Stephen era calmo e composto, quando arrivò; Marie molto meno: sembrava avere dimenticato l’inglese che pure parlava discretamente, e rispose alle domande di Grainger con un torrente di parole francesi. Douglas riuscì a capire ciò che ripeteva con maggior insistenza: che Madame era invasata, e anche il bambino. Glielo avevano sempre detto, che c’erano i diavoli sulle montagne. Nel Friburgo lo sapevano tutti. Una sua compagna di scuola aveva uno zio prete che era andato in un villaggio del Pays d’Enhaut, e molte volte aveva dovuto esorcizzare i diavoli…
«Madame ti ha assalita?» chiese Grainger.
«Perché difendevo il bambino contro di lei.» Si era ripresa abbastanza da parlare di nuovo inglese. «Hanno assalito il bambino. Tutti e due insieme.»
Grainger disse gentilmente a Stephen: «Cos’è successo, ragazzo mio? Prima che arrivasse Marie?»
«È stato come in camera da letto.» Stephen rispose con voce bassa ma chiara. «Quando mi sono svegliato e li ho trovati vicini al mio letto. Tutti e due mi premevano addosso.»
«Credi che cercassero di farti del male?»
«Non lo so.» Il bambino aggrottò la fronte. «Non hanno cercato di… di picchiarmi, o qualcosa del genere. Mi stavano solo addosso. Ma io ho avuto paura. E poi, a toccarli erano strani.»
«Strani come?»
«Era come un formicolio.» Stephen scosse il capo. «Non saprei come dirlo.»
«Ti hanno detto niente?»
«No. È stata una delle cose che mi hanno spaventato di più. Mi fissavano e non dicevano niente.» Il bambino guardò Grainger. «Poi è venuta Marie, ma loro hanno continuato a cercare di tenermi stretto. Poi, quando è venuta Mrs. Hamilton, mi hanno lasciato andare e sono scappati via. Lei sa dove sono andati?»
«Fuori, da qualche parte. Li stanno cercando. Senti, non ti devi preoccupare, Steve. La tua mamma… adesso non sta bene. La gente, qualche volta, fa delle cose strane quando è ammalata.»
«E Andy? È ammalato anche lui?»
«Sì, in un certo senso.»
Grainger fece un cenno a Marie, che condusse il bambino fuori dalla stanza. Poi Mandy disse:
«Dunque è una malattia?»
Grainger trasse un profondo respiro. «Be’, sì. Se chiamiamo malattia l’assenza di ciò che viene definita come salute… mentale o fisica. Ma questo non ci chiarisce molto le idee.»
Su questo, Douglas era completamente d’accordo. Era una gran confusione. C’erano malattie che facevano impazzire la gente? Si vergognava troppo della sua ignoranza in fatto di medicina per chiederlo a Grainger; e Grainger, del resto, sembrava frastornato quanto gli altri. Idrofobia… un lupo idrofobo? Ma i sintomi erano senza dubbio diversi, e non c’erano lupi tra quelle montagne; e non c’erano neppure cani più in alto di Nidenhaut.
Jane, come se interpretasse i pensieri di Douglas, disse a Grainger: «Comunque, non si tratta di una malattia che lei può riconoscere… qualcosa di particolare?»
«No,» rispose ironicamente Grainger. «Non la riconosco. Forse se scrivessi un articolo su di essa, sul British Medical Journal , le darebbero il mio nome. La Demenza di Grainger. O forse ha ragione Marie, e tutto andrà a posto quando comparirà un monaco dalla tonaca nera, guidando una schiera di grossi sanbernardo e aspergendo acqua santa.»
«Che cadrà,» mormorò Elizabeth, «in minuscoli ghiaccioli scintillanti. È un pensiero simpatico.»
Diana disse: «Parlando sul serio , Selby. Lei deve avere un’idea di quello che è successo a quei due. Voglio dire… be’, dovrebbe. »
«Vuol dire escludendo le malattie ignote alla scienza medica, oltre ai diavoli delle montagne? Non saprei cosa dire, purtroppo. Isterismo contagioso? Ma non avrei mai detto che Ruth fosse un tipo isterico, e un contagio del genere è improbabile. Tuttavia, immagino che sia ancora l’ipotesi più credibile.»
«E quando li riporteranno qui,» chiese Mandy, «cosa dovremo fare?»
