Arthur Clarke - Culla

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Un missile top secret che svanisce in volo. Un tridente d’oro che cambia sorprendentemente forma. Una caverna subacquea custodita da balene... Qualcosa si nasconde nel fondo marino al largo di Key West, un mistero in parte umano ma nello stesso tempo terribilmente alieno. Il suo potere è immenso e terrificante e potrebbe distruggere ogni forma di vita sulla Terra. Ma qualcuno ha deciso di scoprire il terribile segreto. E da quel momento non esiste più alcuna certezza, nessun luogo sicuro in cui nascondersi, nessuna alleanza su cui poter contare. Intorno a una giornalista bella e ambiziosa, disposta a correre qualsiasi rischio pur di arrivare alla verità, si stringe la rete di una cospirazione implacabile: spie militari, killer spietati, ma soprattutto una forza estranea e sconosciuta, le cui mosse nessuna mente umana potrebbe comprendere e prevedere... L’inesauribile immaginazione di Arthur C. Clarke spazia in questo nuovo romanzo dagli enigmi irrisolti del passato alle soglie indecifrabili del futuro, dagli infiniti oceani di stelle all’imperscrutabile fondo del mare. In un appassionante viaggio ai confini della realtà, Culla esplora i percorsi dell’avventura e dell’ignoto.

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«No, Nikki,» fece, improvvisamente seria, Amanda, incrociando le mani in grembo e restando qualche istante a guardare nel vuoto. «No, nemmeno io sono abbastanza perfetta per te» riprese dolcemente, tornando a guardarlo, la voce sempre più infervorata. «Ricordo bene tutte le tue fantasticherie di giovani dee leggiadre, dove mescolavi le parti migliori di tutte le donne dei tuoi romanzi prediletti ai tuoi sogni di adolescente. Mi è sempre parso che mettessi le donne su un piedestallo: o regine, o principesse. Ma poi, nelle ragazze con cui uscivi, cercavi le debolezze, i segni dell’ordinario, gl’indizi del comune, quasi sperassi di trovarle imperfette, di scoprirne dei punti deboli che giustificassero la tua mancanza d’interesse.»

Arrivò Jennifer con il tè. Nick si sentiva a disagio. Aveva dimenticato che cosa significasse conversare con Amanda, e, ora, quel suo scandagliare nei sentimenti e quelle sue osservazioni non richieste lo irritavano parecchio. Che diamine, mica era venuto per vederla analizzare il suo atteggiamento verso le donne! Cambiò argomento.

«Parlando di tesori,» disse, chinandosi a raccogliere la sacca «ieri ho trovato qualcosa di molto interessante mentre ero fuori per un’immersione, e ho pensato che magari tu, di casi del genere, ne avessi già visti.» Estratto il tridente, glielo porse, e lei, impreparata al peso, quasi lo lasciò cadere.

«Santo cielo!» esclamò Amanda, sollevandolo ad altezza d’occhio, il magro braccio tremante per lo sforzo. «Ma di cosa può essere fatto? È troppo pesante per essere d’oro!»

Nick si chinò a riprenderlo, e glielo resse mentre lei passava le dita sulla levigatissima superficie. «Io, cose così, non ne ho viste mai, Nikki. Inutile tirar fuori libri e fotografie per confronti: la levigatezza della finitura non ha niente a che vedere con le tecniche di lavorazione europee del periodo dei galeoni o di quello seguente. Perciò, dev’essere per forza moderno, ma non sono in grado di dirti altro. E dove mai l’hai pescato?»

Lui le raccontò solo a grandi linee la vicenda, attento come sempre a non lasciarsi sfuggire informazioni chiave — questo, non solo per via del patto con Carol e Troy, ma perché, da buon cercatore di tesori, non si fidava mai veramente di nessuno. Disse, comunque, di ritenere che forse qualcuno aveva nascosto il pezzo, insieme con altri, in vista di un recupero successivo, perché, così, trovavano spiegazione plausibile i solchi presenti sul fondale.

«A me, questo tuo scenario sembra molto inverosimile,» obiettò Amanda «anche se ammetto di essere sorpresa e di non avere spiegazioni migliori. Forse la signorina Dawson ha delle fonti in grado di gettar luce sull’origine di questo coso. Di certo, posso dirti che è quasi impossibile che io mi sbagli: ho visto direttamente, o in foto ingrandite, tutti i pezzi da tesori recuperati nelle Key durante il secolo scorso (se me ne mostrassi uno oggi, te ne potrei probabilmente dire il paese europeo di fabbricazione e il decennio), e, se questo oggetto proviene da una nave affondata, la nave deve essere una nave moderna, quasi sicuramente di dopo la seconda guerra mondiale. Altro aiuto non posso darti.»

