Benché si fosse addormentata molto tardi, Mandy si svegliò alla solita ora. Non si sentiva particolarmente stanca. Trovò i fiammiferi e accese la lampada. George dormiva, raggomitolato sul fianco, rilassato e pacifico. Mandy bevve il solito sorso, cercò la vestaglia e le pantofole, andò in bagno, si lavò la faccia e le mani, si spazzolò in fretta i capelli e scese. Douglas la sentì arrivare e uscì dal bar. Lei gli chiese:
«Tutto a posto?»
«Sì. È stato un turno di guardia molto tranquillo.»
Mandy annuì. «Può andare a dormire, adesso. Marie scenderà fra un minuto.»
Douglas si stiracchiò. «Non penso che ne valga la pena.»
«Vado a preparare una tazza di tè.»
«Benissimo. Allora resto alzato.»
Lui la seguì in cucina, e chiacchierarono mentre lei metteva il bricco sul fuoco e cominciava i preparativi per la colazione. Douglas era un uomo simpatico: tranquillo, serio, ma d’indole bonaria, pensò, e più spiritoso di quanto apparisse a prima vista. Le raccontò alcuni aneddoti della sua attività di avvocato, veramente divertenti. Una complicata storia di un divorzio, con gli agenti che facevano irruzione nella camera da letto d’una coppia che non c’entrava affatto, la fece ridere di cuore. Ma poi lei disse:
«Quella ragazza dovrebbe essere già scesa, probabilmente si è riaddormentata. Vado a chiamarla. È capace di preparare il tè quando l’acqua bolle, Douglas?»
Lui rispose: «Preparare il tè è l’inizio e la fine della mia competenza di cuoco. Ne sono fierissimo.»
Mandy sarebbe salita direttamente in mansarda, ma quando fu ai piedi della stretta scala vide che c’era la lampada accesa, lassù. Invece di salire, chiamò senza alzare la voce.
«Marie? Stai scendendo?»
Marie disse: «Madame… può venirmi ad aiutare?»
Lei sospirò. La solita inettitudine di quella ragazza. Con un piede sul primo gradino, chiese: «Cosa c’è che non va, adesso?»
«La lampada. Non brucia bene.»
Marie rovinava tutto quel che toccava. Probabilmente era riuscita a fare in modo che lo stoppino non bruciasse regolarmente. Ma non c’era motivo per portare giù la lampada. E la luce che irradiava dalla porta aperta sembrava chiara e ferma. Un’ombra… Mandy provò una sensazione d’impaccio, ricordando l’altra ragazza, quella austriaca, e quando l’aveva sorpresa in camera insieme all’innamorato italiano. Non poteva essere così, stavolta. Ma l’ombra sulla parete, appena all’interno della stanza… immobile, sebbene lei sentisse Marie che si muoveva. Non era la sua ombra. Chi era, allora?
Che sciocchezza, pensò. Uno scherzo della luce… era l’ombra d’una persona o di qualcosa d’altro… forse un cappotto, o una sedia…? La sua vista non era molto buona, la luce non troppo forte. Era ridicolo non salire a dare un’occhiata.
Marie disse: «Viene, madame?»
E Mandy si sentì accapponare la pelle.
«Fra un minuto, Marie,» disse. «Ho qualcosa da fare.»
George si svegliò, quando lei lo toccò. Gli mormorò:
«Marie… può darsi che non sia niente, ma sono preoccupata. Pensi che…»
Lui si levò a sedere, svegliandosi di colpo, come faceva sempre. Le chiese:
«Il fucile?»
«Lo ha Douglas, dabasso.»
«Vai a prenderlo. E fai salire anche lui.»
Quando ritornarono, George era ai piedi della scala che portava alla mansarda, e guardava in alto, immoto. La porta della stanza di Marie era ancora socchiusa, e lasciava passare la luce. L’ombra era scomparsa dalla parete. George accennò loro di tacere e, chinandosi verso Mandy, disse sottovoce:
«Chiamala.»
Lei chiamò: «Marie. Porta giù la lampada. L’aggiusteremo in cucina. Sbrigati, ragazza mia. Stamattina siamo in ritardo.»
Non ottenne risposta. Chiamò di nuovo.
«Marie! Ti ho detto di scendere subito. Basta con queste sciocchezze.»
