Arthur Clarke - Culla

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Un missile top secret che svanisce in volo. Un tridente d’oro che cambia sorprendentemente forma. Una caverna subacquea custodita da balene... Qualcosa si nasconde nel fondo marino al largo di Key West, un mistero in parte umano ma nello stesso tempo terribilmente alieno. Il suo potere è immenso e terrificante e potrebbe distruggere ogni forma di vita sulla Terra. Ma qualcuno ha deciso di scoprire il terribile segreto. E da quel momento non esiste più alcuna certezza, nessun luogo sicuro in cui nascondersi, nessuna alleanza su cui poter contare. Intorno a una giornalista bella e ambiziosa, disposta a correre qualsiasi rischio pur di arrivare alla verità, si stringe la rete di una cospirazione implacabile: spie militari, killer spietati, ma soprattutto una forza estranea e sconosciuta, le cui mosse nessuna mente umana potrebbe comprendere e prevedere... L’inesauribile immaginazione di Arthur C. Clarke spazia in questo nuovo romanzo dagli enigmi irrisolti del passato alle soglie indecifrabili del futuro, dagli infiniti oceani di stelle all’imperscrutabile fondo del mare. In un appassionante viaggio ai confini della realtà, Culla esplora i percorsi dell’avventura e dell’ignoto.

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Greta lo fissò un momento con quei suoi occhi cristallini. Non portava trucco, sicché, rughe a parte, sembrava una bambina. «Sempre così infuriato, Nick? Dopo tanti anni?» Gli venne vicino, sorridendogli con aria d’intesa. «Ricordo una sera di quasi cinque anni fa in cui non lo eri poi tanto» disse scherzosa. «Una sera in cui sei stato felice di vedermi. Mi hai chiesto se potevi avermi per una notte, senza impegno per nessuno dei due, e io ho detto di sì. E sei stato uno schianto.»

Per un istante, Nick rivide la notte piovosa in cui l’aveva fermata mentre stava lasciando il porto. Una notte in cui aveva provato il bisogno disperato di avere un contatto umano qualsiasi. «Quello è stato il giorno dopo il funerale di mio padre,» disse bruscamente «e comunque non significava un cazzo.» Stornò lo sguardo per sottrarsi a quello penetrante di lei.

«Io ho avuto un’impressione diversa» continuò Greta, nel medesimo tono scherzoso ma privo di qualunque altro sentimento. «Ti ho sentito dentro di me, ho provato il gusto dei tuoi baci, sicché adesso non mi puoi dire che…»

«Senti, si può sapere cosa vuoi?» la interruppe, irritatissimo, Nick. «Non ho nessuna intenzione di stare qui tutta la mattina a discutere con te di una stupida notte di cinque anni fa. So che sei qui per una ragione: me la vuoi dire sì o no?»

Greta arretrò di un passo, irrigidendosi. «Sei un uomo molto difficile, Nick. Potrebbe essere così divertente lavorare insieme, se non fossi un tale… come dite voi… rompiballe.» Tacque per un momento. «Sono qui per Homer. Ha una proposta da farti. Vuol vedere quello che hai trovato ieri e magari discutere di una collaborazione.»

«Avevo capito giusto, allora?» sogghignò trionfalmente Nick. «Sei stata mandata apposta, e ora quel bastardo vuol discutere di una collaborazione. Ah no, cara mia, col cazzo che mi avrete! M’avete fregato una volta, e ne cresce. Di’ al tuo capo, o amante, o quel che è, che la sua proposta può ficcarsela nel culo! E ora, se vuoi scusarmi…»

Le girò intorno per aprire la sua macchina, ma la forte mano di lei gli bloccò l’avambraccio. «Stai commettendo un errore, Nick,» disse, trapanandolo con lo sguardo «un errore madornale. Non puoi permetterti di far da solo. Quello che hai trovato è probabilmente senza valore, ma, se lo avesse, perché non lasciare che sia lui a metterci i soldi?» Gli occhi da camaleonte mutarono nuovamente d’espressione. «E sarebbe tanto divertente tornare a lavorare insieme…»

Nick salì in macchina e avviò il motore. «Niente da fare, Greta: perdi il tuo tempo, e io devo andare.» Uscì dal parcheggio a marcia indietro, e infilò la strada. Il tesoro era tornato in cima ai suoi pensieri. Momentaneamente depresso da ciò che Amanda gli aveva detto del tridente, avvertiva ora un senso di potenza, perché se Homer voleva vedere l’oggetto… Però, com’è che ne è già al corrente? , si domandò. Chi è stato a parlare? O siamo stati visti da qualcuno?

5

Quando il capitano Winters tornò in ufficio, dopo una riunione di lavoro con la sezione pubbliche relazioni, trova la sua segretaria Dora scopertamente intenta alla lettura del giornale di Key West. «Ehm,» fece lei per attirarne l’attenzione «il Vernon Winters che stasera recita alla Key West Playhouse nella Notte dell’iguana , è forse qualcuno che conosco? O ce ne sono due nella stessa città?»

