Bob Shaw - Autocombustione umana

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Autocombustione umana: краткое содержание, описание и аннотация

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Nella cittadina americana di Whiteford una ragazza va in cucina a preparare il caffè lasciando il padre seduto nella sua poltrona. Quando ritorna dopo pochi minuti, la stanza è piena di fumo ma non c’è più incendio: ciò che è bruciato (dall’interno) e ridotto in finissima cenere, è soltanto suo padre. Si scopre allora che testimonianze più o meno credibili sul fenomeno del CUS (Combustione Umana Spontanea) si erano avute fin dall’antichità. E pochi giorni dopo, nella stessa cittadina — un secondo caso si verifica sotto gli occhi dello stesso scettico giornalista che sta indagando sul primo. L’“autocombustione umana” è ormai un fatto accertato. Resta solo da spiegare chi o che cosa “si nasconda” dietro il mostruoso fenomeno.

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«Vi stupisce?» rispose Jerome senza contraccambiare il sorriso. «Perché non dovrei sentirmi offeso… anzi, dovrei dire violentato?»

«Vi abbiamo salvato la vita.»

«A prezzo di quella di uno di voi. Non mi commuove.»

«Non importa se siete commosso o meno» osservò Zednil col tono mellifluo di chi gode nell’esercitare la propria autorità. «Fatto sta che siete qui e dovete adattarvi… come tutti gli altri.»

«No, Rayner ha ragione» disse Conforden. «Le circostanze del suo trasferimento sono state tutt’altro che normali, e io gli rivolgo le mie scuse anche a nome di tutti i Dorriniani. Il Principe Belzor è un rinnegato ed è stato ripudiato da tutti i Dorriniani, però noi siamo in parte responsabili delle sue azioni.»

«Ecco che ci risiamo!» saltò su Jerome. «Sono stufo di tutte queste chiacchiere a vuoto.» Si accorse che andava accalorandosi ma non si sentiva in obbligo di moderarsi. «Cosa diavolo sta succedendo, se è lecito saperlo? Voi ve ne state qui con le mani in mano a condannare quel Belzor, ma che diritto avete di interferire con le vite umane? Chi ve ne ha dato il permesso?»

«Noi non siamo alieni» disse Conforden senza alterarsi. «Potete vederlo da voi. Apparteniamo allo stesso ceppo razziale. Nessuno può dire perché i nostri comuni antenati decisero di istallare una colonia su un mondo inabitabile come Dorrin. Forse, agli inizi, era solo una squadra di scienziati, sono passati troppi secoli perché ne resti testimonianza, comunque resta il fatto che dorriniani e terrestri sono fratelli, e hanno obblighi reciproci.»

Jerome sospirò. «Forse sono ancora sotto l’effetto delle vostre droghe, ma questa secondo voi sarebbe una spiegazione del perché il vostro Belzor se ne va in giro ad ammazzare gente sulla Terra?»

«Credo che dovreste essere un po’ più rispettoso» gli disse severamente Zednik. «Dovrete imparare a…»

Conforden lo tacitò con un gesto. «Non fa niente, Mel… Rayner ha passato diversi brutti momenti» e a Jerome: «Sapete che i Dorriniani sono tenuti a rispettare un rigido codice morale?»

«Pitman continuava a ripetermelo.»

«Dopo il transfer il Dorriniano migliora le condizioni di salute del corpo terrestre mediante il diretto controllo dei suoi processi biologici. Per noi questa è una semplice procedura che consente al dorriniano di usufruire per molti anni di un corpo in ottime condizioni. Tuttavia il processo d’invecchiamento non si arresta e arriva il momento in cui il corpo terrestre s’indebolisce e comincia a morire. Arrivato a questo stadio, il dorriniano, disponendo delle risorse della nostra scienza mentale, e lavorando a distanza ravvicinata, può facilmente trasferirsi in un altro corpo terrestre più giovane e sano. Di conseguenza tutti i dorriniani trasferiti sulla Terra sono virtualmente immortali, ma la nostra etica proibisce ulteriori transfers. I dorriniani muoiono sempre insieme al corpo che li ospita.»

«Non sempre» mormorò Jerome come se una finestra si fosse aperta nella sua mente.

«È vero» ammise con vergogna e rammarico Conforden come se fosse lui il colpevole. «Il Principe Belzor vive sulla Terra da più di duemila dei vostri anni. Ha commesso molti delitti contro voi terrestri.»

«Avevo paura di lui» disse Jerome dopo un breve silenzio.

«E avevate ragione. Nel corso di tanti secoli, il Principe ha sviluppato i suoi poteri fino a raggiungere un livello senza precedenti. Anche il più forte dei dorriniani è impotente contro di lui.»

«Allora la cosa migliore è cercare di evitarlo.»

