Arthur Clarke - Culla

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Un missile top secret che svanisce in volo. Un tridente d’oro che cambia sorprendentemente forma. Una caverna subacquea custodita da balene... Qualcosa si nasconde nel fondo marino al largo di Key West, un mistero in parte umano ma nello stesso tempo terribilmente alieno. Il suo potere è immenso e terrificante e potrebbe distruggere ogni forma di vita sulla Terra. Ma qualcuno ha deciso di scoprire il terribile segreto. E da quel momento non esiste più alcuna certezza, nessun luogo sicuro in cui nascondersi, nessuna alleanza su cui poter contare. Intorno a una giornalista bella e ambiziosa, disposta a correre qualsiasi rischio pur di arrivare alla verità, si stringe la rete di una cospirazione implacabile: spie militari, killer spietati, ma soprattutto una forza estranea e sconosciuta, le cui mosse nessuna mente umana potrebbe comprendere e prevedere... L’inesauribile immaginazione di Arthur C. Clarke spazia in questo nuovo romanzo dagli enigmi irrisolti del passato alle soglie indecifrabili del futuro, dagli infiniti oceani di stelle all’imperscrutabile fondo del mare. In un appassionante viaggio ai confini della realtà, Culla esplora i percorsi dell’avventura e dell’ignoto.

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La radio trasmetteva musica da quasi mezz’ora. Lui l’ascoltava, sapeva di ascoltarla, ma non avrebbe saputo dire di quali canzoni si trattasse. Musica di sottofondo, insomma. Ora, proprio nel momento in cui i ricordi di Monique si facevano più acuti, la «stazione di rock and roll classico WM1M, di Miami, 99,9 megacicli in FM» trasmise Time After Time , l’incantevole successo 1984 di Cyndi Lauper. La musica sembrò crescere d’ampiezza, e Nick dovette sedersi per riprendere respiro. Fino alla canzone, era riuscito a dominare i ricordi di Monique; ma ora, dinnanzi alla canzone, che era quella da lui suonata quasi ogni sera in macchina nel tragitto da Fort Lauderdale a Palm Beach per andare da lei, e che portava con sé tutto l’amore, la gioia, la paura e la rabbia giovanili che avevano contraddistinto l’intera storia, fu sopraffatto. E, mentre sedeva in ascolto sul divano, lacrime brucianti gli salirono agli occhi e rigarono silenziose le guance.

« … Sento dal letto il ticchettìo dell’orologio, e penso a te… La mente si perde in cerchi, la confusione non è nulla di nuovo… Flashback, notti calde, quasi lasciate alle spalle… Una valigia di ricordi… E torna, e torna sempre. »

2

« Tu dici, rallenta, io arretro… La seconda mano si dipana… » Brenda allungò la mano ad abbassare il volume del mangiacassette. «Sono io, signor Stubbs: Brenda Goldfine. Non mi riconosce?» gridò a un vecchio in divisa blu seduto su uno sgabello in una torretta circolare al centro della strada. «E quella dietro è Teresa Silver, che non si sente troppo bene. Su, alzi la barriera e ci lasci passare.»

La guardia scese dallo sgabello, uscì, e venne a passo lento verso la vecchia Pontiac di Nick. Preso nota della targa, si portò a lato del finestrino di Brenda. «Per stavolta, passi, Brenda, ma è contro il regolamento. Tutti i visitatori che si presentano a Windsor Cove dopo le dieci di sera devono avere il visto di sicurezza prima dell’arrivo.»

Finalmente, la guardia si decise ad alzare la barriera e Nick avviò la macchina. «Quello lì è proprio un rompiballe» gli disse Brenda, facendo schioccare la gomma nel parlare. «Cristo, si direbbe uno dei padroni del luogo!» Nick aveva sentito parlare di Windsor Cove, o, meglio, ne aveva letto. Una volta, in casa dello zio a Potomac, nel Maryland, aveva trovato una copia della rivista Town and Country sul tavolo e vi aveva letto della «vita elegante di Windsor Cove.» Ora, nel passare davanti alle proprietà del quartiere più prestigioso di Palm Beach, rimase colpito da tutta quell’esibizione di ricchezza privata.

«La casa di Teresa è quella laggiù» disse Brenda, indicando una casa in stile coloniale arretrata di un centinaio di metri dalla strada. Nick infilò il lungo viale d’accesso semicircolare e fermò in capo a un vialetto che conduceva all’ingresso della casa. Una costruzione imponente: un piano superiore, sei colonne bianche alte oltre sei metri, una sfarzosa porta culminante in un arco a vetri colorati, con la figura di un airone bianco in volo sullo sfondo di un cielo azzurro a pecorelle.

Brenda diede un’occhiata al sedile posteriore, dove l’amica giaceva svenuta. «Senti, sarà meglio che ci pensi io. Adesso vado a parlare alla signora Silver e a spiegarle quello che è successo. Altrimenti, con lei che a volte salta subito alle conclusioni, c’è caso che tu ti ritrovi nella merda fino al collo.»

