Arthur Clarke - Culla

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Un missile top secret che svanisce in volo. Un tridente d’oro che cambia sorprendentemente forma. Una caverna subacquea custodita da balene... Qualcosa si nasconde nel fondo marino al largo di Key West, un mistero in parte umano ma nello stesso tempo terribilmente alieno. Il suo potere è immenso e terrificante e potrebbe distruggere ogni forma di vita sulla Terra. Ma qualcuno ha deciso di scoprire il terribile segreto. E da quel momento non esiste più alcuna certezza, nessun luogo sicuro in cui nascondersi, nessuna alleanza su cui poter contare. Intorno a una giornalista bella e ambiziosa, disposta a correre qualsiasi rischio pur di arrivare alla verità, si stringe la rete di una cospirazione implacabile: spie militari, killer spietati, ma soprattutto una forza estranea e sconosciuta, le cui mosse nessuna mente umana potrebbe comprendere e prevedere... L’inesauribile immaginazione di Arthur C. Clarke spazia in questo nuovo romanzo dagli enigmi irrisolti del passato alle soglie indecifrabili del futuro, dagli infiniti oceani di stelle all’imperscrutabile fondo del mare. In un appassionante viaggio ai confini della realtà, Culla esplora i percorsi dell’avventura e dell’ignoto.

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Il corpo di Monique era quasi perfetto. Bei seni pieni ed erti (rifatti, naturalmente, dopo l’allattamento di Teresa; ma che poteva importare a Nick, se anche l’avesse saputo?), vita stretta, sedere tondo, femminile (non uno di quei sederi mascolini tipici delle supermagre), gambe lisce e muscolose tenute in forma a forza di ginnastica. Ma ciò che mandava in estasi Nick era la sua pelle, quella magnifica pelle d’avorio, così morbida e liscia al tocco.

E la bocca di lei sembrava sposare perfettamente la sua. Nick era stato con due donne, in precedenza: una squillo d’alto bordo offertagli come dono natalizio dopo che la squadra di nuoto di Harvard aveva scoperto che lui era ancora vergine al termine del primo anno, e Jennifer Barnes di Radcliffe, la sua amica fissa per gran parte del second’anno. I denti di Jennifer sbattevano sempre contro i suoi, quando si baciavano, ma questa non era stata l’unica difficoltà del loro rapporto. Da fisica, lei aveva un approccio al sesso di tipo quasi clinico: misurava lunghezze, durate, frequenze e perfino volume dell’eiaculato! Così, dopo tre “esecuzioni controllate”, con lei, aveva deciso che non valeva la pena di continuare.

Nick scivolò in Monique con un gemito, ed entrambi seppero che sarebbe venuto in fretta. Dieci secondi dopo, infatti, raggiungeva l’orgasmo e faceva per ritirarsi. Monique, però, lo tenne in sé avvinghiandogli le natiche, e poi, con mossa abile (che lui non riuscì a capire come avvenisse), gli passò sopra. Nick si sentì fuori del proprio elemento. Nella sua limitata esperienza, all’orgasmo seguiva necessariamente il ritirarsi, sicché ora non capiva che cosa Monique intedesse fare. Piano, molto piano, gli occhi semichiusi e mormorando fra sé un pezzo di musica classica, lei prese a dondolarsi avanti e indietro sopra di lui, le pareti della vagina strette attorno al pene flaccido. Dopo un paio di minuti, passò a premere il pube in avanti, nel suo dondolìo, e, mentre il suo respiro si faceva più affannoso, lui si sentì con stupore nuovamente eccitato. Gli occhi di lei si chiusero quindi del tutto, il ritmo aumentò, e le spinte del suo movimento in avanti gli procurarono un leggero dolore. Ma il suo pene era ormai eretto, ed egli cominciò a rispondere al movimento, a ruotare agilmente il bacino con lei.

Monique si chinò in avanti, concentrata ma sorridente pur a occhi chiusi, preparandosi all’orgasmo. Felice di sentire in sé Nick di nuovo ritto, misurò il proprio venire in maniera perfetta, controllando la cadenze di entrambi, e si piegò a titillare, con sapiente dolcezza, i capezzoli di lui in sincronia con le proprie spinte in avanti. Nick, che non s’era mai visto carezzare i seni durante l’amore, rimase scioccato, ma anche sopraffatto dall’eccitazione pura scatenata da quella carezza. Lei, allora, insistette, arrivando a pizzicarlo quando ne vide (e sentì) la risposta. E mentre il corpo di lei sussultava sotto le ondate di un delizioso orgasmo, Nick emetteva un lungo gemito, venendo per la seconda volta in un quarto d’ora. L’orgasmo di Nick si concluse in un abbandono totale alla voluttà, e versi animaleschi accompagnarono i brividi involontari di soddisfatto godimento.

