«So che vi sentite stordito e confuso» continuò Conforden, «e probabilmente avrete anche un po’ di nausea, del che mi scuso in anticipo. Sono gli effetti delle sostanze che vi sono state iniettate, ma passeranno presto.»
«Medicinali? Anestetici? Gli occhi…»
«Non preoccupatevi per gli occhi. Ci vedete meglio o peggio di prima?»
«Molto meglio» rispose Jerome. «Mi trovo in un reparto traumatologico? Mi hanno sparato?»
Conforden fece un cenno di diniego e disse in tono gentile e rassicurante: «Siete in condizioni perfette. Rilassatevi, ma ascoltate bene quello che sto per dirvi. Sulle prime vi riuscirà difficile assimilarlo, ma io sono qui pronto a rispondere a tutte le domande, e vi assicuro che non vi succederà niente di spiacevole in questa nuova fase della vostra esistenza.»
Jerome meditò sulle ultime parole, vagamente consapevole che avrebbe dovuto trovarle minacciose. «Quello che dite pare un benvenuto in paradiso o all’inferno, o in qualche posto fra l’uno e l’altro.»
«No, siete ancora vivo» rispose Conforden. «Erano un benvenuto sul pianeta che voi chiamate Mercurio.»
Jerome rimase a fissare a lungo il soffitto, con il cervello trasformato in una palla di cotone, una massa cedevole incapace di rispondere agli stimoli. Sentiva cuore e polmoni funzionare come era loro compito, ma erano remoti come pulsar, persi in confuse distanze.
D’accordo, dunque adesso mi trovo su Mercurio , pensò. Non dovrebbe esser difficile approfondire la questione.
Jerome abbozzò un sorriso: «Mi sapete dire come sono arrivato qui?»
«Per prima cosa dovete sapere che Nitha Roll Movik, il Dorriniano che voi conoscevate col nome di Pitman, non ha mai avuto intenzione di uccidervi. Noi siamo un popolo etico e aborriamo l’omicidio.»
Con la mente ancora confusa, Jerome fece uno sforzo per ricordare quanto era successo al lago. «Il fucile» disse.
«Si trattava solamente di una restrizione fisica. Altri prima di voi sono venuti a conoscenza degli interventi dorriniani sulla Terra, costringendoci a ridurli al silenzio. Il metodo da noi usato consiste nel trasferimento della personalità di un volontario dorriniano in un corpo terrestre. Ma anche a un supertelepate riesce difficile mettere a fuoco una lente kald su un’unica persona a distanza interplanetaria. Normalmente occorrono parecchie ore, ma il procedimento può essere ridotto a un’ora o anche meno se il soggetto kald è immobile in una zona disabitata della Terra. Per questo Movik vi ha tenuto così a lungo sotto tiro… aspettava che venisse effettuato il trasferimento.»
«Purtroppo ha aspettato troppo.»
«Quando vi sentirete di farlo vorrei che mi diceste esattamente che cosa gli è successo.»
«Non lo sapete?» chiese Jerome, con l’impressione di divagare, di allontanarsi da un punto molto più importante. «Non mi leggete nel pensiero?»
«No. Le mie facoltà telepatiche sono ancora poco sviluppate. Riesco solo a captare l’immagine di un altro uomo armato di fucile… un duello…»
«Eravamo in barca sul lago» spiegò Jerome, «quando un uomo ha sparato a Pitman dalla riva. Ha cercato di uccidere anche me… ma io sono riuscito a… a eliminarlo.»
Sul viso di Conforden si dipinse un’espressione enigmatica. «Che aspetto aveva quell’uomo?»
«Sinistro. Malvagio» Jerome rievocò l’immagine di quel volto pallido, del sorriso a labbra strette. «Non riuscivo a guardarlo negli occhi.»
«Era il Principe» asserì lentamente Conforden. «Siete stato davvero fortunato a cavarvela.»
«È la stessa impressione che…» Jerome s’interruppe perché finalmente gli pareva di aver capito. «Come ho fatto a salvarmi? Stavo parlando con Pitman di questi vostri trasferimenti e gli dicevo che per me equivalevano ad altrettanti omicidi, ma lui non ha avuto il tempo di spiegarmi…»
«È un processo reciproco» rispose Conforden. «Quando il transfer ha successo il terrestre e il dorriniano scambiano i corpi.»
«Avrei dovuto immaginarlo» commentò rassegnato Jerome, e quando si guardò le mani si accorse subito che appartenevano a un estraneo.