Nick ripose il tridente nella sacca e si accinse a congedarsi. «Ancora un minuto, Nikki» disse Amanda quando lo vide alzarsi. «Vieni un po’ qui» continuò, prendendolo per il braccio e guidandolo davanti al quadro. «Walter ti sarebbe stato simpatico, Nikki. Era un sognatore come te, e amava andare in cerca di tesori. Ogni anno passavamo una settimana o due nei Caraibi su uno yacht — apparentemente, per cercare tesori, ma, in genere, solo per condividere l’uno i sogni dell’altra. Ogni tanto, sul fondale, trovavamo oggetti che non capivamo, e così inventavamo congetture fantasiose per spiegarli. Quasi sempre, la spiegazione era assai più banale, e inferiore alle nostre fantasie.»

Nick le stava accanto con la sacca nella destra. Lei si girò verso di lui e, posandogli dolcemente la mano sull’avambraccio sinistro, continuò: «Ma non importava, come non importava che la stragrande maggioranza delle volte tornassimo a mani vuote. Perché il tesoro vero lo trovavamo sempre, ed era il nostro reciproco amore. Ogni volta, così, tornavamo a casa rinnovati, sorridenti, grati che la vita ci avesse concesso di condividere un’altra settimana o dieci giorni in cui immaginare, fantasticare, cercar tesori — insieme».

I suoi occhi esprimevano dolcezza e amore, la sua voce bassa traboccava di passione. «Io non so quando o se tornerai, Nikki, ma c’è qualcosa che desideravo dirti da tempo. Considerala uno sproloquio da vecchia sputasentenze, se vuoi, ma può darsi che questa sia la mia ultima occasione per dirtela. Tu hai tutte le doti che amavo in Walter: intelligenza, fantasia, sensibilità. Ma c’è qualcosa che non va. Sei solo. E per tua scelta. I tesori che sogni, il tuo gusto della vita — sono cose che non dividi con nessuno. E questo, per me, è molto triste.» Tacque per un secondo, lo sguardo di nuovo rivolto al quadro. Poi completò la riflessione come parlando a se stessa. «Perché, quando avrai settant’anni e ti domanderai il significato della tua vita, non saranno le attività solitarie che ricorderai, ma gli episodi di contatto, le volte in cui la tua vita è stata arricchita dall’aver condiviso qualcosa con un amico o una persona cara. È infatti la consapevolezza reciproca di questo miracolo chiamato vita quella che ci permette di accettare la nostra mortalità.»

Nick era andato da Amanda impreparato a un incontro emotivo. Aveva pensato di fermarsi per una breve visita, di chiederle del tridente, e di congedarsi subito dopo. Ora si rendeva conto di averla trattata con estrema insensibilità in tutti quegli anni. Lei gli aveva offerto un’amicizia sincera, e lui l’aveva rifiutata con sprezzo, levandosela dalla vita quando la sua collaborazione aveva cessato di servirgli. Il pensiero di quanto fosse stato egoista gli diede un sussulto.

Discendendo a passo lento la strada, lo sguardo vagante qua e là ad ammirare la grazia delle vecchie case di oltre un secolo prima tirò un sospiro. Troppe emozioni, per un mattino! Prima Monique, poi Amanda. E, a quanto pare, non sarà il tridente a risolvere tutti i miei problemi. Curioso, come le cose vengano sempre a mazzi…

Forse… sì, forse Amanda aveva detto delle gran verità , si sorprese a riflettere. Da un po’ di tempo si sentiva solo, in effetti. E chissà che tale sensazione di solitudine non facesse appunto tutt’uno con la crescente consapevolezza della mortalità, col tramonto di quella fase della vita che Thomas Wolfe aveva così ben delineato col suo “Giovani eravamo infatti, e sapevamo che, morire, non avremmo potuto mai”… Arrivò alla fine del marciapiede con una sensazione di grande stanchezza addosso, e s’infilò nel parcheggio del negozio.

La vide prima che lei vedesse lui. Era in piedi accanto al volante della sua macchina nuova fiammante, un coupé Mercedes rosso; aveva un sacchetto marrone da spesa a un braccio e guardava l’interno dell’auto accanto — la sua Pontiac 1990. Sentì l’adrenalina montargli nel sangue, sotto l’effetto della collera e del sospetto. Lei si accorse di lui quando cominciò a parlare: «Ma guarda che sorpresa: Greta! Immagino sia un caso che ci troviamo in questo quartiere tutt’e due nello stesso momento…».

« Ja , Nick, mi pareva che fosse proprio la tua macchina. Come stai?» Posò il sacchetto sul cofano della Mercedes e gli si fece incontro con fare amichevole, come se non avesse colto il sarcasmo o avesse deciso di passarci sopra. Indossava una casacca gialla senza maniche e un paio di pantaloncini azzurri attillati, e aveva i capelli raccolti in due treccine.

«Non fare l’innocente con me, fräulein : lo so che non sei venuta qua per fare la spesa!» sbottò Nick con foga eccessiva, al limite dell’urlo. Poi, usando il braccio libero per accentuare il commento e bloccare l’avanzata di lei: «Questa non è una delle fermate del tuo percorso, quindi sei venuta per trovare me. Allora, che vuoi?». Lasciò cadere il braccio. Una coppia di passanti si era fermata a osservare il diverbio.

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