— Non possiamo tornare indietro — diceva intanto Enid. — Per ora non possiamo ancora ritornare. Dobbiamo andare avanti e cercare Muso di Cavallo. Lui ci aiuterà a trovare la linea.
Si rimise in cammino, e Boone la seguì. Adesso aveva l'impressione di procedere in salita, e la cosa era del tutto folle. Nella galassia non c'erano salite. Aveva attorno alle caviglie riccioli di polvere cosmica e le stelle gli sembravano molto più fitte e più rossicce di quelle che aveva visto prima.
Non c'era dubbio, procedevano lungo una salita molto ripida. Infine, a fatica, raggiunsero il punto più alto. E lassù scorsero Muso di Cavallo. Era fermo, e guardava davanti a sé.
Anch'essi si fermarono a osservare con lui l'oscurità turbinosa circondata da lampeggianti scintille di luce.
— Un vortice! — esclamò Enid. — Ruota su se stesso.
— È il centro della galassia — spiegò Muso di Cavallo. — È il centro di tutto. Un immenso buco nero che si divora la galassia. Ed è la fine di tutto.
Soffiava un vento freddo, anche se non si capiva come potesse soffiare. Portava con sé il brivido raggelante del vuoto, il bacio gelido della morte. Forse, pensò Boone, era il gelo nero del tempo, che sconfitto fuggiva dalla disintegrazione che divorava il centro della galassia.
— La fine di tutto, avete detto — obiettò Enid. — Non può essere la fine di tutto. Forse è la fine di questa galassia. Ma ci sono altre galassie. Le galassie sono infinite.
— Forse c'è qualcuno che sa queste cose — disse Muso di Cavallo. — Ma io non rientro nel loro numero. E neppure gli altri del mio popolo.
— E quelli che hanno fabbricato questa rappresentazione? Coloro che hanno preparato la carta stellare?
— Può darsi — le disse Muso di Cavallo. — Ma può anche darsi di no. Forse la verità potrebbe disseccare l'anima. O forse la risposta non esiste.
— Allora, tutto questo può andarsene al diavolo — disse Boone. — Io ritorno indietro.
— Non possiamo tornare indietro — gli rammentò Enid. — Non troviamo più la linea. La sottile linea bianca.
Muso di Cavallo mormorò sorpreso: — La linea? L'abbiamo perduta? Me n'ero totalmente dimenticato.
— Anche noi.
— Non è un problema grave — disse Boone. — La carta in cui ci troviamo, anche se si è molto dilatata, non può avere diametro superiore a qualche chilometro. Quando eravamo sulla Strada, mi era parso che fosse larga un centinaio di metri. Camminando in linea retta in una direzione qualsiasi, presto dovremmo essere fuori.
Muso di Cavallo gli spiegò: — Qui non ci sono linee rette. Ci sono solo linee intrecciate su se stesse, che sono un inganno dei sensi.
— Ma voi avete raggiunto il centro — disse Boone. — Siete corso avanti, e avete puntato direttamente verso questo punto. Siete arrivato dove volevate. Non c'è stata nessuna linea intrecciata.
— Vero — disse Muso di Cavallo. — Mi sono diretto verso il centro. Ho sentito delle leggende. Il centro è un punto molto interessante, e ci sono arrivato con il mio intuito. Molto tempo fa avevo sentito parlare della distesa di nulla…
— È una cosa nota — gli disse Boone. — Già gli astronomi della mia epoca conoscevano il centro della galassia. Sapevano che al centro di molte galassie c'è una grande turbolenza, e alcuni pensavano che ci fosse un buco nero.
— Tutta questa disquisizione non serve a niente: — disse Enid. — Adesso, il problema è trovare la linea bianca.
— Non c'è bisogno della linea bianca — disse Boone. — Possiamo uscire anche senza trovarla. Basta camminare in linea reta per trovare il bordo.
— Non mi avete ascoltato — disse Muso di Cavallo. — Vi ho detto che una linea retta, come quelle che voi conoscete, non esiste qui. Tutto è intrecciato e contorto. È un labirinto di grande complessità.
— Volete dire che non possiamo uscire?
— No, questo no. Basta girare qui dentro per un po' di tempo, e alla fine ci si trova fuori. Ma non è facile.
