John Christopher - I possessori

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I possessori: краткое содержание, описание и аннотация

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Sfuggiti a una catastrofe cosmica i Possessori vagavano negli spazi siderali. Le spore erano state lanciate in tempo con la speranza che potessero ricreare su qualche pianeta remoto quelle creature quasi onnipotenti del cui seme erano portatrici. Le spore viaggiano.. e periscono.. nel gelo incommensurabile dei giganteschi pianeti esterni… ma alcune sopravvivono. Riposano tra i ghiacciai in attesa della vita. E sulla Terra, in Svizzera, uno strano contagio minaccia l’uomo. Pazzia, redivivi, strane cose succedono. Questa strana “presenza” deve essere distrutta!

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«No, che io sappia. George la tiene spenta il più possibile. Le pile si stanno scaricando.»

«Sì, immagino.» Guardò fuori dalla finestra. «Mi sembra che non ci siano cambiamenti, là fuori.»

Tacquero. Sembrò che fosse passato molto tempo, prima che le figure dei tre uomini tornassero a materializzarsi. Ma, guardando l’orologio, Jane si accorse che erano stati assenti non più di dieci minuti. Ed erano tre, non quattro. Dunque non avevano trovato Peter. Insieme a Elizabeth, andò ad aprire la porta per farli entrare.

Douglas e Selby tremavano per il freddo. Selby disse:

«Non vedo l’ora di andare a pranzo. E prima ci vorrebbe qualcosa per scaldarmi.»

George tirò il catenaccio, e girò nella serratura la pesante chiave di ferro. Poi si raddrizzò e guardò gli altri.

«Un po’ di esercizio è quello che ci vuole,» disse.

«Che progetti ha?» chiese Selby.

«Inchiodare delle assi alle finestre, qui sotto.»

«Lo ritiene necessario?» chiese Douglas.

Selby disse, lentamente: «Sì, credo che George abbia ragione. È meglio cominciare subito, no?»

«Non sarebbe male.»

Di nuovo la paura, la ripugnanza. Jane disse:

«Sta diventando un assedio, no?»

Elizabeth chiese: «Non avete visto Peter? E gli altri?»

Selby scosse il capo. «Non si riesce a vedere a più di dodici passi di distanza. Ma Peter non era vicino alle cataste di legna; e non credo che sia vicino alla casa. Abbiamo fatto il giro.»

«Allora lo hanno preso,» disse Elizabeth.

L’osservazione cadde nel silenzio. Poi George disse, in tono vivace:

«Per fortuna abbiamo tutto quel legname che avevamo intenzione di adoperare per un capanno nuovo. I pezzi più corti andranno bene come sono. Li metteremo in diagonale… non ne occorrono molti.»

Selby disse: «Però gli spazi che restano debbono essere così piccoli da non lasciar passare un bambino. Altrimenti, sarà tutto tempo perso.»

George lo guardò, incupito. «Sì. Le mostrerò dove sono il martello e i chiodi, e lei e Douglas potrete cominciare subito, mentre io sego le assi più lunghe.»

Jane tornò di sopra, ma i rumori della sega e del martello la seguirono. La carta da lettere era dove l’aveva lasciata, sul tavolo accanto alla finestra. Sedette e la guardò. «Il vecchio Peter, l’uomo di fatica, è scomparso poco fa. A quanto pare è impazzito anche lui, e adesso sono in quattro a vagare nella nebbia. Gli uomini stanno barricando la cantina, per timore che quelli cerchino di entrare…» No, non c’era nulla da dire, nulla da comunicare. Solo… comincio ad avere paura. E a sentirmi sola. Pensò a Mandy, occupata a preparare il pranzo, e pensò di andarle a chiedere se avesse bisogno d’aiuto.

Mandy era sola in cucina. Quando Jane entrò, era in piedi sulla scaletta, e metteva in ordine qualcosa, su uno degli scaffali. Si girò in fretta, posandosi una mano sul petto, e per un momento rischiò di perdere l’equilibrio.

«Oh…» Sorrise, nervosamente. «Mi aveva fatto paura.»

Sul ripiano c’erano dei barattoli, alcuni di conserva, altri di zucchero. Jane disse:

«Mi dispiace, Mandy. Volevo chiederle se posso darle una mano.»

«Oh, grazie, Jane. Ma penso che possiamo arrangiarci da sole.»

Prese la scaletta e, senza un motivo apparente, la mise sotto la finestra. Jane chiese:

«Sbarreranno anche questa finestra?»

«Lei crede di sì?»

«Se hanno paura che qualcuno cerchi di entrare in casa. Da questa parte è al livello del pavimento.»

«Qui c’è sempre qualcuno.»

