Bob Shaw - Autocombustione umana

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Autocombustione umana: краткое содержание, описание и аннотация

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Nella cittadina americana di Whiteford una ragazza va in cucina a preparare il caffè lasciando il padre seduto nella sua poltrona. Quando ritorna dopo pochi minuti, la stanza è piena di fumo ma non c’è più incendio: ciò che è bruciato (dall’interno) e ridotto in finissima cenere, è soltanto suo padre. Si scopre allora che testimonianze più o meno credibili sul fenomeno del CUS (Combustione Umana Spontanea) si erano avute fin dall’antichità. E pochi giorni dopo, nella stessa cittadina — un secondo caso si verifica sotto gli occhi dello stesso scettico giornalista che sta indagando sul primo. L’“autocombustione umana” è ormai un fatto accertato. Resta solo da spiegare chi o che cosa “si nasconda” dietro il mostruoso fenomeno.

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Jerome si rizzò a sedere. «State parlando della Quicksilver ? La nave che è già in viaggio?»

«Sì» ammise Conforden. «Uno dei membri dell’equipaggio è un dorriniano, uno dei tanti che abbiamo inserito nei programmi di addestramento degli astronauti. Ha l’incarico di prendere il Thrabben in un punto prestabilito della superficie…»

«Ma come sapete dove…?» Jerome s’interruppe. Aveva capito. «Quindi qui non è precipitata nessuna astronave proveniente dallo spazio esterno?»

«Esatto, Rayner. Abbiamo costruito una sagoma di metallo che può sembrare parte del relitto di una grossa astronave, piazzandola poi in un punto visibile dalla Terra. Diciotto dorriniani hanno perso la vita nel corso di quell’operazione, ma erano consapevoli dei rischi che correvano, e noi non ci rammarichiamo per la loro perdita.»

La memoria fotografica di Jerome, subito galvanizzata, produsse l’immagine di un francobollo semicircolare su una busta gettata via.

«Nello studio di Pitman, a Whiteford, ho notato la busta di una lettera proveniente da Cryo-Care.»

«Movik aveva ragione quando ha deciso che dovevate essere trasferito» disse Conforden. «Sì, la CryoCare è in massima parte un’impresa dorriniana.»

«E avete i quattromila corpi?»

«Sì, li abbiamo. Non è stato facile trovare tante persone prive di relazioni che complicassero l’impresa e stessero per morire di malattie che noi potremo debellare dopo la reincarnazione. La necessità del segreto più assoluto ha reso ancora più difficili le cose, ma alla fine siamo riusciti nell’intento.»

«Siete pieni di segreti, voialtri» disse Jerome, camuffando sotto quella blanda critica il profondo disgusto ispiratogli dalle parole di Conforden.

Quelle frasi pronunciate con calma nascondevano scene di puro orrore.

«Non è nella nostra natura» asserì Conforden rispondendo alla sua osservazione. «Sia o stati costretti a lavorare di nascosto per via di alcuni pregiudizi prevalenti sulla Terra.»

«Pregiudizi contro il furto di cadaveri, per esempio.»

«Quello che dite mi dà ragione, Rayner. Pensate a come sarebbero state esagerate le vostre reazioni se foste vissuto in un’epoca più ignorante e superstiziosa. Il loro rapporto con la combustione umana sarebbe bastato a bollare tutti i dorriniani come emissari del diavolo. Ma anche oggi dobbiamo affrontare fin troppi ostacoli e pericoli.»

«I voli spaziali sono di per sé rischiosi» osservò Jerome. «Se il … il Thrabben è tanto importante per voi, vi sembra prudente trasportarlo sulla Terra a bordo di quella che in definitiva, nel suo genere, è una nave primitiva? Non sarebbe meglio aspettare altri cinquanta o cento anni fin quando i viaggi spaziali saranno più sicuri?»

«Abbiamo discusso a lungo su questo punto» rispose Conforden, guardandolo con occhi pieni di tristezza. «Avete lasciato solo da tre giorni il vostro mondo e vi siete già scordato come vanno le cose? Siete veramente convinto che la Terra stia entrando in un periodo di stabilità e di miglioramento come sarebbe necessario per lo sviluppo dei voli interplanetari?»

«È difficile dirlo.»

«Non cercate di illudervi, Rayner. Le attuali condizioni dei rapporti fra le grandi potenze terrestri fanno pensare che la Quicksilver sarà probabilmente l’ultima nave lanciata nello spazio. Anche se a quella attuale succederà un’altra civiltà, potrebbero passare millenni prima che si sviluppi di nuovo una tecnologia spaziale. I Dorriniani hanno avuto la pazienza di aspettare molto a lungo, il tempo invece non esiste per i Quattromila, ma siamo privi di risorse. No, amico mio, sarà la Quicksilver a portare il Thrabben sulla Terra.»

