Lui sogghignò. «Questo dovrei essere io, a chiederlo.»
E naturalmente aveva ragione: avrebbe dovuto essere lui a chiederlo.
Mandy sorrise di nuovo. «Non mi preoccupa. Non mi preoccupa affatto.»
«Che cosa ti preoccupa, Mandy?»
George parlava dolcemente. Lei sapeva cosa intendeva dire, e avrebbe voluto essere in grado di rispondere. Era così buono. Lo aveva capito subito, quando l’aveva conosciuto, e adesso lo sapeva con maggiore certezza, perché lo vedeva più chiaramente, non più accecata dal sentimento che l’aveva sopraffatta ed esaltata e distrutta.
«Niente,» disse. «Non c’è niente che mi preoccupi. Tesoro, vai a occuparti dei nostri ospiti: io devo badare alla cucina.»
Ruth scese dopo un po’, portando Andy con sé. Mandy le chiese se volevano pranzare, ma lei rifiutò.
«Ma Andy deve mangiare qualcosa,» insistette Mandy. «Questa mattina non ha preso altro che latte e uova.»
«No. Cioè, ha mangiato della cioccolata, di sopra. Dove sono gli altri?»
«Quasi tutti fuori a sciare. Ma credo che suo marito sia in salotto.»
«E Stephen?»
«È sceso a giocare con l’Escalado.»
«Allora andremo a cercarlo.»
Mandy li guardò uscire, vagamente inquieta. Camminavano ancora tutti e due in quel modo strano… lento, deliberato, sembrava indicare che non si fossero ripresi a sufficienza dagli eventi recenti. E avrebbero dovuto mangiare qualcosa. Pensò che forse era meglio seguirli, e cercare di convincere almeno Andy: dopo quello che aveva passato aveva bisogno di cibi caldi, nutrienti. Ma decise di non farne niente. Ruth era una donna non molto più giovane di lei, e aveva le sue idee. Si sarebbe offesa se qualcun altro avesse preteso di conoscere meglio di lei le esigenze di suo figlio.
Stava guardando la nuova infornata di pane che aveva appena tirato fuori, quando sentì il grido. Era indistinto, ma riconobbe la voce di Marie. Ma dov’era? Fuori? Poi ricordò: l’aveva mandata giù in dispensa a controllare varie cose, prima di pianificare i pasti dei giorni successivi. La voce chiamò ancora: «Madame!» Mandy scostò l’ultima piastra e scese correndo le scale.
La voce era più forte e invocava aiuto. E c’erano altri suoni. Provenivano dalla sala giochi. Attraverso la porta aperta vide un groviglio di figure che lottavano: Ruth, Marie, i due bambini. Non riuscì a capire cosa fosse accaduto e, frastornata, gridò:
«Che c’è? Cosa succede?»
I volti delle due donne si girarono verso di lei, quando varcò la soglia. Quello di Marie era sconvolto e spaventato. Quello di Ruth… Ciò che vide in quell’istante l’inorridì. Non era odio, ma freddezza, un vuoto orribile. E… fame. La spaventò, ma lei avanzò egualmente di un passo.
«Ruth…» disse.
Vi fu un momento di equilibrio, d’immobilità, e poi si spezzò. Due figure piombarono verso di lei: non solo Ruth, ma anche il piccolo Andy. Erano impazziti tutti e due, pensò e si ritrasse. Avrebbe voluto gridare aiuto, ma non poté. Si avventarono verso di lei, la raggiunsero, scaraventandola da parte, passarono. I loro passi si persero nel corridoio, in direzione della porta della cantina. Marie piangeva, l’altro bambino era sbiancato in volto. Mandy si scosse, e andò verso di loro.
Lo sci non era fatto per lui, aveva stabilito Douglas. Era una decisione raggiunta in via dubitativa ai suoi primi tentativi, durante il servizio militare, ma gli anni trascorsi avevano cancellato il ricordo. Adesso stava imparando daccapo che il suo senso dell’equilibrio non era eccellente, e che faticava ad abituarsi alla perdita di contatto con il terreno solido. E naturalmente quella neve, su cui finiva sempre per cadere pesantemente, era più fredda ed umida di quanto si potesse immaginare guardandola.
