L’immagine seguente fu un primo piano infrarosso del fondale oceanico, in un punto immediatamente al di sopra della trincea seguita a rovescio da Carol nella sua ricerca dell’origine dei solchi. In esso, le familiari linee parallele si scorgevano a malapena, e la fessura era quasi all’estrema sinistra. Ad ambo i lati della trincea, un blu qua e là sparso di verde demarcava le due scogliere. Carol rivolse a Dale uno sguardo interrogativo.
«Questo primo piano ha la medesima granularità — cinque gradi — dell’immagine grande di riferimento, e non presenta nulla di notevole.» Altra immagine. «Lo stesso vale per questo, dove abbiamo portato ancora una volta a dieci il numero dei colori. Ma guarda un po’ questa, invece.» Sullo schermo apparve un’ennesima immagine, assai difficile da seguire e tanto più da interpretare. Le regioni erano collegate qua e là, secondo uno schema apparentemente casuale, da non meno di venti colori diversi, e l’unica cosa regolare erano le scogliere di fondo, su cui vivevano il corallo e altra flora e fauna marine. Ed erano proprio le scogliere di fondo a metter Dale in tanta agitazione.
«Questo è quello che volevo farti vedere» disse, indicando a gesti le scogliere ai due lati della trincea. «Le scogliere hanno ciascuna un colore diverso. Per qualche ignota e inspiegabilissima ragione, ogni area rocciosa di fondo di questa scogliera è verde-pallido, mentre quella della dirimpettaia oltre la trincea, a pochi metri di distanza, è gialla. Una differenza di un grado. Ora, se qualche sezione gialla fosse sparsa di verde-pallido e viceversa, direi che siamo in presenza di dati privi di significato, di pure e semplici impronte di rumore. Ma il verde-pallido da una parte, e il giallo dall’altra, dicono che non è così.»
Carol non riusciva ad afferrare. Vedeva sì che le rocce di una scogliera erano verde-pallido e quelle della dirimpettaia gialle, ma non capiva che significato ciò potesse avere. Scosse la testa: aveva bisogno di altre spiegazioni.
«Ma non capisci?» concluse teatralmente Dale. «Se il dato è giusto, abbiamo trovato una cosa importantissima: o una di queste scogliere contiene una fonte che ne rende la superficie uniformemente più calda, o — e ammetto che suona davvero incredibile — una delle due non è una scogliera, bensì qualcosa di camuffato per tale!»
Trovare un parcheggio nel pieno di un giorno feriale vicino alla casa di Amanda Winchester a Key West, era quasi sempre impossibile. La Hemingway Marina aveva sì rivitalizzato il quartiere vecchio in cui Amanda abitava, ma, come al solito, nessuno aveva pensato a spazi di parcheggio in proporzione. Tutte le residenze ottocentesche, ridipinte e ristrutturate, delle vie Eaton e Caroline esibivano cartelli del tipo: NON RESIDENTI, È SEVERAMENTE VIETATO PARCHEGGIARE QUI!, ma invano. La gente che lavorava nei negozi del porto turistico parcheggiava dove le faceva comodo, anche perché il parcheggio del porto costava un occhio.
Dopo un quarto d’ora di vane ricerche, Nick Williams decise di lasciare la macchina davanti a un negozio di scatolami e di farsi a piedi l’isolato che lo separava dalla casa di Amanda. Provava una strana ansia: un po’ era nervoso per l’agitazione, un po’ avvertiva un certo senso di colpa. Amanda era stata la finanziatrice maggiore della spedizione originaria della Santa Rosa , e lui ci aveva passato un bel po’ di tempo insieme dopo il ritrovamento del tesoro. Lei, lui e Jake Lewis s’erano convinti che Homer Ashford e il suo ménage-à-trois fossero riusciti a nasconderne parte e, quindi, a frodarli della giusta quota loro spettante. Amanda e lui si erano dati da fare per trovare prove del furto di Homer, ma, di concrete e incontrovertibili, non ne erano emerse.
All’epoca della collaborazione, i loro rapporti si erano stretti: si vedevano in pratica tutte le settimane, e, per un po’, Nick aveva considerato Amanda una specie di zia o di nonna. Dopo circa un anno, però, aveva smesso di andarla a trovare. All’epoca, lui non se n’era reso conto, ma il vero motivo per il quale aveva preso ad evitarla era che Amanda era troppo emotiva per lui. E troppo personale, anche, con quel suo vezzo di voler sempre sapere come gli andasse la vita.
