Maynard e Alice Gale entrarono così silenziosamente che lui si accorse della loro presenza solo quando se li trovò davanti alla scrivania.
— Ci avete fatti chiamare? — disse Gale.
— Sì, volevo farvi vedere queste foto — disse Wilson. — Guardate la prima. Le altre sono particolari ingranditi. Ditemi cosa ne pensate.
Gale esaminò a lungo le foto, poi disse: — L’ambiente è quello del Cretaceo, signor Wilson. Come sono state scattate queste foto? E cosa c’entra il mostro?
Wilson glielo spiegò. — Mi era stata già segnalata la sparizione improvvisa di un mostro — aggiunse. — Questa è la seconda. E non è detto che non se ne siano verificate anche altre.
— È probabile — convenne Gale. — Gli invasori sono diversi da noi, lo sapete bene. Quelli che sono arrivati qui sono passati attraverso l’esperienza di un viaggio nel tempo… esperienza che è durata la frazione di un secondo, ma che può essere stata sufficiente. E se vero che, grazie a essa, hanno acquistato la capacità di viaggiare a loro piacimento nel tempo, se — come pare evidente — hanno trasmesso questo istinto alla progenie, dimostrandosi capaci di attuare un problema così complesso e difficile con tanta celerità, allora c’è davvero da meravigliarsi che noi li abbiamo potuti tenere a bada per vent’anni. — Rabbrividì al ricordo. — C’è quindi da pensare che siano stati loro a volerci risparmiare, per divertimento, per non distruggere tutta in una volta la loro riserva di selvaggina. Per loro, la Terra doveva essere una specie di immensa riserva di caccia.
— Ma non potete esserne certo — obiettò Wilson.
— No. Bisognerebbe sentire il dottor Wolfe. La sua sarebbe senz’altro un’opinione più fondata e attendibile. Io sono solo un profano… Ma siete sicuro che queste foto non siano truccate?
— No, Tom Manning non farebbe mai una cosa del genere — lo rassicurò Wilson. — Siamo vecchi amici, abbiamo lavorato insieme al Washington Post per anni. No, non è tipo da fare scherzi simili, in un momento come questo, poi. E nemmeno Bentley. È un ottimo fotografo. Serio, capace. Vive in funzione del suo lavoro. Non si comprometterebbe per uno scherzo idiota.
— Dunque abbiamo la prova che i mostri fuggono nel passato. Proprio come abbiamo fatto noi.
— Pare proprio di sì — disse Wilson. — Ma volevo sapere come la pensate voi, dal momento che, in fatto di mostri, siete molto più esperto.
— Poi ne parlerete a Wolfe?
— Certamente.
— C’è anche un’altra cosa di cui vorrei parlarvi, signor Wilson. Ne abbiamo discusso a lungo, io e mia figlia, e abbiamo deciso di parlarvene.
— Di cosa si tratta?
— Di un invito — rispose Gale. — Non siamo sicuri che accetterete. Anzi, forse vi offenderete, ma altri potranno accettare. Ecco di che si tratta: quando andremo nel Miocene, saremmo molto lieti se veniste con noi. Col nostro gruppo, cioè. Per noi sarebbe veramente una gioia.
Wilson rimase interdetto. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma non trovava le parole.
— Voi siete stato il nostro primo amico, qui, e forse resterete l’unico — disse Alice. — Siete stato gentile e paziente con noi. Ci avete aiutato a sistemare la faccenda dei diamanti. Avete fatto tanto per noi!
Girò intorno alla scrivania e si chinò a dargli un bacio sulla guancia.
— Non occorre che ci rispondiate subito — disse Gale. — Pensateci, e se deciderete per il no, non insisteremo. Vi invitiamo partendo dal presupposto che, se la vostra gente deciderà di tornare indietro nel tempo, sceglierà un’epoca diversa dalla nostra, mentre invece avremmo piacere di avervi con noi. Non dimenticate che, se anche ora vi trovate su un diverso piano temporale, temo che sia troppo tardi per evitare i disastri che travolsero i nostri avi tre secoli fa. Cioè fra due secoli a partire da oggi.
— Non so cosa dire — confessò Wilson. — Proprio non so… Dovete lasciarmi il tempo di pensare.
