In sala riunioni, Carol trovò un Dale agitato in maniera piuttosto insolita. Quando fece per porgli una domanda, lui, dopo il sorriso di saluto, la zittì con un’energica scossa del capo, continuando a parlare con due tecnici addetti all’elaborazione delle immagini. «Siamo d’accordo, allora? Voi disponete le immagini in questa sequenza, e io le chiamerò singolarmente usando il telecomando.» I tecnici lasciarono la sala.
«Che colpo, cazzo, che colpo: da non crederci!» esclamò quindi Dale, venendole vicino e afferrandole le braccia. Poi, calmatosi un po’: «Ma andiamo per ordine. Mi sono promesso di non guastarti la festa». E, invitatala ad accomodarsi al grande tavolo davanti allo schermo gigante, lei si sedette accanto e pigiò il telecomando.
Sullo schermo apparve un’istantanea fissa delle tre balene nella zona della scogliera sottostante alla barca. Sulla destra e sotto di esse si distingueva chiaramente la fessura. Allo sguardo di Dale, Carol disse, alzando le spalle: «Va bene, e allora? Ho preso immagini altrettanto buone con la mia subacquea».
Dale tornò a guardare lo schermo e pigiò il telecomando a più riprese. Le scene successive furono zumate sul foro della barriera corallina: zumate sempre più ravvicinate, che finirono per incentrarsi sopra un puntino luminoso nell’angolo inferiore sinistro della fessura. Al nuovo sguardo di Dale, Carol rispose pensosa: «Un ingrandimento così, credo di avercelo anch’io. Però è impossibile dire se il puntolino rappresenti davvero qualcosa o se sia soltanto un sottoprodotto dello sviluppo». Poi, dopo una pausa: «A ben guardare, però, il fatto che la luce sia stata trovata praticamente nel medesimo punto da due tecniche diverse suggerisce che potrebbe anche non trattarsi di una distorsione causata dal processo di elaborazione. E adesso, cosa viene?» concluse, chinandosi in avanti con aria interessata.
Incapace di contenersi più a lungo, Dale saltò in piedi e cominciò ad andare avanti e indietro per la sala. «Adesso,» rispose «viene quello che potrebbe essere il tuo biglietto d’invito alla cena del Pulitzer a New York! Ora ti mostrerò la stessa, precisa sequenza delle immagini, salvo che si tratta di quelle infrarosse, scattate una frazione di secondo dopo. Osserva attentamente, e soprattutto il centro della fessura.»
La prima immagine infrarossa copriva la medesima area della prima immagine visiva, ossia quella sottostante alla barca, ma rappresentava le variazioni termiche. Nel processo di elaborazione, a ogni pixel (singolo elemento visivo dell’immagine) veniva attribuita una temperatura specifica basata sulla radiazione infrarossa osservata nel relativo settore d’inquadratura. Le temperature simili venivano quindi raggruppate insieme dall’elaboratore, che assegnava loro il medesimo colore. Il procedimento aveva così per risultato la creazione di regioni isotermiche (ossia di temperatura all’incirca uguale) collegate visivamente fra loro dal colore. Nella prima immagine infrarossa, dunque, le balene risaltavano in rosso, contro il blu della maggior parte delle piante della barriera corallina, sullo sfondo grigio-fosco della temperatura normalizzata dell’acqua. Carol ci mise un momento per adeguarsi alla nuova immagine (mentre Dale esibiva un sorriso di trionfo), e, prima che potesse focalizzare lo sguardo su due piccole regioni, una rossa e l’altra marrone, nel centro del foro della barriera, lo schermo si scoprì, in pochi secondi di zumate, di un’immagine infrarossa ravvicinata della fessura. Un’immagine che spiegava bene come mai Dale fosse tanto emozionato.
«Te lo dicevo che doveva esserci qualcosa sotto la barca» fece, andando allo schermo e puntando il dito su un oggetto oblungo di color marrone, cilindrico a un capo e affusolato all’altro. Ingrandita dallo zoom, la fessura riempiva quasi completamente lo schermo, né il processo d’ingrandimento aveva sciupato l’ottima qualità dell’immagine infrarossa. All’interno dell’apertura si vedevano tre o quattro colori diversi, ma solo due, il marrone e il rosso, apparivano costanti in una quantità significativa di pixel.