Winters rise. Dora gli era simpatica. Quasi sessantenne, nera, oltre dodici volte nonna, era una delle poche segretarie della base che andasse veramente orgogliosa del proprio lavoro, e trattava tutti, lui compreso, come figli suoi. «Perché non me l’ha detto?» esclamò, fingendosi offesa. «E se mi scappava, eh? L’anno scorso le avevo pur detto che doveva farci sapere quando recitava, no?»

Lui le batté affettuosamente sulla mano. «Volevo, Dora, ma mi è sfuggito di mente. Le mie attività teatrali, lo sa anche lei, non rientrano precisamente fra quelle predilette dalla Marina, sicché non vado in giro a battere la grancassa. Ma, tra un paio di settimane, le farò avere dei biglietti per lei e suo marito.» Guardò la pila di messaggi sulla scrivania. «Tutta ’sta roba, in poco più di due ore che sono stato via? Altro che pioggia: qui vien giù a rovesci!»

«Ce ne sono due che dovrebbero essere urgenti» disse Dora, guardando l’orologio. «Una certa signorina Dawson del Miami Herald chiamerà fra cinque minuti circa, e quel tenente Todd non ha smesso di chiamare per tutta la mattina. Dice che la deve assolutamente vedere prima di pranzo, altrimenti non può prepararsi come si deve per la riunione di questo pomeriggio. A quanto pare, ha lasciato un lungo messaggio sul videotel, rubrica Segretissimo, e ce l’ha con me perché non ho voluto interrompere la sua riunione per comunicarglielo. È davvero così importante?»

Il capitano Winters si strinse nelle spalle e aprì la porta dell’ufficio. Todd… Chissà che vuole , pensò. Certo, forse era meglio che controllassi il videotel prima di correre dal capo. «I messaggi, li ha inseriti tutti nell’elaboratore?» chiese prima di richiuderla. Dora assentì. «Bene: allora parlerò con la signorina Dawson, quando chiamerà, e dica a Todd che lo vedrò fra un quarto d’ora.» Sedette alla scrivania e accese l’elaboratore. Attivata la voce Posta, vide che c’erano tre messaggi nuovi, uno dei quali sotto la rubrica SEGRETISSIMO. Identificatosi, batté il codice segretissimo e cominciò a leggere il messaggio del tenente Todd.

Squillò il telefono. Dopo qualche secondo, Dora gli comunicò che era la signorina Dawson. Prima di cominciare, lui concordò che il colloquio avvenisse per video e potesse essere registrato. Carol — che lui riconobbe all’istante dalle sue occasionali apparizioni televisive —, dopo avergli detto di parlare dal salone telecomunicazioni dell’aeroporto internazionale di Miami, non si perse in preamboli.

«Comandante Winters, secondo notizie ufficiose in nostro possesso, la Marina sarebbe impegnata nella ricerca di qualcosa d’importante, e di segreto, nel Golfo del Messico, tra Key West e le Everglades. Queste notizie sono state smentite dai vostri addetti stampa e da un certo tenente Todd, che ci hanno rinviato per ogni informazione a lei. Sempre secondo la nostra fonte — che da nostra successiva verifica si è rivelata veritiera in ambo i casi —, circola oggi nel Golfo un gran numero di navi tecnologiche, e c’è da parte vostra il tentativo di ottenere il noleggio, da parte dell’Istituto Oceanografico di Miami, di sofisticati telescopi oceanici. Mi sa dire qualcosa in merito?»

«Ma sicuro, signorina Dawson» rispose, sfoggiando il suo miglior sorriso d’attore, Winters, che s’era preparato con cura la risposta nella riunione del mattino con l’ammiraglio. «È davvero sbalorditivo come corrano le voci, soprattutto quando c’è chi sospetta la Marina di atti nefandi.» Un risolino ironico, poi: «L’attività di cui lei parla consiste semplicemente in preparativi per manovre ordinarie da tenersi la prossima settimana. Alcuni marinai delle navi tecnologiche hanno bisogno di un po’ di pratica per rinfrescare le nozioni arrugginite. Quanto ai telescopi dell’IOM, intendevamo usarli appunto durante le manovre per provarne la capacità in materia di valutazione delle minacce sottomarine». Guardando dritto alla telecamera, concluse quindi: «Ecco tutto, signorina Dawson: come vede, non c’è proprio nulla di speciale».

Carol lo osservò sul monitor dell’aeroporto. S’era aspettata un tipo tutto autorità sussiegosa, e invece vedeva un uomo dall’espressione dolce, che appariva in possesso di una sensibilità del tutto inconsueta in un ufficiale di carriera. D’un tratto, le venne un’idea, e si avvicinò alla telecamera. «Comandante Winters,» disse in tono affabile «mi consenta di farle una domanda ipotetica. Se la Marina stesse sperimentando un nuovo tipo di missile e uno di tali missili si perdesse in volo, andando magari a minacciare centri abitati, non sarebbe probabile che essa, giustificandosi con le esigenze della sicurezza nazionale, negasse un evento del genere?»

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