— Ma sicuro — disse Gale.
Alice si chinò a sussurrargli all’orecchio: — Spero tanto che decidiate di venire con noi.
Poi se ne andarono, silenziosi e discreti com’erano venuti.
Le prime ombre del crepuscolo si stendevano nella stanza. Nell’atrio si sentiva il ticchettio di una macchina per scrivere. In fondo alla stanza, le telescriventi non smettevano un attimo il loro pettegolo ticchettio. Sulla scrivania di Judy si accese una spia luminosa. Ma Judy non c’era. L’aereo che l’avrebbe portata nell’Ohio era già decollato.
Judy, disse fra sé Wilson, cosa mai ti è preso? Perché l’hai fatto? Sapeva che gli sarebbe mancata. Finora non si era reso conto di quanto gli fosse necessaria la sua compagnia, di come lo aiutasse a vincere quella solitudine che può afferrare un uomo anche quando si trova in mezzo alla gente. Non occorreva che fosse sempre lì con lui, bastava pensare che era vicina, che l’avrebbe rivista, per bandire il senso di solitudine e sentirsi rallegrare il cuore.
Vicina lo sarebbe stata ancora. Dopo tutto, l’Ohio non era in capo al mondo. Esistevano i telefoni e la posta. Ma sarebbe stato diverso. Pensò a cosa avrebbe potuto scriverle, ma sapeva che non le avrebbe mai scritto.
Suonò il telefono. Era Kim. — La riunione è terminata. Può riceverti.
Appena lo vide entrare, il Presidente gli disse: — Mi spiace di averti fatto aspettare tanto, Steve, ma abbiamo parlato di molte cose. Cosa ti preoccupa?
Wilson sorrise. — Adesso sono molto meno preoccupato di quando ho chiesto a Kim se mi potevate ricevere — disse. — Adesso le cose vanno meglio. Si trattava di quella faccenda dei russi. Mi aveva telefonato Tom Manning. Conoscete il suo agente all’ONU? Max Hale?
— Di nome. Non credo di averlo mai visto. Mi pare che abbia fama di persona seria.
— Sì. Ed è molto abile, anche. Aveva sentito dire che i russi avrebbero insistito per far bombardare con le armi atomiche le zone infestate dai mostri.
— Mi ero aspettato qualcosa del genere — disse il Presidente. — Hanno sempre la mano pesante.
— Ma adesso credo che non ci sia più motivo di preoccuparci. Guardate qui. Me le hanno portate poco fa. — E gli porse le foto. — Sono opera di Bentley Price.
— Price… Non è quel tipo che…?
— Sì, è uno che beve molto, ma come fotografo bisogna fargli tanto di cappello. È uno dei migliori.
Il Presidente esaminò le foto, poi commentò con aria perplessa: — Non capisco bene…
— Adesso vi spiego, signor Presidente… — E Wilson raccontò tutta la storia. Il Presidente lo ascoltò senza mai interromperlo e alla fine domandò: — Credi che sia questa la spiegazione, Steve?
— Io credo di sì, e anche Gale è dello stesso parere. Ha detto che faremmo meglio a chiedere l’opinione del professor Wolfe, però lui non aveva dubbi. Perciò, tutto quel che dobbiamo fare è continuare a braccarli, in modo che si sentano in pericolo e fuggano nel passato. Probabilmente, lo stanno già facendo anche senza aspettare di essere messi singolarmente con le spalle al muro. Sono creature dotate di intelligenza superiore e a quest’ora si saranno resi conto che noi siamo meglio armati e organizzati degli uomini del futuro. Sono combattenti nati, però non vogliono mettere a repentaglio la sopravvivenza della razza. Nel Cretaceo troveranno degli avversali validi, formidabili, anzi, con cui combattere. Il Tyrannosaurus rex , per esempio, i triceratopi, i celosauri e via dicendo. Potranno lottare corpo a corpo, facendo sfoggio di tutta la loro abilità e del loro coraggio, molto meglio che non contro le nostre armi.
Seguì un lungo silenzio, che il Presidente infine ruppe per dire: — Se ben ricordo, i paleontologi non hanno mai risolto il mistero della scomparsa dei dinosauri. Forse ora abbiamo trovato la risposta.
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