«Io sono sposata, e questo è un fatto che il togliermi l’anello non cambierebbe minimamente. Sono anche innamorata di te, non c’è dubbio, ma la mia situazione ti è stata chiara fin dal principio. Se dunque non la sopporti più, forse è meglio che ci lasciamo».
Sconvolto dalla risposta e atterrito dal pensiero di vivere senza di lei, Nick si scusò e tornò a dichiararle il suo amore, baciandola appassionatamente. Poi saltò sul sedile posteriore e le disse che la voleva, lì, subito. Lei lo raggiunse, con qualche riluttanza, e fecero l’amore. Poi, però, rimase silenziosa e pensierosa per quasi tutto il resto della giornata.
Il venerdì, a una settimana esatta dal primo incontro, lei lo condusse in un negozio di abiti da sera per trovargli un vestito adatto alla cena formale che intendeva dare il sabato per alcuni amici. Così, finalmente, mi vedranno con lei , pensò Nick. E, stavolta, dovrà pur parlare del nostro futuro! Lui avrebbe dovuto essere a Boston il lunedì mattina, partendo da Falls Church dov’era atteso dai genitori appunto per il sabato sera: Ma , si disse, avrebbe potuto guidare tutta la domenica (notte compresa, se necessario, con la carica che gli dava il suo amore per Monique), ed essere a lezione il lunedì mattina.
Quel sabato sera, dunque, si presentò a casa Silver traboccante di speranze e di sogni. Aveva un aspetto elegante nello smoking estivo, e sorrise a Monique, sulla porta, di un sorriso che avrebbe meritato un premio. Incurante del maggiordomo, le porse una dozzina di rose rosse, poi la baciò e le disse che l’amava. «Ma certo. Come tutti, no?» disse lei con tono frivolo. Poi lo condusse dentro, lo presentò alle quattro persone già arrivate come «il giovanotto che ha salvato la nostra Teresa un giorno a Lauderdale», e si scusò. Come Nick avrebbe appreso più tardi, era infatti sua abitudine chiedere a pochi amici scelti di venire in anticipo, riceverli in abbigliamento normale, e poi ricomparire un’oretta dopo, elegantissima, quando gl’invitati erano al completo. Mentre Monique saliva le scale con passo aggraziato, Nick la seguì con lo sguardo di chiara adorazione.
«Non è magnifica?» si sentì chiedere da un cinquantenne abbronzato e dai modi distesi, che gli porgeva un martini. «Una volta sono stato con lei per l’intero fine settimana sul loro yacht,» disse costui, che si chiamava Clayton «mentre Aaron era a Montreal. Be’,» rise «pensavo che mi avesse invitato per svagarsi un tantino, e invece mi sbagliavo: voleva solo un po’ di compagnia, e di uno che, come me, sapesse parlare della Francia e dell’Europa. Venga» continuò, prendendolo a braccetto «che la presento al gruppo degli eletti dell’arrivo anticipato.»
Nick venne trattato con estrema cortesia dagli eletti, ma ne schivò le domande su Monique. Era un ragazzo del Sud, dopo tutto, e, se c’era qualcuno che avrebbe dovuto parlare della loro relazione, questo qualcuno era lei. Rispose perciò in modo cortese ma schivo, limitandosi all’indispensabile.
Una delle due donne al bar, che si presentò come Jane Qualcosa, disse di essere la più vecchia amica di Monica a Palm Beach. (Gli altri la chiamavano tutti Monica, ma per lui era impossibile chiamarla altrimenti che Monique; e, intanto si chiedeva se subodorassero qualcosa o se fossero stati messi al corrente da Monique stessa.) Grassoccia e sguaiata, forte bevitrice e altrettanto forte fumatrice, Jane era più vicina ai quaranta che ai trenta. Un tempo, doveva essere stata anche abbastanza bella, ma aveva vissuto troppo intensamente e troppo presto, ed era una di quelle persone che non sanno conversare senza toccare ogni interlocutore. Nick ne fu innervosito.
Cominciarono ad arrivare gli altri invitati. Jane e Clayton («come in Clayton Poindexter III di Newport e Palm Beach» disse questi; che, richiesto da Nick circa la sua professione, rispose: «SMAS» e spiegò ridendo, vista la sua aria sconcertata: «Senza Mezzi Apparenti di Sostentamento: espressione applicata ai barboni in genere»), che sembravano fungere da padroni di casa in assenza di Monique, presentarono Nick a tutti. Così, nella prima ora di permanenza in casa Silver, lui si trovò a bere tre o quattro martini e a raccontare la storia di Teresa almeno sette volte.