Conforden abbassò gli occhi. «È quello che abbiamo sempre fatto. È una politica da vigliacchi, e anche sbagliata, perché agli inizi, coalizzandoci, avremmo potuto avere la meglio su di lui. Ma eravamo pochi, e c’era tanto da fare. È sempre stato più facile non interferire col Principe… cercare d’ignorarlo in tutte le sue successive incarnazioni. Ma ora il Principe ha cominciato a prendersela anche con noi.»

«Perché?» Jerome aveva la sensazione di essere arrivato sull’orlo di un altro precipizio concettuale. «Perché lo fa?»

Conforden rialzò la testa e fissò Jerome negli occhi. «Perché ha paura che il suo regno stia per finire. Quando arriveremo in forze sulla Terra, a migliaia in un’unica migrazione, il Principe dovrà rispondere di tutti i suoi crimini.»

Il silenzio che calò nella stanza durò forse una ventina di secondi, ma a Jerome parve molto più lungo.

«Mi è lecito supporre che vogliate fornirmi ulteriori particolari?» chiese poi, turbato, ma parlando con voce ferma.

Conforden annuì. «Qui non abbiamo segreti, Rayner. Posso dirvi che poco tempo prima dei Giorni della Cometa, i nostri antenati si erano resi conto della necessità di ricorrere a misure eccezionali per conservare il nucleo della civiltà dorriniana. Era chiaro che gran parte della nostra razza stava per soccombere, perciò gli anziani scelsero quattromila individui fra i più dotati, ed escogitarono un piano di sopravvivenza. I kald dei Quattromila furono trasferiti in una matrice di cristallo indistruttibile.

«Io sono un dorriniano, ma non sono in grado di capire del tutto le interazioni fra mente e materia che portarono a quel risultato, quindi immagino come debba essere difficile per voi questo concetto. In parte, la telepatia è un processo fisico che richiede un apporto di energia mentale. Forse potrete capire meglio se vi dico che se una personalità può essere impressa nella struttura molecolare di un cervello ospite, può essere impressa anche su un’altra struttura complessa idonea. Per semplificare possiamo dire che i kald dei Quattromila si sono coagulati in un’unica gigantesca molecola. Per arrivare a questo i Quattromila dovettero naturalmente abbandonare la loro forma biologica, ma non morirono. Al contrario, i loro kald sono stati conservati al sicuro per tre millenni, in attesa di reincarnarsi.»

Conforden tacque e guardò Jerome. «Siete riuscito a seguirmi fin qui?»

«Fin qui e anche oltre» rispose Jerome. Il caldo eccessivo della stanza non riusciva a vincere il gelo che si era impadronito di lui da quando come in un lampo aveva cominciato a capire perché, fin dai tempi biblici, stranieri si erano furtivamente mescolati ai popoli della Terra.

«Forse sarà come dite» proseguì Conforden «ma io debbo chiarirvi i fatti storici. La parola dorriniana che definisce il ricettacolo dei kald dei Quattromila è Thrabben, e d’ora in avanti mi servirò di questo termine. Nessuna parola terrestre riuscirebbe nemmeno lontanamente a spiegare cosa significa il Thrabben per i dorriniani. È più che divino, è l’anima della nostra razza, l’incarnazione del nostro passato e del nostro futuro. Ogni dorriniano sarebbe pronto a dare senza esitazione la vita per proteggerlo, e il massimo onore a cui ciascuno di noi possa aspirare è di diventare Guardiano. Per questo noi li chiamiamo semplicemente Guardiani, in quanto nelle nostre esistenze tutto il resto è subordinato a questo compito.»

«Voi siete un Guardiano?» chiese Jerome.

«Ho questo onore.»

«Ma il vostro compito non consiste solo nel sorvegliare il Thrabben, non è vero?» Parlando Jerome guardava gli altri Terrestri. «A cosa servirebbe sorvegliare in eterno questo coagulo pietrificato? Giusto?»

«Giusto» rispose Conforden. «I Guardiani avevano anche la responsabilità di trasportare il Thrabben sulla Terra.»

«Una bella responsabilità» commentò Jerome.

«Potete ben dirlo.» Conforden non aveva apparentemente rilevato il tono ironico. «La mancanza di risorse non ci permetteva di creare i mezzi per trasportare il Thrabben attraverso lo spazio. Così ci mettemmo a lavorare clandestinamente sulla Terra, sistemando dorriniani in posti chiave, guidando dapprima la coscienza razziale umana verso l’astronomia e l’idea delle esplorazioni spaziali, poi pilotando la vostra scienza e la vostra tecnologia nella direzione giusta. Lavoriamo tutti tesi alla realizzazione dell’avvenimento più importante di tutti: il lancio di una nave con equipaggio umano destinata a Mercurio.»

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