«Durante il giorno, sì. Ma di notte…»

«Santo Dio!» esclamò Mandy. «Sbarrare le finestre per… I Deeping… il bambino… e il vecchio Peter…»

«Sì,» fece avvilita Jane. «Ma suppongo che niente impedisca loro di presentarsi alla porta, se vogliono tornare.»

«E Andy,» disse l’altra. «Magari vorrebbe rientrare… Non posso credere che sarebbe capace di fare qualcosa di male, così piccolo. E pensare che è là fuori… al freddo, affamato… È terribile.»

George, che stava arrivando in quel momento dal corridoio, domandò: «Cosa c’è di terribile?»

«Andy, là fuori.»

In cantina stavano ancora smartellando. George disse:

«Sì. Selby e Douglas hanno quasi finito. Ho detto loro di venire in salotto, dopo.» Guardò Jane. «Può chiamare gli altri? Tanto, è quasi ora di pranzo.»

Quando furono tutti riuniti, George disse: «Non mi piace ripetermi cento volte, quando non è necessario, ma ci sono due o tre cose che dobbiamo chiarire. Innanzi tutto, non credo che abbiamo seri motivi di preoccuparci, purché facciamo appello al buon senso. Se Peter è… passato dall’altra parte, adesso sono in tre, là fuori. E noi siamo otto.»

Selby lo corresse: «Tre, più il bambino.»

«E noi abbiamo Steve. Ma non contavo i bambini. Il fatto è che siamo molto più numerosi di loro. Possiamo correre pericolo solo individualmente.»

Elizabeth teneva stretto Stephen a sé.

«C’è bisogno di me e di Steve per questa chiacchierata?» chiese. «Se si tratta di una cosa importante, potete dirmelo dopo.»

«Penso che Steve dovrebbe restare,» disse George. «Non possiamo guardare troppo per il sottile. Probabilmente, con Peter abbiamo avuto molta fortuna.»

«Fortuna?» fece Elizabeth.

«Sì: perché ci siamo accorti che se ne era andato. Ecco, questo cambiamento, qualunque cosa sia… non sappiamo quanto tempo richieda, ma direi non molto. Voglio dire, Leonard era già cambiato quando è sceso nella camera di Douglas. E Ruth, quasi certamente, era già cambiata quando l’abbiamo trovata là fuori con il bambino… e non poteva essere fuori da più di mezz’ora. Se Peter fosse rientrato… probabilmente non ci saremmo accorti di niente. Marie non ci avrebbe neppure detto che era uscito. Oppure, lui l’avrebbe fatta tacere.»

Guardò gli altri, intento e torvo.

« Peter sarebbe entrato in casa. Uno di loro. E senza che noi sospettassimo nulla. »

Mandy disse: «Pensi che sarebbe ritornato? E allora, non potrebbe tornare ancora adesso?»

«È improbabile. Anche se non si fossero accorti che eravamo usciti a cercarlo, adesso vedranno le finestre sbarrate, e si renderanno conto che abbiamo capito.»

Douglas disse: «Avremmo potuto sistemare le finestre più tardi, sicuro. Forse Peter sarebbe tornato, e avremmo potuto catturarlo.»

«Non credo,» disse George. «Non credo che siano disposti a correre rischi. E non dobbiamo correrne neppure noi. Questo vale anche per te, Steve. Capisci?»

Stephen annuì. «Se vedo qualcuno di loro, verrò subito a dirvelo.»

«E se c’è qualche possibilità che ti raggiungano, urla. Urla con tutto il fiato che hai nei polmoni. È quel che faremo anche noi adulti, quindi mettici tutto l’impegno. Quelli là fuori non sono veramente tua madre e tuo padre e Andy.»

«Lo so. Sono ammalati.»

«Ammalati,» ripeté George. «E possono farti del male. Dobbiamo restare tutti insieme il più possibile. E soprattutto, non dobbiamo scendere da soli in cantina. E nessuno deve uscire in nessun caso, a meno che prima ci si metta d’accordo.»

Diana chiese, inquieta: «Per quanto tempo durerà?»

«Non lo sappiamo. Non per molto, spero.»

Lei guardò la finestra. «Se almeno la nebbia se ne andasse…»

«Se ne andrà,» disse Selby, in tono sicuro. «Domani, se non oggi. E probabilmente manderanno un elicottero, dalla valle, e allora tutto sarà sistemato. Ma per il momento, come dice George, siamo in una roccaforte, purché ci comportiamo con un po’ di buon senso. Abbiamo viveri e un tetto sulla testa, e il vantaggio numerico. Dobbiamo solo aspettare.»

Diana disse: «Ma la malattia…» Nella sua voce c’era un nervosismo non troppo lontano dall’isteria. «Possono aver lasciato dei germi nella casa!»

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