I martini cominciarono a fare effetto. Canticchiando fra sé, ne prese un altro dal vassoio offerto da un domestico. L’alcol gli aveva infuso coraggio, procurandogli una certa qual affabilità e disinvoltura. Mentre conversava sul patio con la “compagna di equitazione” di Monique, un’affascinante venticinquenne di nome Anne, udì uno scroscio di applausi nel salone. «È Monica» disse Anne. «Andiamo a vedere.»
Lo scalone di casa Silver saliva a una piattaforma elevata di un paio di metri rispetto al piano della sala e di qui si biforcava in due rampe diverse che portavano al piano superiore. Monique era sulla piattaforma, in atto di accettare graziosamente l’applauso, vestita di un abito semplice di maglia blu mare, che sembrava tagliato sulla linea del corpo perfetto. Dietro, l’abito aveva uno spacco che le arrivava quasi fin dove arrivavano i suoi lunghi e spettacolari capelli (lo mostrò, girandosi per compiacere la quarantina d’invitati); davanti, due sottili strisce di tessuto scendevano dalle spalle alla vita, coprendo ciascun seno adeguatamente, ma esibendo all’ammirazione una scollatura vertiginosa. Stregato dalla visione della sua regina, Nick le lanciò un appassionato, ma un po’ troppo sonoro « Brava! Brava! » . Lei sembrò non udirlo. S’era voltata, ormai, e guardava su per le scale.
Nick impiegò probabilmente un minuto intero per rendersi conto di ciò che stava vedendo. Dalla scala scese un uomo d’aspetto distinto, sui cinquant’anni, in smoking marrone chiaro e con uno spettacoloso anello di zaffiri al mignolo, e quest’uomo abbracciò Monique prendendola per la vita. Monique si sollevò sulla punta dei piedi per baciarlo. Lui sorrise e, ringraziando a gesti gli invitati che applaudivano garbatamente, si diresse con lei nel salone.
E quello chi è? , si domandò Nick, mentre la risposta gli arrivava lampante a dispetto del gin, del vermouth e del senso d’incredulità. Ma è il marito, Aaron. E che ci fa, qui? Perché lei non me l’ha detto? E, subito dopo: Come ha potuto farmi una cosa del genere? Io l’amo e lei mi ama. No, qui c’è qualcosa che non quadra; non è possibile, non è possibile…
Tentò di respirare, e gli parve di sentirsi il petto schiacciato come da una ruspa. D’istinto, si voltò per sottrarsi alla vista della coppia che scendeva a bracceto lo scalone e, nel farlo, versò un po’ di martini sulla spalla di Anne. Si scusò nel più goffo dei modi, poi, scombussolato ormai del tutto, si avviò alla meglio al bar. No, no , pensava intanto, sforzandosi disperatamente di respirare e di calmare il tumulto del cuore. Lei non può farmi questo. Dev’essere un errore. Il suo cervello rifiutava di leggere il messaggio trasmessogli dagli occhi. Ingollò un altro martini, a stento consapevole ormai e di dove fosse e del caos di sensazioni che gli torturavano l’anima.
«Ah, eccolo qui!» disse una voce alle sue spalle: la voce che era venuta a significare per lui la cosa più preziosa e importante della vita, la voce dell’amore: la voce che ora lo atterriva. Si girò, e si vide davanti Monique e Aaron.
«Finalmente, dunque, posso conoscere il giovanotto di cui ho sentito tanto parlare» disse Aaron — affabile, gentile, in tono di pura gratitudine — porgendogli la mano, mentre Monique sorrideva. Dio, com’è bella! Anche adesso che dovrei odiarla… Strinse meccanicamente la mano, accettando in silenzio i ringraziamenti di Aaron per «aver aiutato Teresa in un momento difficile». Poi, senza aprir bocca, spostò lo sguardo su Monique. Lei si rizzò sulla punta dei piedi e lo baciò sulla guancia. Ah, quelle labbra, quelle labbra che continuo a desiderare tanto! Ma perché? Perché? Che cosa ci sta succedendo?
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