Nick lasciò sole le due donne e ridiscese le scale per tornare in soggiorno. Non riusciva a credere che qualcuno potesse abitare davvero in una casa del genere. Diamine: il soggiorno, da solo, era più grande della casa di Falls Church in cui lui era cresciuto. Alle pareti erano appesi quadri veri, dal soffitto pendevano lampadari di cristallo, e sui vari tavoli e nei vari angolini e nicchie era una profusione di oggetti d’arte e ninnoli. Dio, che casa! Troppo, troppo…
Sentì una mano sulla spalla e si ritrasse d’istinto. «Santo cielo, non si spaventi: sono solo io!» disse con garbata ironia Monica Silver. Lui si girò a guardarla. Era una sua impressione, o aveva trovato modo di pettinarsi e di truccarsi di fresco nei pochi secondi in cui era rimasta sola? Per la prima volta, la vide in piena luce. Era la donna più bella che avesse mai vista. Gli si mozzò il respiro e provò un senso di vertigine. Fuori, non aveva potuto vedere chiaramente la sua pelle. Ora si sorprese a fissarle le braccia nude, a seguire gli eleganti contorni del collo. Quella pelle aveva la levigatezza dell’avorio, e chiedeva di venir toccata. Controllati, Williams , udì dentro di se una voce, o rischi di commettere uno sproposito.
Si sforzò di calmarsi, ma invano. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Lei stava dicendo qualcosa, gli aveva fatto una domanda. Lui non l’aveva nemmeno sentita, tanto era sbigottito da quanto stava accadendo, dal luogo in cui si trovava. Lei lo stava guidando per la casa. Lui non riusciva più a controllare la fantasia. Entrarono in una piccola stanza dove c’era un tavolo, e lei lo invitò ad accomodarsi.
«È il meno che possa fare,» diceva intanto «per ripagarla di ciò che ha fatto per Teresa. So che deve aver fame, e sono avanzate delle cosine eccellenti dal ricevimento di stasera.»
Nick si trovava in un angolo-prima colazione a lato della cucina. Alla sua sinistra, una porta che dava sul patio e sul retro. Le luci attorno alla enorme piscina erano ancora accese, sicché ebbe una visione di aiuole curate con rose in fiore, sedie e sdraio, ombrelloni colorati, tavolini bianchi di ferro con gambe attorte a merletto… Non riusciva a credere che fosse vero: si sentiva trasportato in un altro mondo, un mondo che esisteva solo nei libri e al cinema.
Monica Silver imbandì la tavola: salmone affumicato, cipolle, capperi, formaggio morbido, due tipi di pane e un piatto di pesce a lui sconosciuto. «Aringa marinata» spiegò lei con un sorriso, vedendo la sua espressione interrogativa. Poi gli porse un bicchiere da vino. Lui lo prese e, senza rendersene conto, la fissò dritto negli occhi. Ne rimase come trafitto. Si sentì debole e impotente, come attratto dai maliosi occhi marrone-scuro di lei nel mondo di ricchezza, lusso e bellezza che doveva essere il suo. E si sentì vacillare le ginocchia, tumultuare il cuore, pizzicare le dita…
Lei versò un po’ di vino bianco prima nel bicchiere di lui, poi nel proprio. «È un ottimo borgogna, Clos des Mouches» disse, toccandogli il bicchiere col proprio in un lieve tintinnìo. «Brindiamo, dunque.»
Lei era radiosa, lui ammaliato. «Alla felicità» disse lei.
Parlarono per più di tre ore. Lei raccontò di essere cresciuta in Francia, figlia di un piccolo commerciante parigino di pellicce con scarsi mezzi, e di aver conosciuto il marito, Aaron (il primo dei grandi mercanti di pellicce di Montreal), mentre aiutava il padre in negozio. Aveva diciassette anni, all’epoca, e il corteggiamento era stato fulmineo: il signor Silver le aveva fatto la dichiarazione a una sola settimana dall’incontro, e lei aveva accettato subito benché l’aspirante marito avesse vent’anni più di lei. Trasferitasi a Montreal, l’aveva sposato prima di compiere diciott’anni. Nove mesi dopo era nata Teresa.
Nick disse di essere al terz’anno di Harvard, dove intendeva specializzarsi in inglese e francese per ottenere una buona formazione umanistica e iscriversi quindi a legge o seguire una specializzazione postuniversitaria. All’udire che era al terz’anno di francese, lei passò dall’inglese alla lingua natia, e il suo nome diventò Monique. Lui perse qualche singola parola, ma non il succo del discorso. E la voce sensazionale di lei, unita al suono della lingua straniera, non fece che accrescere la forza del sortilegio generato dal vino e dalla sua bellezza.
