchina non c’era. Gliel’avevano rubata.
Muriel Burnley stava attraversando un nuovo periodo della sua vita, con poche soddisfazioni.
Non si era mai trovata bene con il signor Hutchman: era trascurato e non badava alle norme della società. Questo fatto la obbligava a un lavoro interminabile, di cui lui non si accorgeva neppure. Recandosi in ufficio sulla sua Morris Minor color verde chiaro, si divertiva a fare l’elenco di tutte le cose che non poteva soffrire in Hutchman. Per esempio, la sua indifferenza nei confronti del denaro, che sarebbe andata benissimo con una donna sposata, ma non con lei, che doveva mantenere sé e sua madre con lo stipendio da segretaria. Il signor Hutchman non si era mai informato delle cattive condizioni di salute di sua madre ma, in realtà, lui ignorava addirittura che lei avesse una madre. Aveva commesso l’errore più grave della sua carriera quando aveva accettato di lavorare con il signor Hutchman. Il guaio era, e si vergognava di ammetterlo, che quando lo aveva visto di lontano era rimasta impressionata favorevolmente dalla sua somiglianza con Gregory Peck giovane. Quel tipo d’uomo, veramente, non era più di moda, però aveva sentito dire che il matrimonio del signor Hutchman non era tutto rose e fiori, e lavorando a stretto contatto con lui c’era sempre la possibilità che…
Trascinata dai suoi pensieri Muriel accelerò, superò un autobus e si rimise nella carreggiata di destra, appena in tempo per evitare un furgoncino che avanzava in direzione opposta. Strinse le labbra, concentrandosi nella guida.
E dire che, per tutto il tempo, l’onnipotente signor Hutchman aveva fatto le corna a sua moglie con quella sgualdrina dell’ Istituto Jeavons. Era evidente, però, che c’era sotto qualcosa. Anche il signor Batterbee era finito così, eppure anche un tipo così losco come il signor Batterbee non si era mai immischiato con gente dei movimenti clandestini, facendo venire addirittura la polizia in ufficio. Muriel diventò rossa, mentre ricordava i colloqui riservati con i poliziotti. Le altre ragazze, s’intende, erano felici. Spettegolavano fra loro nei corridoi in piccoli gruppi e, appena lei si avvicinava, tacevano immediatamente. Era chiaro di cosa parlavano: il signor Hutchman si era rivelato uno sfruttatore. Muriel Burnley era la sua segretaria, e mica per niente la polizia si occupava tanto della nostra Muriel…
Svoltò attorno al chiosco della Westfield e, dopo aver posteggiato, frenò. Raccolse la borsa di paglia, scese, chiuse con cura le portiere e corse in ufficio. Percorse a passo veloce i corridoi senza incontrare nessuno, ma quando arrivò all’ultimo angolo, prima del suo ufficio, per poco non andò a sbattere contro il signor Boswell, il capo della sezione Missili.
«Ah, signorina Burnley» disse. «Proprio la persona che cercavo.» I suoi occhi azzurri la esaminarono con interesse, dietro gli occhiali d’oro.
Muriel si strinse nel cappotto. «Desiderate, signor Boswell?»
«Il signor Cuddy è stato distaccato qui da noi dal settore aeronautico, e oggi prenderà il posto del signor Hutchman. Per qualche settimana avrà molto da fare e desidero che gli diate tutta la collaborazione possibile.»
«S’intende, signor Boswell.» Il signor Cuddy era un individuo piccolo e segaligno, ed era anche pastore laico. Era abbastanza rispettabile per neutralizzare l’atmosfera creata dal signor Hutchman.
«Oggi porterà qui la sua roba. Volete mettere in ordine l’ufficio, prima che arrivi? Vorrei che avesse una buona impressione fin dall’inizio.»
«Sì, signor Boswell.» Muriel entrò nell’ufficio, si tolse il cappotto e passò a mettere ordine nell’altra stanza. La polizia si era fermata nell’ufficio di Hutchman per tutta una mattina e, per quanto gli agenti avessero cercato di rimettere le cose al loro posto, l’ambiente dava ugualmente un’impressione di disordine. In particolare la vaschetta sul tavolo, dove il signor Hutchman teneva un numero inverosimile di fermagli e mozziconi di matita, era tutta per aria. Muriel la tolse dai supporti e la vuotò nel cestino della carta. Le matite, dei fermagli e una gomma verde si sparsero sul pavimento. Lei raccolse la gomma e, quando stava per rimetterla a posto, notò che su un lato c’era scritto qualcosa, in inchiostro. Le parole erano: CHANNING WAY 31, HASTINGS.
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