Il dopo amoroso di Monique, gioioso e tenero, convinse Nick, un po’ imbarazzato per la propria rumorosa e incontrollata risposta, che tutto era andato come doveva. Monique andò al guardaroba, prese una delle sue tre camicie da sera, e se la infilò. Le code le arrivavano quasi alle ginocchia (era alta infatti solo 1,65 contro il quasi 1,90 di lui), e, con quell’indumento maschile addosso e quei lunghi capelli incornicianti un sorriso da folletto, aveva un aspetto sbarazzino da monella. Quando Nick fece per dichiararle tutto il suo amore, lei gli venne vicino e gli mise un dito sulle labbra. Poi lo baciò appassionatamente, gli disse che doveva scappare a prendere Teresa, s’infilò di corsa sotto la doccia per non più di un minuto, si vestì, lo baciò di nuovo, e si avviò alla porta — senza che, in tutto questo tempo, luì avesse trovato la forza di muoversi. Quando fu uscita, Nick si abbandonò a un sonno soddisfatto. E senza sogni.

Durante gli otto giorni seguenti, Nick si sentì il padrone del mondo. Vide Monique ogni giorno, il più spesso possibile nella residenza di lei a Palm Beach, ma qualche volta anche nell’appartamento dello zio da lui occupato. Fecero l’amore a ogni occasione, e fu sempre diverso. Monique era piena di sorprese. La seconda volta che andò a casa di lei, per esempio, Nick la trovò sul retro, intenta a nuotare nuda nella piscina. Lei gli disse che aveva messo in libertà la servitù per l’intera giornata, e, nel giro di minuti, si diedero alla pazza gioia sull’erba fra il giardino e la piscina.

La loro relazione fu condotta in francese. Monique gl’insegnò a conoscere i cibi e i vini; lui condivise con lei la sua conoscenza della letteratura francese. Una notte di passione discussero della Sinfonia pastorale di André Gide sia prima che dopo l’amore. Monique difendeva il pastore, e rise dell’insistenza di Nick sull’“innocenza” della cieca Gertrude. Un’altra sera, nella quale Monique volle che lui portasse una maschera nera da Halloween e una calzamaglia bianca durante la lunga cena alla francese, il preludio all’amore fu la lettura del Balcone di Jean Genet.

I giorni trascorsero rapidissimi, avvolti nella magia dell’amore e dell’intimità. Una volta, al suo arrivo alla residenza di Palm Beach, Nick trovò Monique con addosso una pelliccia incredibile: una pelliccia lunga di foca d’Alasca, bordata al collo, ai risvolti e lungo le maniche, dalle spalle ai polsi, di una striscia di volpe color indaco. Era la cosa più soffice che avesse mai toccato, anche più morbida della seducente pelle di lei. Scherzosa come sempre, Monique aveva messo l’aria condizionata al massimo, così da poter portare la pelliccia prediletta sulla carne nuda. Dopo l’amore, quella sera, lei gli infilò il corpo nudo in una delle pellicce di castoro del marito, spiegando la presenza di mezza dozzina di pellicce nella residenza di Palm Beach con un semplice: «È il nostro mestiere, e ci piace tenere qualche cosetta da mostrare ad amici e conoscenti, casomai a loro interessasse…».

A ogni nuovo incontro, Nick le dichiarava il suo amore con sempre maggior zelo. Monique gli rispondeva col solito « Je t’aime », ma evitava di rispondere alle sue insistenti domande sul futuro. Così come evitava di rispondere a ogni domanda sul suo rapporto col marito, del quale non diceva altro se non che era un alcolizzato da lavoro e che viveva a Montreal per gran parte dell’anno. La residenza di Palm Beach era stata un acquisto sollecitato soprattutto da lei, che non amava il freddo e desiderava una vita sociale più attiva di quella di Montreal. Così, lei di solito ci passava il periodo da Natale a Pasqua; Teresa, che aveva appena terminato le vacanze primaverili concessele dal suo esclusivo liceo privato ed era tornata in Canada, calava a Palm Beach il più spesso possibile per stare con lei.

Breve e succinta nelle risposte alle domande sulla sua vita del momento, Monique liricheggiava invece nel raccontare della sua adolescenza parigina. Riguardo al marito, non lo criticava mai, né mai si lagnava della vita coniugale; una volta, anzi, disse che i giorni passati con lui erano stati i più felici della sua esistenza. Parlò anche di qualche suo amico, che però Nick non aveva ancora avuto modo di conoscere perché stavano sempre soli.

Un giorno Monique venne a prenderlo con la sua Cadillac per portarlo a Key Largo, così che potesse fare qualche tuffo alla Pennekamp Recreation Area. Come al solito, portava la fede al dito. Lui, che quel giorno aveva giurato a se stesso di strapparle qualche impegno per il futuro, decise che non ne poteva più di quella costante presenza e le chiese di togliersela. Lei oppose un garbato rifiuto, poi, alla sua insistenza, s’infuriò. Accostata la macchina (stavano percorrendo l’autostrada fra le paludi a nord delle Key) e arrestato il motore, disse con fermezza:

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