Clifford Simak - Fuga dal futuro

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Nel giardino di un fotoreporter, ai piedi di una vecchia quercia, si apre a un tratto, come nelle fiabe, un gran buco nero. Ma le creature che ne escono non sono gnomi o folletti, sono uomini e donne, vecchi e bambini che fuggono dal futuro; o, almeno, così dicono. È un’invasione ordinata e pacifica, che pone però ugualmente problemi gravissimi. Possiamo noi, già sovraffollati come siamo, accogliere e mantenere questi milioni di nuovi venuti che dilagano in ogni parte del mondo? E, d’altra parte, chi avrebbe il coraggio di respingere quelli che sono, in fin dei conti, i nostri discendenti? Finché, a sciogliere i nodi e le esitazioni, interviene l’orrendo nemico da cui i profughi fuggivano e che ora si scatena anche nel nostro tempo.

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— Avete parlato con qualche rappresentante dell’industria?

— Direttamente non ancora. Da parte dei commercianti, c’è stato qualche tentativo di approccio, per avere un’idea della reazione. Finora non mi risulta niente. Ma la reazione sarà senz’altro positiva, perché è nell’interesse di tutti fare il massimo sforzo.

Oakes fece capolino dalla poltrona. — Avete un’idea di quanto verrà a costare tutto questo, signor Presidente? Almeno una cifra approssimativa?

— No, non ne ho la minima idea.

— Però sarà molto costoso.

— Sì, molto.

— Supererà forse il budget della Difesa che tanti hanno criticato inorriditi.

— Volete che vi risponda di sì — disse il Presidente — e vi accontento. Sì, costerà molto, molto di più del budget della Difesa. Costerà addirittura più di una guerra. Resteremo a terra. Forse tutto il mondo farà bancarotta, ma che altro potremmo fare? Ammazzare tutti i profughi? Certo sarebbe una soluzione radicale e molto meno costosa, ma voi l’approvereste?

Gli risposero con dei borbottii, e Oakes sprofondò ancora di più nella poltrona.

— Secondo me — disse Able — per quanto possa costare, per noi sarà sempre un guadagno. Infatti i profughi vengono da un’epoca in cui molti problemi tecnici e scientifici che ci assillano saranno stati risolti, in cui saranno avvenute scoperte e invenzioni utili. Ho sentito che hanno parlato dell’uso dell’energia atomica prodotta a bassissimo costo e quindi alla portata di tutti. Noi siamo ancora agli inizi, in questo campo. E poi chissà quante altre cose…

— E secondo voi sarebbe un bene? — ribatté adirato Oakes. — Cosa ne sarebbe delle industrie del carbone e del petrolio, se disponessimo di energia atomica a basso costo? Andrebbero alla malora!

— E pensate se nel futuro avessero scoperto la cura del cancro — proseguì Able, senza badargli.

— Avete ragione — asserì Dixon. — Se disponessimo delle cognizioni tecniche e scientifiche del futuro, faremmo un enorme balzo in avanti.

— Tutto questo è prematuro — lo interruppe il deputato Smith. — Ora come ora dobbiamo aiutare i profughi a sterminare i mostri. Questi sono i problemi a cui ci dobbiamo applicare subito, non è così, signor Presidente?

— Proprio così — convenne il Presidente.

— Ho sentito che l’ambasciatore russo ha chiesto di essere ricevuto da voi — borbottò Oakes.

— Voi non dovreste saperlo, Andy.

— Be’, invece lo so. Noi abbiamo i nostri sistemi di informazione, e spesso sappiamo cose che dovremmo ignorare.

— A ogni modo, non è un segreto — disse il Presidente. — Non so perché venga. Tutti i governi, naturalmente, cercano di lavorare di comune accordo alla soluzione del problema dei profughi. Ho telefonato a molti Capi di Stato, compreso quello russo, e credo che la visita dell’ambasciatore sia in relazione alla telefonata.

— Sarà — commentò Oakes. — Ma divento nervoso, quando i russi dimostrano un interesse particolare per qualche cosa.

37

C’era qualcosa nel boschetto di noccioli che chiudeva da un lato il campo di grano, il vago senso di una presenza, una sagoma indistinta che non si rivelava mai in pieno. Qualcosa si nascondeva là dentro. Il sergente Gordy Clark ne era sicuro, anche se non sapeva perché. La certezza gli derivava probabilmente dall’istinto che si era sviluppato in lui in centinaia di pattugliamenti in territorio nemico, un istinto indefinibile ma sicuro che ora gli dava la certezza che ci fosse qualcuno, o qualcosa, acquattato fra i noccioli.