Quante sciocchezze, si disse Boone. Il problema, nonostante quei discorsi sulla grande complicazione, era abbastanza semplice. Eppure, quando si guardò attorno, capì cosa volesse dire Muso di Cavallo. C'erano troppi punti di riferimento: non una singola stella, una singola nube di polvere cosmica, una singola macchia d'oscurità, che lui riuscisse a ricordare. Ce n'erano troppe, e parevano tutte uguali. E ogni cosa sembrava leggermente diversa da quando l'aveva guardata l'ultima volta.
Come se avesse letto nei suoi pensieri, Enid disse:
— Certo ci sarà qualche punto di riferimento che ricorderete.
— Sì — disse Boone. — C'era una stella che era contrassegnata con una X.
— Una X?
— Sì, una X. Come se qualcuno l'avesse scritta sulla stella per contrassegnarla. Era una stella normalissima. Una stella della sequenza principale delle luminosità stellari. Gialla. Probabilmente tipo G, come il nostro sole.
— Non me l'avete detto.
— Me ne sono dimenticato quando mi avete detto che avevate perso di vista la linea bianca.
— E voi — domandò Muso di Cavallo, rivolto a Enid — avete visto una stella con una X?
— No — disse lei. — Non l'ho vista. E poi, che idea, scrivere una X su una stella!
Muso di Cavallo si rivolse a Boone: — Non ricordate altro?
— No — disse Boone.
— Semplice allora — disse Muso di Cavallo. — Io sono rimasto sempre fermo in questo punto, senza muovermi, dal momento del mio arrivo. Quindi abbiamo un punto di riferimento. Quando mi avete visto, avevo la schiena girata verso di voi?
— Sì — disse Enid.
— Allora è facile — disse Muso di Cavallo. — Mi girerò di 180 gradi e procederemo in quella direzione.
Boone alzò le spalle. Gli sembrava una cosa troppo semplice. Non prendeva in considerazione altri fattori. Ma non aveva altre vie da suggerire.
— Si può fare la prova — disse.
Tutt'e tre si voltarono e s'incamminarono nella direzione opposta a quella da cui erano venuti. Era facile andare avanti. Non c'era da vincere nessuna corrente. Boone continuava a non sentire nessuna superficie solida sotto i piedi, e udiva ancora il canto delle stelle, ma non vi prestò attenzione.
Raggiunsero la zona “piana”, dopo quella “in discesa”, e Boone proseguì. Aveva fretta di uscire da quel labirinto delle illusioni.
— La linea! — esclamò all'improvviso Enid, dietro di lui. — Vedo di nuovo la linea!
Boone si voltò indietro e vide i due compagni, fermi in mezzo alle stelle, che fissavano la linea. Adesso la vedeva anche lui. Lui era da una parte della linea, e i compagni erano dall'altra: evidentemente, lui l'aveva attraversata senza accorgersi della sua presenza.
Ritornò indietro, e si affiancò ai compagni. Tutt'e tre fissarono la linea, in silenzio.
— Adesso — disse Enid — possiamo basarci sulla linea per ritornare al punto di partenza. Siamo stati fortunati.
— Niente da stupirsi — disse Boone. — Camminavamo in linea retta.
Muso di Cavallo sbuffò. — Sempre la linea retta. Vi ho detto e ripetuto che la linea retta…
Boone non ascoltò la sua filippica. Guardando in “avanti” scorse nuovamente la nova o supernova che lui ed Enid avevano visto all'andata. Nei pressi c'era una certa stella gialla.
Si diresse verso la supernova, per indicare ai compagni l'altra stella.
— Dove andate? — gli chiese Enid.
— Venite — disse, senza voltarsi, per non perdere d'occhio la piccola stella. — Vedrete la stella con la X.
Si sentì un po' sciocco, perché non era certo che fosse proprio quella stella. C'era un mucchio di stelle gialle. Se ne vedevano dappertutto.
Ma poi non si preoccupò più. Scorse la X segnata accanto alla stella.
— Dev'essere una stella importante — ammise Muso di Cavallo, fermandosi accanto a lui. — Altrimenti, perché mettere il segno?
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