«Vacca merda,» esclamò Carol, alzandosi istintivamente dalla sedia per andare a raggiungere Dale «ma, allora, quello dev’essere il missile scomparso! E ce l’abbiamo avuto sotto i piedi per tutto il tempo!» Poi, afferrata la bacchetta e agitandola verso lo schermo: «Ma questa macchia rossa, cos’è? Pare il gatto del Cheshire di Alice nel paese delle meraviglie » .
«Con certezza, non lo so, e probabilmente non è nulla di speciale» rispose Dale. «Ma una mezza idea ce l’ho, e, guarda caso, si basa proprio sul tuo racconto dello strano comportamento delle tre balene. La macchia potrebbe essere la testa di un’altra balena, che, da un punto lontano dalla luce, guarda fuori dalla grotta o da ciò che quella fessura rappresenta. Ecco, guarda un po’: zumando un tantino, si ottiene un’immagine singola di entrambe le regioni isotermiche rosse, e, se ci fai caso, la regione rossa al centro della fessura sembra uguale al rosso delle tue balene-sentinella. E le due regioni rimangono comparabili per temperatura anche aumentando lo zoom. Insomma, non sarà una prova certa, però di sicuro avvalora la mia ipotesi.»
Carol era già molto oltre col pensiero, tutta concentrata sulla sua prossima mossa. La cosa essenziale era il recupero del missile prima che qualcuno avesse saputo della sua posizione: dunque, ritorno a Key West il più presto possibile.
«Un favore, Dale,» disse prendendo borsetta e cartella «puoi farmi portare all’aeroporto, e subito? Voglio richiamare quel tenente Todd per mettergli addosso un po’ di strizza. Così diventerà un po’ più guardingo e noi guadagneremo tempo.»
Una pausa, il cervello impegnato a pensare a un milione di cose tutte insieme. «Da qui, però, non posso farlo perché lo insospettirei… E bisogna che mi procuri una barca per domani… Oh, fra parentesi: immagino che tu abbia una copia di quelle immagini per me, vero?»
«Ma certo» confermò Dale. «Prima, però, siedi buona buona un secondo, perché ho da mostrarti qualcos’altro. Non so ancora se si tratti di un fenomeno reale, ma, se lo è…» Carol fece per protestare, ma qualcosa nell’atteggiamento di lui la indusse a ubbidire. Quando fu seduta, Dale si lanciò in un’esposizione degli algoritmi d’ingrandimento, spiegando come le informazioni delle immagini potessero venir ingrandite in modo da far risaltare tratti speciali e da facilitare l’interpretazione.
«Sì, sì, va bene,» disse Carol dopo un po’ «ma a me serve solo il succo. Che tu e i tuoi ingegneri siate dei califfi, lo so già.»
Dale richiamò sullo schermo la prima immagine infrarossa, quella col primo piano delle tre balene sotto la barca. «Questa immagine ha scarsa granulosità termica. I pixel della regione colorata in rosso, per esempio, non corrispondono tutti esattamente alla medesima temperatura; in realtà, insomma, c’è un divario di circa cinque gradi nell’arco di temperature rappresentato dallo stesso colore. Ora, se ingrandiamo l’immagine in modo che le regioni isotermiche vengano a coprire un arco totale di soli due gradi ciascuna, otteniamo quest’altra immagine.»
La nuova immagine presentava dieci colori diversi. Riconoscervi i tratti individuali era ora assai più difficile, così come assai più difficile ne risultava l’interpretazione a causa dei punti-dato che vi comparivano. Una parte di muso di una delle balene aveva ora un colore diverso da quello del resto dell’animale.
«Il limite di precisione dell’apparecchio, una volta convertiti in temperature i dati grezzi dello spettro, è di circa un grado. Ingrandendo l’immagine di un altro po’, ossia facendo in modo che le regioni isotermiche collegate coprano un arco totale di un solo grado ciascuna, otteniamo un qualcosa di intellegibile. Ora, i colori delle regioni isotermiche sono venti, e siccome il disturbo o errore di ciascun punto-dato è della stessa entità dell’arco della regione isotermica, risulta praticamente impossibile vedere figure di oggetti noti, come le tre balene. Tutto questo preambolo te l’ho fatto per uno scopo: quello di farti render conto che ciò che sto per mostrarti è senza dubbio assai affascinante, ma può anche essere del tutto sbagliato.»
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