Adesso che aveva rinunciato a sforzarsi di non pensare a Caroline, poteva essere onesto con se stesso per quanto riguardava la vera ragione per cui era venuto lì. Tony, il marito di lei, era un abile sciatore; le due settimane ogni anno, in gennaio, erano state una tristezza che gettava la sua ombra sul Natale, già di per sé così triste, da superare cupamente e senza protestare. Caroline aveva sempre detto che non le piaceva andar via, ma lui aveva sospettato che non fosse del tutto vero. Caroline era fisicamente efficiente, ed era inevitabile che le piacesse sciare. Probabilmente stava sciando anche adesso, negli Stati Uniti. Di sicuro, c’erano stazioni invernali a poca distanza da New York. E lui era lì, a pasticciare sui facili pendii di una montagna svizzera… Era ridicolo.
Non era mai riuscito a capire quale parte avesse nella vita di lei. Talvolta pensava di essere qualcosa d’importante, talvolta qualcosa di trascurabile. Le aveva creduto, e le credeva ancora adesso, quando lei diceva che, a parte Tony, era stato il solo uomo della sua vita. Caroline non era il tipo di donna che si dava da fare per attirare l’attenzione maschile. E quella certezza, all’inizio, gli aveva dato un senso di trionfo e di sicurezza. C’era il bambino, ma aveva quattro anni — lei si era sposata molto giovane — e a otto avrebbe dovuto andare alla vecchia scuola di Tony. All’inizio, Douglas non aveva insistito per ottenere assicurazioni circa il futuro, perché aveva presunto di sapere come sarebbero andate le cose. Quando Rodney fosse stato via per due terzi dell’anno, niente avrebbe potuto nasconderle quant’era vuoto il suo matrimonio. Tony, che lui aveva incontrato un paio di volte, era un uomo simpatico, civile. Le avrebbe accordato il divorzio, se lei lo avesse chiesto.
Un paio d’anni più tardi, la sua sicurezza aveva incominciato a sgretolarsi. Non perché lei mostrasse di volersi tirare indietro, perché sembrava innamorata come sempre, disponibile per quanto lo permettevano le esigenze della sua vita: ma era stato, piuttosto, un crescente senso di coinvolgimento da parte sua. Non si accontentava più di attendere in ufficio le telefonate che gli annunciavano quando avrebbe potuto vederla. E lei gli aveva proibito di chiamarla… poteva rispondere la cameriera, sua madre veniva spesso a trovarla, Tony rientrava talvolta ad ore strane. Lui all’inizio aveva accettato abbastanza di buon grado quel divieto, ma all’improvviso gli era diventato insopportabile. Si sentiva sempre più legato alla vita di Caroline, anzi, legato alla cameriera, a sua madre, persino a Tony; mentre lei era libera.
La prima crisi avvenne non quando Douglas le chiese di andarsene con lui, ma un paio di settimane più tardi. Glielo chiese nella fresca camera da letto azzurra e bianca della casa di Blackheath, mentre Tony era a Parigi, la cameriera aveva il pomeriggio libero, e la madre era andata a trovare l’altra figlia dall’altra parte di Londra: e Caroline aveva sorriso, e aveva detto che sarebbe stato bello, se avessero potuto farlo. Quando le aveva chiesto perché non potevano, lei aveva detto, naturalmente, che era per via di Rodney. Anche quel pomeriggio lei aveva dovuto mandare un’amica a prenderlo a scuola, e a portarlo a prendere il tè insieme al suo bambino. Lui le aveva posato le mani sul seno e aveva detto: «E va bene. Ma quando lui andrà via… Prometti?» Avrebbero visto, aveva risposto Caroline, e come sempre, lui aveva ammirato la sua onestà. Lei non avrebbe mai fatto una promessa a vuoto. Sarebbe stato bellissimo, ma potevano capitare tante cose. Avrebbe visto. Poi lei aveva fatto guizzare la lingua, e i capezzoli si erano irrigiditi contro le dita di Douglas.
Ma lui se ne era andato insoddisfatto, turbato, e l’insoddisfazione e il disagio erano cresciuti durante la settimana successiva, in cui non l’aveva più vista e non le aveva parlato. Quando poté rivederla, nel proprio appartamento, perché lei era andata ufficialmente a trovare la zia di Winchester che era stata la causa del loro primo incontro, lui era nervoso e deciso. Quella vita non andava bene. Doveva esserci una stabilità, se non subito almeno in un futuro prevedibile: se questo non era possibile, allora era meglio rompere, senza rancore.
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