Silenzio. Lei guardò George. Quello allungò la mano, prese il fucile che Douglas aveva portato, e cominciò a salire. Aveva la faccia incupita, e Mandy notò il tic all’occhio. Dopo un attimo d’esitazione Douglas lo seguì, e anche lei salì. Le scale cigolarono sotto i loro passi. Mandy attese un suono qualunque… un rimprovero, un grido, non sapeva neppure lei che cosa. Ma non udì nulla.
George aprì la porta con un calcio ed entrò, tenendo il fucile sotto il braccio destro e l’indice sul grilletto. Intimorita, Mandy attendeva lo sparo e il resto, ancora più orribile. Ma non ci fu nessuno sparo. Invece, i passi di George si fecero più svelti, attraversarono correndo la stanza.
Era vuota. La finestra era spalancata, e George era affacciato e guardava giù. Il soffio gelido dell’aria proveniente dall’esterno fece rabbrividire Mandy, ma seguì Douglas e si fermò accanto al marito. Era molto buio, e la nebbia era più fitta che mai. La neve, al suolo, era una confusa chiazza bianca, e non mostrava nulla di nulla.
Dodici metri più sotto.
Sporgendosi, Douglas esclamò: «Dio mio! Deve essersi ammazzata.»
«Lei? O loro?» George si scostò dal davanzale. «È quel che vorrei sapere.»
Anche Mandy si era voltata, e si stava precipitando verso la porta. George le gridò:
«Dove vai?»
«Solo a vedere se non si è fatta niente.»
George la raggiunse e l’afferrò per un braccio.
«Non fare sciocchezze, Mandy,» disse. «Probabilmente è proprio quel che vogliono loro.»
Lei lo fissò. «Ma non possiamo…»
«Sono in quattro, là fuori, cinque se contiamo il bambino. Un paio di loro possono essere feriti, ma non lo sappiamo con certezza. Tu resti in casa. Vai a svegliare Selby, e digli che si alzi. Andrò con lui e con Douglas a dare un’occhiata. Con il fucile.»
«Ma Marie può essere ferita gravemente.»
«Sì. E sarebbe meglio se fosse morta. Vai a svegliare Selby.»
Quando Mandy fu uscita, George chiuse la finestra, e mise il gancio. Quando uscì a sua volta, chiuse la porta a chiave dall’esterno, e fece lo stesso con l’altra porta, quella della stanza che era stata di Peter. Intascò le chiavi e accennò a Douglas di precederlo giù per la stretta scala.
Selby venne loro incontro sul ballatoio del primo piano, allacciandosi i calzoni. Era pallido ed esausto: la notte precedente aveva dormito molto meno degli altri, pensò Douglas; e quella notte aveva fatto il turno di guardia centrale. E fisicamente era un individuo più febbrile che energico.
Selby disse, con quella sua voce piuttosto acuta:
«Allora? Hanno preso Marie? Come sono arrivati fino a lei? Io sono sicuro che non è salito nessuno durante il mio turno di guardia.»
«Neppure durante il mio,» fece Douglas.
«Magari tirerò a indovinare,» disse George, «ma Peter, da giovane, era uno scalatore. Forse si è arrampicato all’esterno della casa, ed è entrato dalla finestra. Marie non aveva messo il gancio.» Respirò, pesantemente. «Una grossa imprudenza, da parte sua.»
Douglas disse: «Da giovane… ma adesso? Quanti anni ha… verso i settanta?»
«Sessantaquattro,» disse George. «È nato il giorno in cui morì la regina Vittoria. Ne era un po’ orgoglioso.»
Douglas pensò a Peter, con i capelli bianchi e la leggera zoppia dovuta ai reumatismi. «Ma in ogni caso…»
«È possibile,» disse Selby. «Se non t’importa molto di te stesso. O se non importa a chi dispone di te. Mandy dice che Marie si è buttata dal balconcino. Suppongo che lo abbiano fatto tutti e due. Vale la stessa spiegazione.»
George disse: «Penso che dovremmo uscire a vedere. Se uno di loro si è rotto una gamba…»
«Sarebbe una fortuna,» disse Selby. «Non abbiamo mai avuto occasione di osservare bene uno di loro, tranne all’inizio. E allora non sapevamo che cosa avevamo per le mani.»
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