Di quando in quando, se ne uscì anche lui in qualche frase di francese, la magia dell’ambiente e il calore nascente del rapporto avevano spazzato via ogni suo normale scrupolo. E, quando faceva qualche errore, era una risata di gusto per entrambi. Lei lo correggeva con affascinante indulgenza, non scordando mai di aggiungere, sulle prime: « Mais vous parlez français très bien » . Poi, quando la conversazione si fece più personale (Nick parlò dei problemi col padre; Monique si chiese a voce alta se c’era qualcosa che una madre potesse fare con una figlia adolescente oltre che sperare di averle impresso qualche valore primario), Monique passò dal “ vous” al “ tu”, accrescendo l’intimità che già si era creata fra loro che andò approfondendosi coll’avanzare della notte.
Monique parlò di Parigi, del fascino romantico delle strade, dei bistrot, dei musei, della storia, e Nick, visualizzando, si sentì trasportato con lei nella Ville lumière. Lei gli raccontò i suoi sogni di adolescente, quando, passeggiando per il XVI arrondissement fra i ricchi, si riprometteva che un giorno… Lui ascoltava intento, rapito, un sorriso quasi beato sul volto. Alla fine, lei fu costretta a dirgli che era ora di prender congedo, perché l’indomani sul presto la attendeva una lezione di tennis. Erano ormai le tre passate. Lui si scusò, e si avviarono insieme alla porta. Lei disse, ridendo, che era stato bello. Alla porta, si alzò sulla punta dei piedi a baciarlo sulla guancia. Al tocco di quelle labbra, lui si sentì volare il cuore fin chissà dove. «Telefonami, qualche volta» disse lei con un brioso sorriso nel chiudergli la porta alle spalle.
Per più di trenta ore, Nick non fece che pensare a lei, parlandole fra sé durante il giorno, e avendola per amante, in sogno, durante la notte. Le telefonò una, due, tre volte, trovando però sempre a rispondergli la segreteria telefonica. Alla terza, allora, lasciò il proprio numero e indirizzo, pregandola di chiamare lei quando avesse tempo.
Alle dodici del secondo giorno dopo la famosa serata, cominciò a calmarsi, a rendersi conto che quell’adorare l’immagine di una donna conosciuta una sola sera, e sposata a un altro, per giunta, era assurdo. Nel tardo pomeriggio andò alla spiaggia per giocare a pallavolo con altri studenti universitari conosciuti nei primi giorni di permanenza in Florida. Aveva appena battuto un servizio vincente, quando gli parve di sentir chiamare il suo nome da una voce rauca, accentata, inconfondibile.
Sul momento pensò di sognare: a meno di dieci metri, sulla sabbia, c’era Monique. Portava un vivace bikini a strisce bianche e rosse, e i lunghi capelli neri le arrivavano, sciolti, fino alla vita. La partita si fermò, tra i fischi degli amici. Nick le andò vicino, il cuore pulsante alle tempie e il petto così stretto da mozzare il respiro. Con un sorriso, Monique lo prese a braccetto e gli disse che, avendo portato Teresa a Lauderdale per una festicciola di liceo, e dato il caldo…
Passeggiarono lungo la spiaggia, conversando, mentre dietro i palazzi calava il sole. Incuranti dei giovani tutt’intorno, camminavano sulla battigia, i piedi lambiti dalla calda carezza dell’acqua. Monique insisté perché mangiassero nell’appartamento di Nick, e così si fermarono a comprare tonno, pomodori, cipolle e maionese da spalmare sui tramezzini. Birra fredda, patatine e tramezzini su un tavolo nudo di formica furono la cena; l’amore, il dessert. Nick ebbe quasi un orgasmo al primo bacio, e la passione lo rese goffo e comico nel suo armeggio per spogliare Monique del bikini. Monique lo fermò con un dolce sorriso, piegò ordinatamente bikini e calzoncini di lui (che, naturalmente, non stava più nella pelle), e venne quindi a raggiungerlo sul letto. Dopo due baci, Nick venne preso da un parossismo di desiderio e, rotolando bruscamente sopra Monique, cominciò a ruotare le anche. Lì per lì un po’ allarmata, Monique lo indusse a calmarsi un tantino e lo guidò piano a sé.
Читать дальше