Clifford Simak - Fuga dal futuro

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Nel giardino di un fotoreporter, ai piedi di una vecchia quercia, si apre a un tratto, come nelle fiabe, un gran buco nero. Ma le creature che ne escono non sono gnomi o folletti, sono uomini e donne, vecchi e bambini che fuggono dal futuro; o, almeno, così dicono. È un’invasione ordinata e pacifica, che pone però ugualmente problemi gravissimi. Possiamo noi, già sovraffollati come siamo, accogliere e mantenere questi milioni di nuovi venuti che dilagano in ogni parte del mondo? E, d’altra parte, chi avrebbe il coraggio di respingere quelli che sono, in fin dei conti, i nostri discendenti? Finché, a sciogliere i nodi e le esitazioni, interviene l’orrendo nemico da cui i profughi fuggivano e che ora si scatena anche nel nostro tempo.

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— Oh, no. Anch’io ho paura. Tutti sono spaventati.

— Cosa ne sarà di noi?

— Onestamente, non lo so. Ma non stavamo parlando di questo.

— Mostri che scappano e vanno a nascondersi in montagna — continuò lei. — Un sacco di bocche in più da sfamare. La tensione che aumenta…

— Stavamo parlando della tua decisione di tornare nell’Ohio. Non ti ho chiesto se hai davvero intenzione di farlo, perché so che parlavi sul serio. Anzi, probabilmente dovrei invidiarti, perché hai un posto dove poterti rifugiare. Vorrei pregarti di rimanere, ma sarebbe disonesto da parte mia. Disonesto ed egoista. Però mi farebbe molto piacere.

— Sono riuscita miracolosamente a prenotare un posto su un aereo. Comincia a serpeggiare il panico e c’è una gran confusione in giro. Ci si sente così soli, così impotenti.

— Non ti troverai bene nell’Ohio. Te ne accorgerai appena arrivata. Se hai paura qui a Washington, avrai paura anche laggiù.

— Ci vado lo stesso. L’aereo parte stasera alle sei e un quarto.

— C’è niente che possa dire?

— No, Steve, niente altro.

— E allora sarà meglio far entrare la stampa. Ho delle novità.

36

Il senatore Andrew Oakes si sollevò un poco dalle profondità della poltrona nella quale era affondato. — Io non credo che sia prudente richiamare in patria tutti i contingenti militari all’estero, signor Presidente — disse. — Non possiamo lasciare sguarnite le basi. Inoltre, mi sembra che una mossa simile possa far pensare che ci siamo lasciati prendere dal panico. Qualche mostro ha razziato un pollaio nella Virginia, e noi ci affrettiamo a richiamare le truppe. E credo che non avreste dovuto divulgare la storia dei mostri. Scatenerà il panico.

— Senatore — disse il deputato Nelson Able — mi pare che stiate travisando la questione. Non siamo stati convocati qui per decidere se sia meglio o no richiamare le truppe, ma per essere informati della decisione presa in proposito e delle ragioni che l’hanno motivata.

— Io resto dell’idea che al Presidente Henderson non dispiaccia sapere qual è la nostra opinione — dichiarò il vecchio senatore. — Anche se è diversa dalla sua.

— Avete ragione — affermò il Presidente. — Sapete che sono anni che vi ascolto e spesso quello che dite mi affascina. Questo non vuol dire che sia sempre d’accordo con voi, però. Anzi, succede molto di rado.

— Lo so benissimo, ma non per questo evito di esprimere quello che penso — disse Oakes. — E adesso penso che sia una gran stupidaggine richiamare in patria le truppe. Non occorrerà tutto il nostro apparato militare per snidare e sterminare quei piccoli mostri.

— È già stato ripetutamente detto che i mostri non resteranno piccoli a lungo — intervenne il senatore Brian Dixon. — E l’unica maniera sensata per evitare che crescano e si moltiplichino è quella di cercare di ammazzarli tutti prima che diventino adulti.

— Ma come facciamo a esser sicuri che crescono e si moltiplicano tanto in fretta? Abbiamo preso in parola della gente che è scappata a rifugiarsi da noi perché è stata incapace di affrontarli e vincerli. Non avevano un organismo militare, né armi, e questo dimostra che se si abbassa la guardia…

— Un momento, senatore — lo interruppe Able. — Siete liberissimo di fare i vostri discorsi militaristi sulla Collina. Lassù avete un’ottima stampa e siete bravissimo a far colpo sul pubblico. Ma qui è fatica inutile. Noi non ci lasciamo impressionare.