Rimase immobile, trattenendo il respiro sulla sommità della piccola altura che s’innalzava oltre il campo, col lanciarazzi posato su un tronco imputridito e l’incrocio del reticolo sul mirino puntato in direzione del boschetto. Poteva esserci un cane, là nascosto, o un bambino, ma qualcosa c’era.

Il cespuglio di sommacco, dai rami ricadenti che si erano chiusi su di lui, lo nascondeva alla vista di chiunque fosse appostato fra i noccioli. Il silenzio era rotto dal mormorio sommesso del torrentello che scorreva oltre il confine opposto del campo, e dal coccodè di una gallina della fattoria, invisibile perché situata nell’avvallamento tra due collinette.

Gli altri membri della pattuglia non erano in vista. Il sergente sapeva che non dovevano essere lontani, ma tutti facevano la massima attenzione a non tradire la propria presenza. Erano tutti militari di carriera e conoscevano il loro mestiere. Sapevano muoversi nei boschi come ombre, senza far rumore né spostare rami o arbusti.

Il proprietario della fattoria tra le colline aveva riferito di aver visto qualcosa; cosa, non sapeva spiegarlo, ma gli era bastato un attimo per restare atterrito. Era qualcosa che non aveva mai visto in vita sua. Parlandone, l’uomo rabbrividiva ancora.

La cosa che era rimasta acquattata nel boschetto uscì allo scoperto a una tale velocità da risultare un’ombra indistinta. Poi si fermò con la stessa rapidità con cui si era mossa, nel piccolo spiazzo fra il campo e il boschetto.

Il sergente trattenne il fiato e si sentì stringere lo stomaco, ma ebbe ugualmente la presenza di spirito di brandeggiare la canna del lanciarazzi in modo che l’incrocio del reticolo puntasse sull’enorme pancia del mostro. Stava per premere il grilletto, quando il mostro scomparve. Nel mirino si vedeva soltanto un ciuffo di stoppie al limitare del campo. Il sergente non si mosse, tolse solo il dito dal grilletto. Il mostro era rimasto immobile, su questo poteva giurarci. Era scomparso di punto in bianco, non c’erano altre spiegazioni. Un attimo prima era lì, un attimo dopo non c’era più. Non poteva essersi mosso. Per quanto veloce, quando era uscito dal boschetto, il sergente aveva avuto il tempo di vederlo, anche se indistintamente.

Il sergente Clark alzò la testa e si sollevò sulle ginocchia, passandosi una mano sulla faccia. Quando la ritrasse, si meravigliò di vederla bagnata. Non si era accorto di sudare.

38

Fyodor Morozov era un buon diplomatico e una brava persona — doti non incompatibili fra loro — e avrebbe preferito non svolgere l’incarico che gli avevano affidato. Inoltre, conosceva gli americani e sapeva che non avrebbe funzionato. Naturalmente li avrebbe messi nell’imbarazzo, e avrebbero fatto una brutta figura davanti al resto del mondo, cosa che, in altre circostanze, non gli sarebbe nemmeno dispiaciuto. Ma adesso sapeva bene che né gli americani né altri si trovavano in una situazione che consentisse loro di seguire le regole della diplomazia e proprio per questo era impossibile prevedere la reazione.

Quando fu introdotto dal Presidente, che lo stava aspettando, vide che — come aveva previsto — c’era anche il Segretario di Stato. Il Presidente era tutto sorrisi e gentilezze, mentre Thornton Williams aveva l’aria seria e impacciata, anche se cercava di nasconderlo.

Dopo i convenevoli, si misero seduti e il Presidente disse: — Mi fa sempre piacere vedervi, signor ambasciatore, qualsiasi possa essere il motivo. Ditemi, posso fare qualcosa per voi?

— Il mio governo — rispose Fyodor — mi ha incaricato di conferire col vostro, in modo non ufficiale per quanto possono consentirlo le rispettive posizioni, su una questione di sicurezza che concerne sia noi sia voi, e anche il resto del mondo.

S’interruppe, in attesa delle domande che non vennero, e dopo un silenzio prolungato si decise a proseguile.

— Si tratta — disse — del mostro fuggito nel Congo, e poiché il governo locale non dispone di forze militari o di polizia sufficienti a organizzare una vasta battuta nella giungla, il mio governo ha offerto di inviare un corpo di spedizione, e abbiamo intenzione di sondare Gran Bretagna, Francia e altre nazioni per vedere se sono disposte a inviare anch’esse qualche contingente per la caccia al mostro.

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