Il periodo di adattamento fu difficile.
Qualche volta tutto quello che Jerome riusciva a fare era guardarsi in uno specchio muovendo a casaccio la testa e le braccia. A tratti i gesti erano rapidi e istintivi, come se l’immagine nello specchio non riuscisse a muoversi lentamente o lo facesse apposta.
Intanto la sua nuova faccia lo fissava, preoccupata e solenne. Era una faccia relativamente giovane, col mento più quadrato di quella originale, e con una barbetta nera a punta che lui non aveva mai portato. I lineamenti erano regolari, pur senza aver niente di particolare, e se fosse stato in condizioni di spirito da giudicare con serenità avrebbe ammesso che aveva guadagnato nel cambio. Era una faccia che sentiva sarebbe piaciuta ad Anne Kruger… ma lei ormai apparteneva a un altro mondo e a un’altra esistenza e le sue preferenze sessuali gli erano ormai indifferenti.
Quando cessò l’effetto delle sostanze che gli avevano iniettato, passò alternativamente da stati d’animo di rabbia impotente a un’accettazione passiva. E nei momenti di calma cercava di ricostruire il primo lungo colloquio che aveva avuto con Sull Conforden. Con la scienza del poi aveva capito che nel suo incontro con l’uomo della stazione di servizio — quello che i dorriniani chiamavano il Principe Belzor — erano coinvolte anche altre persone. E aveva anche capito che la situazione era stata molto più pericolosa di quanto non avesse creduto al momento.
Il corpo in cui Jerome si era trasferito era appartenuto a un dorriniano supertelepate che si chiamava Orkra Rell Blamene, il quale si era offerto volontario per il transfer indispensabile per mettere a tacere Jerome. A quanto risultava i dorriniani su Mercurio sapevano che Pitman era nei guai, ma ne ignoravano i motivi a causa della difficoltà di comunicare mentalmente da un pianeta all’altro. Mortalmente ferito, sapendo che la fine era vicina, Pitman non era stato in grado di comunicare quello che gli era successo. Per rendersi conto della situazione, Blamene si era trasferito sulla Terra, aveva assunto la forma fisica di Jerome ed era arrivato giusto in tempo per essere sopraffatto dal preponderante potere del Principe.
«Siete sicuro che sia successo proprio questo?» aveva domandato Jerome, ancora intontito per effetto delle droghe. «Ho avuto l’impressione che l’uomo a cui ho sparato stesse per morire.»
«Quel corpo stava morendo, ma il Principe Belzor non può venire ucciso tanto facilmente» aveva risposto Conforden. «Sappiamo che Blamene è sopravvissuto per meno di un minuto al transfer. In quel momento era estremamente vulnerabile, ed è quasi certo che il Principe, avendo bisogno di reincarnarsi un’altra volta, lo aveva sostituito.»
In seguito, quando fu di nuovo in grado di ragionare, Jerome rimuginò a lungo su quello che poteva significare nei suoi riguardi la parola “sostituito”. Il termine assumeva ora significati sinistri… evocava immagini della strana scena al Lago Parson… il superman alieno appoggiato all’albero, incapace di muoversi, deturpato da un’orrenda ferita… che aveva bisogno di un nuovo veicolo per la sua personalità disumana… che fissava con l’unico occhio rimastogli… l’occhio malvagio… il malocchio!… l’indistinta figura di Jerome-Blamene… sforzandosi e costringendola a fermarsi, a rimanere immobile per effettuare la… sostituzione.
Avendo accettato la realtà della sostituzione, Jerome si spinse oltre e dovette accettare anche l’inquietante idea che il suo corpo racchiudeva adesso un essere alieno. A milioni di chilometri di distanza, sulla Terra, c’era un uomo che in apparenza era Rayner Jerome, che forse viveva nella sua casa, che i colleghi credevano Rayner Jerome, ma che in realtà era un intruso venuto da un altro mondo. Quel pensiero era sommamente disgustoso e lo riempiva di risentimento. Il suo corpo era stato una macchina organica che gli aveva procurato molti fastidi, minacciando in ultimo di fermarsi, ma era stato suo. La sostituzione era un avvenimento disumano, contro natura, e Jerome non era psicologicamente preparato ad affrontarlo con tutte le sue implicazioni, ma sapeva che nessuno avrebbe mai dovuto essere violato come era stato violato lui. Il fenomeno era circonfuso da un alone sulfureo, accentuato, nella sua mente ancora confusa, dal mistero che circondava i Dorriniani.
Читать дальше