«Dalla vampa solare al fuoco nucleare?»

«Abbiamo discusso anche su questo aspetto della situazione. Abbiamo fiducia nella nostra capacità di infondere nuovi elementi positivi nella civiltà terrestre in modo da invertire le tendenze che la stanno portando all’autodistruzione. La presenza non più segreta dei dorriniani sulla Terra costituirà un enorme potenziale benefico. In effetti, è in previsione di questo che ci sentiamo moralmente giustificati per esserci intromessi nel vostro mondo.»

«Siete un popolo altamente etico» commentò seccamente Jerome.

«Infatti. Ed ora, Rayner, sapete pressappoco tutto. Lo scopo di questi colloqui consiste nell’accertare in quale modo un nuovo arrivato può meglio inserirsi nella civiltà del Recinto, e far sì che possa dare il massimo rendimento. Ma prima vogliamo che vi dichiariate disposti a collaborare. Chi lavora deve farlo di sua volontà.»

«Me ne aveva già parlato Pitman» disse Jerome. «E io gli ho detto che non mi andava l’idea di tradire tutta la popolazione della Terra. Non mi piace quello che mi avete fatto e non ho intenzione di lavorare per voi.»

«Non devi far così» intervenne Thwaite che prendeva la parola per la prima volta dall’inizio della riunione. «Noi lavoriamo per noi. È la nostra unica possibilità di tornare a casa.»

«Credo che mi abbiate perduto da qualche parte» ribatté Jerome poco persuaso. «La mia vera casa è molto, molto lontana.»

«Il trasporto del Thrabben sulla Terra sarà solo il primo passo di una più grande migrazione» disse Conforden. «Quando i Quattromila si saranno reincarnati e una nazione dorriniana si sarà stabilita sulla Terra, il passo successivo consisterà nel creare astronavi di nuovo tipo per trasportare tutti noi. Questo progetto potrà sembrare irrealizzabile e visionario, ma può realizzarsi, e, naturalmente i terrestri che sono stati trasferiti su Dorrin avranno la precedenza al momento di assegnare i posti sulle navi. Noi siamo l’ultima generazione di esseri umani costretti a vivere sottoterra su questo pianeta.» Pirt Conforden fece una pausa, e poi, rivolgendosi direttamente a Jerome: «E voi, amico mio, potrete tornare sulla Terra fra meno di dieci anni.»

7

Vicino al Compartimento 18 si era verificata una serie di fughe d’aria e una squadra di manutenzione era stata mandata in quel settore per le riparazioni.

La stanchezza dovuta al lavoro era aggravata dall’insofferenza che Jerome provava perché non riusciva a valutare il tempo. Il “giorno” dorriniano non aveva niente a che fare con la rotazione del pianeta, ma si basava su ritmi approssimativi ereditati dal leggendario pianeta natale. Avevano detto a Jerome che equivaleva a circa ventisei ore terrestri. Dato che il suo nuovo corpo era abituato fin dalla nascita a quel ritmo non avrebbe dovuto avere problemi di adattamento, tuttavia il fastidio restava. Era abituato a valutare l’orario di lavoro in unità orarie, e trovava molto scomodo il giorno dorriniano diviso in mille unità uguali chiamate mirds.

Anche gli orologi gli parevano inutilmente approssimativi. Funzionavano a risonanza molecolare, che era un prodotto della microtecnica psichica in cui i dorriniani eccellevano. Il quadrante recava due file di cifre dorriniane, di cui quella superiore indicava il conto mird della giornata e quella inferiore il numero dei giorni trascorsi dalla creazione del Thrabben. Jerome trovava quel sistema troppo semplicistico per i suoi gusti. Gli mancava il comodo arrangiamento dei cicli — anni, mesi, settimane, giorni, ore, minuti, secondi — mediante i quali sulla Terra si distinguevano le realtà dell’entropia.

Non gli andava neanche di dover lavorare in una tuta a tenuta stagna di fattura rozza e primitiva. In prossimità del compartimento 18 il tunnel correva vicino alla superficie, e per buona parte della giornata planetaria la temperatura interna era eccessivamente elevata. La tuta non era dotata di un sistema di raffreddamento e anche quando chi l’indossava stava fermo si trasformava in un’umida, soffocante autoclave. Nei periodi di attività fisica diventava addirittura insopportabile, ma era necessaria, perché se si formava qualche grossa crepa nelle pareti l’aria veniva risucchiata all’esterno.

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