«Chiuderli sottochiave, ritengo, fino a quando non potremo condurli giù da questa montagna, in un posto dove possano ricevere assistenza medica adeguata.»
«Insieme?»
«Sì, c’è questo fatto. Niente fa pensare che Ruth intenda fare del male al bambino, tuttavia è un rischio che non si può correre.»
Mandy disse, in tono preoccupato: «Non so proprio dove potremmo metterli… in un posto sicuro. La mansarda, forse. E trasferire dabasso Marie e Peter, da qualche parte.» Guardò Grainger con aria interrogativa. «Ma le finestre non hanno sbarre né altro.»
«A questo si può rimediare facilmente,» disse Grainger. «L’importante, per prima cosa, è riportarli qui.»
George ritornò insieme a Deeping e a Peter, a mani vuote e sconcertato. Andò al bar, lo aprì, e versò da bere agli altri due uomini e a se stesso.
«Oggi apriamo presto,» disse. «Ho l’impressione che non mi farà male un goccetto. Proprio niente male.»
Douglas l’aveva seguito, insieme a Grainger. Il chirurgo disse:
«A me andrebbe bene un whisky, dacché ci siamo. Immagino che non abbiate trovato traccia di quei due.»
George non rispose subito. Versò da bere a Grainger e poi rialzò la bottiglia, fissando Douglas.
«Qualcosa anche per lei?»
«Sì,» fece Douglas. «Un whisky mi andrebbe bene.»
«Allora un cicchetto per tutti,» disse George. «No, non ne abbiamo visto neppure l’ombra. Era quello che lei aveva predetto, no?»
Grainger disse: «Non avevo predetto niente. Diciamo che non sono troppo sorpreso.»
«E va bene. Perché non è sorpreso? Proviamo un po’ a fare domande e risposte razionali.»
«Avete trovato le loro tracce?» chiese Grainger.
George disse, disgustato: «Questa maledetta montagna è tutta coperta di orme.»
«Volevo dire oltre lo sperone.»
«Ce ne sono anche lassù. Le abbiamo lasciate noi, durante le ricerche precedenti. Avanti, mi risponda: perché non è sorpreso?»
«Gliel’ho detto: il bambino è sparito per tutto quel tempo. E poi è ricomparso, vispo e in forma. Be’, abbastanza vispo e in forma.»
«Perché aveva trovato una buca nella neve e si era addormentato lì dentro. Non vorrà dire che tutti e due abbiano scavato una buca e si siano messi a dormire? Senta, il medico è lei. Dovrebbe essere in grado di capire che cosa è logico e che cosa non lo è.»
«Già, dovrei,» disse Grainger. «Dovrei saperlo. Purtroppo non sono mai stato un credente incrollabile nell’ortodossia come certuni dei miei colleghi. Ha mai sentito parlare del conte Mesmer?»
Gli altri lo fissavano senza capire. Douglas chiese: «Mesmerismo?»
«Un mezzo matto,» disse Grainger. «Cominciò come astrologo, e poi cominciò a far passare delle calamite sul corpo della gente. Alla fine, lo buttarono fuori da Parigi. Ma venticinque anni più tardi, il mesmerismo andava tanto forte che dovettero istituire una commissione d’inchiesta governativa per studiarlo. La Société Royale de Médicine nominò una commissione, formata di uomini prudenti e competenti, e quelli si misero all’opera. Continuarono a riunirsi per sei anni, interrogarono centinaia di persone, e stilarono una relazione.
«Il loro compito principale consisteva nell’indagare sulle possibilità terapeutiche del mesmerismo. E constatarono che esitevano davvero. Ma non si fermarono qui. Dissero che erano dimostrate anche la telepatia e la chiaroveggenza per mezzo del mesmerismo.»
Douglas chiese, incredulo: «Una commissione medica francese affermò tutto questo?»
«Sì, ma poi tutto venne sistemato,» continuò Grainger. «La relazione non venne mai pubblicata. Immagino che stia ancora ammuffendo in qualche archivio parigino. Fu nominata un’altra commissione, presieduta da un tale famoso per aver dichiarato in lungo e in largo che il mesmerismo era una truffa, una ciarlataneria. Esaminarono due soli soggetti, in condizioni piuttosto ostili, e si precipitarono a sfornare una relazione. Quella la Société la stampò. Sentenziava che il mesmerismo era tutto un imbroglio, e che la prima commissione si era lasciata raggirare. E l’indagine scientifica sull’argomento finì lì.»
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