Brenda non fece in tempo ad arrivarci, che la porta si apri e apparve una donna attraente in camicetta rossa di seta e pantaloni neri di taglio raffinato. Nick pensò che fosse stata avvertita dalla guardia, probabilmente. Che cosa si dicessero le due donne, non poteva saperlo, ma era evidente che la madre di Teresa stava facendo delle domande. Dopo un paio di minuti, Brenda tornò alla macchina con la donna. «Ma non mi avevi detto che era ancora svenuta» disse la donna con una voce sorprendentemente rauca, in cui si avvertiva un accento straniero — europeo, forse. «Senti, Brenda, questa è proprio l’ultima volta che la lascio venire con te. Perché non solo non sei capace di tenerla sotto controllo, ma dubito anche che ci provi.» Tono collerico, ma non stridulo…

Nick aprì la portiera e smontò. «Questo è il tale di cui le parlavo, signora Silver» disse Brenda. «Senza di lui, Teresa sarebbe forse ancora là sulla spiaggia.»

La signora Silver tese la mano. Nick si sentì un po’ goffo nel prenderla, perché non sapeva come stringere la mano a una donna. «A quanto pare, le sono debitrice, giovanotto» disse con garbo la signora Silver. «Brenda mi ha detto che lei ha salvato Teresa da una quantità di orrori.» La luce dei lampioni giocava sui tratti scultorei del viso di lei, e la sua mano era morbida, sensuale. Nick colse una punta di profumo, un che di esotico. Gli occhi di lei erano fissi nei suoi, fermi, penetranti.

«Be’, sì, signora» rispose goffamente Nick. «Cioè… insomma… lei aveva bevuto un po’ troppo e a me è sembrato che il gruppo di ragazzi con cui stava avesse perduto un po’ il controllo.» Qui si fermò, mentre lei continuava a osservarlo, a soppesarlo, provocandogli un’agitazione che lui non sapeva spiegarsi. «Bisognava che qualcuno la aiutasse, e dato che io per caso ero lì…» Non seppe continuare.

La signora Silver lo ringraziò di nuovo, poi si rivolse a Brenda. «Tua madre ti aspetta, cara. Noi resteremo qui finché non sarai rincasata. Segnalaci con la luce quando ci sarai.» Brenda, manifestamente lieta di essersela cavata a buon mercato, si avviò di corsa nella notte verso la sua casa, a un centinaio di metri di distanza.

Seguì una pausa mentre i due osservavano la sedicenne sparire nella notte. Nick si sorprese a spiare il profilo della signora Silver. Una incipiente consapevolezza di ciò che stava provando lo faceva sentire sempre più nervoso. Dio, se è bella! E giovane, anche. Come fa a essere la madre della ragazza? Mentre si dibatteva in un groviglio di pensieri, avvistò in lontananza un lampeggiare di luci.

«Bene, è a casa» disse la signora Silver, voltandosi verso di lui con un sorriso. «Ora possiamo preoccuparci di Teresa.» Tacque un momento, poi, con una risata: «Ah, quasi dimenticavo che non ci siamo presentati. Sono la madre di Teresa, Monica Silver».

«Nick Williams» fece lui in risposta. Gli occhi scuri di lei erano tornati a fissarlo, e la luce riflessa sembrava variarne l’espressione, dandole l’aria ora di folletto, ora di seduttrice, ora di signora della buona società di Palm Beach. O era lui a immaginarselo? Di certo, non reggeva più quello sguardo; e, sentendosi avvampare le guance, stornò gli occhi.

«Ho dovuto portarla dalla spiaggia al parcheggio» disse bruscamente, andando ad aprire la portiera posteriore. La ragazza, che vi era finita appoggiata contro, quasi cadde fuori, ma senza dar segno di vita. Lui la sollevò e se la caricò in ispalla. «Non sarà dunque un problema portargliela in casa. Ormai, ci sono abituato.»

Discesero in silenzio il vialetto, Monica Silver precedeva di qualche passo. Nick ne osservava l’andatura: si muoveva senza sforzo, da ballerina, con portamento quasi perfetto, i capelli scuri raccolti a crocchia dietro la nuca. Devono essere lunghissimi, pensò lui con gioia, immaginandoli sciolti lungo la bella schiena.

Era una notte calda e umida, proprio da Palm Beach, e Nick arrivò all’ingresso tutto in sudore. «Potrebbe farmi un altro favore, Nick?» chiese la signora Silver. «Le spiacerebbe portarla in camera sua? Mio marito non c’è, la servitù è tutta a letto, e dubito seriamente che Teresa possa riprendersi abbastanza da salire le scale, anche col mio aiuto, in un futuro prossimo…»

Guidato dalla signora Silver, Nick, con la ragazza in ispalla, attraversò l’atrio e il soggiorno, salì i gradini dello scalone fino alla piattaforma, infilò la scala di sinistra che conduceva al piano superiore, e arrivò alla camera da letto. Una camera gigantesca: letto matrimoniale con baldacchino, televisore gigante, una vetrina intera di film per il videoregistratore, un impianto stereo da far onore a un complesso rock, e manifesti e foto di Bruce Springsteen dappertutto. Depose Teresa con delicatezza sul letto. Un «Grazie» da lei mormorato rivelò che ora, almeno, era semicosciente. La madre si chinò a darle un bacio.

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