— Signori, stiamo uscendo dal seminato — disse il Presidente. — Con tutto il rispetto per il senatore, le truppe torneranno in patria perché il Segretario alla Difesa e i Capi di Stato Maggiore lo ritengono necessario. Quanto a noi, ne abbiamo già discusso prima, concludendo che non possiamo correre il rischio di prendere le cose alla leggera. Meglio che ci accusino per eccesso di zelo che per difetto. Sarà anche vero che le informazioni forniteci dagli uomini del futuro sono scarse, ma a parer mio sono più che sufficienti. Loro hanno avuto a che fare per vent’anni con i mostri e mi pare che su questo argomento ne sappiano più di noi. Ho parlato coi membri dell’Accademia delle Scienze e mi hanno detto che, se anche strane e insolite, le caratteristiche attribuite ai mostri non sono contrarie alle norme biologiche. Quindi penso che si siano prese le decisioni a ragion veduta. Dato l’incalzare degli eventi, siamo stati costretti ad agire senza la calma e la ponderatezza che ci sono abituali, ma proprio ce ne è mancato il tempo. Oakes non rispose e tornò a sprofondarsi in poltrona.

— Hanno riferito che anche nel Congo è scappato un mostro — disse il deputato Wayne Smith. — Ci sono altre notizie?

— No — rispose il Presidente. — E anche quella dal Congo non è sicura.

— Non ci sono state richieste di aiuto?

— No. Niente di ufficiale, finora.

— E dei tunnel, cosa si sa? Gli ultimi rapporti sono confusi e contraddittori. Sappiamo che qualcuno è stato chiuso, ma non abbiamo un’idea ben chiara di quello che sta succedendo.

— Non credo di saperne più di voi, Wayne — disse il Presidente. — Qui in Virginia il tunnel è stato chiuso, ma questo lo sappiamo ormai tutti. Due altri sono stati chiusi senza il nostro intervento, uno nel Wisconsin e l’altro nel Texas. Suppongo che li abbiano chiusi i guardiani, all’ingresso, perché i mostri stavano avvicinandosi troppo. Oppure si è trattato di qualche guasto. Per il resto, tutti i tunnel degli Stati Uniti sono ancora in funzione.

— Non potrebbe darsi che quei due siano stati chiusi perché non c’era più gente da far passare? Sono molti, d’accordo, ma prima o poi saranno passati tutti.

— Quello del Wisconsin era stato chiuso perché i mostri avevano sferrato un attacco. Ce l’hanno detto gli ultimi che sono riusciti a passare. Ignoro il motivo per cui è stato chiuso quello del Texas. Quanto al resto… sì, spero anch’io che i tunnel verranno presto chiusi tutti perché non c’è più gente da far passare.

— Signor Presidente — domandò il senatore Dixon — cosa ne sappiamo dei tunnel? Cioè, come si costruiscono, di cosa sono fatti?

— Posso dirvi quel poco che so. I nostri tecnici e i nostri fisici si sono già messi al lavoro sotto la guida degli scienziati del futuro. I profughi hanno scelto i luoghi dove andranno installati i tunnel. Non esiste più l’urgenza di costruirli che li ha spinti a venire qui. Sotto la minaccia dei mostri, nel futuro si sono affrettati a costruirne moltissimi per far sfollare al più presto la maggior parte della popolazione. Adesso ne basteranno meno. Per esempio, non credo che sarà necessario costruirne nei Paesi più piccoli. Si potrà provvedere a trasportare i profughi sul posto. Il vero problema è riuscire a costruire i tunnel e a far partire tutto il popolo del futuro prima che le nostre scorte si esauriscano.

— La costruzione dei tunnel, dunque, non è superiore alle nostre capacità? Bastano tempo, denaro e manodopera?

— Esatto, Brian. La manodopera non costituisce un problema. I profughi stessi potranno fornirne in abbondanza, e ho proprio parlato poco fa con Terry Roberts il quale ha detto che i nostri sindacati non faranno obiezioni se verranno impiegati anche i profughi nella costruzione dei tunnel. Il denaro, invece, costituisce un grosso problema. Anche se l’industria sarà disposta a collaborare per non essere da meno dei sindacati, occorrerà costruire nuove e costose attrezzature per poter fabbricare le componenti dei tunnel. La creazione di nuove attrezzature è sempre un procedimento lungo e costoso. Il fatto che dobbiamo accelerarlo al massimo lo renderà ancora più costoso. E poi costeranno molto anche le componenti dei tunnel. Non dimentichiamo che non saremo i soli a dover affrontare questi problemi, ma vi parteciperà tutto il mondo, o almeno le nazioni maggiormente industrializzate. Noi, Germania, Russia, Francia, Gran Bretagna, Cina, Giappone, e alcune altre costruiremo le componenti da distribuire in tutto il mondo. Anche se non sarà necessario costruire tanti tunnel quanti ne sono stati costruiti per portare il popolo del futuro fra noi, bisognerà distribuirli equamente su tutta la superficie del mondo, perché i profughi possano agevolmente andare nel Miocene. Anche se la popolazione del futuro è numericamente inferiore a quella attuale, è tuttavia abbastanza numerosa e sarebbe assurdo concentrarla tutta in poche località. Di qui la necessità di un certo numero di tunnel sparsi su tutto il mondo. Le spese, poi, non si limiteranno alla fabbricazione dei tunnel. Bisognerà rifornire i profughi di materiali, attrezzi, generi di prima necessità, medicinali, bestiame, sementi, insomma, quanto potrà essere loro necessario per ricominciare da capo. E, per farlo, occorre disporre di attrezzature industriali adeguate.

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