Quel mattino, comunque, non aveva altra scelta. Amanda era generalmente riconosciuta come l’esperta dei tesori da naufragio delle Key. La sua vita aveva due poli, i tesori e il teatro, e la sua conoscenza degli uni e dell’altro era enciclopedica. Nick non aveva telefonato per avvertirla, perché intendeva discutere del tridente solo se lei avesse gradito vederlo. Fu quindi con una certa trepidazione che suonò il campanello della veranda della sua magnifica casa.
La porta si aprì di una fessura su una giovane donna poco più che ventenne. «Sì?» disse la donna, il viso dall’espressione diffidente incuneato nella fessura.
«Mi chiamo Nick Williams e vorrei vedere la signora Winchester, se è possibile. È in casa?» Una pausa. «Sono un suo vecchio…»
«Mia nonna è molto occupata stamattina» lo interruppe seccamente la ragazza. «Sarà meglio che telefoni per un appuntamento» e fece per richiudere, e piantarlo sulla veranda con la sua sacca sportiva, quando si udì una seconda voce. Un breve mormorio, e la porta si spalancò.
«Oh, santo cielo,» disse Amanda, tendendo le braccia «un giovin signore mi onora di una visita! Qua, Nick, vieni a darmi un bacio.» Con un certo imbarazzo, Nick si fece avanti e abbracciò meccanicamente l’anziana donna.
Poi, scioltosi, cominciò a scusarsi: «Scusa se non mi sono fatto più vedere. Volevo, ma gli impegni…».
«Ma sì, ma sì, Nick, capisco» lo interruppe amabilmente Amanda, gli occhi tanto vispi da smentire la sua età. «Entra, e raccontami un po’ cos’hai fatto di bello in tutto questo tempo. Dio mio, sono già passati due anni da quando abbiamo bevuto insieme quel cognac, dopo il Tram ?» Lo guidò in uno studio-soggiorno e lo fece accomodare accanto a sé sul divano. «Sai, Nikki, allora ho pensato che le tue osservazioni sull’attrice che impersonava Blanche DuBois fossero le più acute che avessi ascoltato in tutto il ciclo di recite. Avevi ragione su di lei: Bianche, lei la poteva impersonare solo come alienata, perché non aveva il minimo concetto di appetito sessuale femminile.»
Nick si guardò intorno. La stanza era a stento cambiata negli otto anni trascorsi dalla sua ultima visita. Soffitto altissimo, di almeno quattro metri e mezzo; pareti rivestite di librerie, dalle scaffalature piene di libri dal pavimento al soffitto. Di fronte alla porta, in posizione dominante, un enorme quadro di Amanda e del marito davanti alla loro casa di Capo Cod. Sullo sfondo, vagamente visibile, una Ford 1955 nuova. Amanda appariva di una bellezza radiosa: i trenta passati da poco, un vestito bianco da sera audacemente bordato di rosso ai polsi e al collo. Il marito era in smoking nero: quasi completamente calvo, una corona di corti capelli biondi ingrigiti alle tempie, occhi dolci e affettuosi.
Amanda chiese se volesse un tè, e Nick disse di sì. Quando la nipote Jennifer si fu allontanata, Amanda si girò a prendergli le mani fra le sue. «Sono contenta che tu sia venuto, Nikki: mi mancavi tanto… Ogni tanto sento parlare qua e là di te e della tua barca, ma spesso le notizie di seconda mano sono del tutto inesatte. Be’, che hai fatto in tutto questo tempo? Letture, sempre letture? E un’amica, ce l’hai?»
Nick rise. Amanda era sempre la stessa: le chiacchiere non facevano per lei. «No, non ce l’ho» rispose. «È la solita storia: le intelligenti si rivelano arroganti o emotivamente fatue, o tutt’e due le cose insieme; le sensibili e affettuose non hanno mai letto un libro.» Per qualche ragione, gli balenò in mente Carol Dawson, e così disse quasi, senza riflettere: «Salvo una, magari » ma si trattenne. «Quello che mi ci vorrebbe è una come te» disse invece.
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