La stanza era molto fredda. Shirl tirò su le gambe e si avviluppò nella vecchia coperta. Le molle del letto stridettero sotto il suo peso. Vi fu un momentaneo silenzio nell'altra stanza, che terminò con una risatina super-acuta.
«Ma li senti?» chiese Shirl. «Ma che razza di mentalità ha quella gente? Ogni volta che sentono scricchiolare il letto nella nostra stanza scoppiano a ridere. Non siamo mai soli, neanche un po'. Quella parete divisoria è leggera come la carta, e loro ascoltano tutto ciò che facciamo, sentono ogni nostra parola. Se loro non possono andarsene, non possiamo traslocare noi?»
«Dove? Su, su, un po' di buon senso, Shirl. Riteniamoci fortunati di avere almeno questa stanza per noi. Sai quanta gente c'è ancora che dorme per le strade, e quanti morti di freddo si raccolgono ogni mattina?»
«Non m'importa un bel niente. È di me stessa, della nostra vita che mi preoccupo.»
«Ti prego, non ora.» Alzò lo sguardo verso la lampada che sfarfallava e diminuiva d'intensità, e che poi si riaccese. Si udì un'improvvisa gragnuola di grandine sulla finestra. «Ne riparleremo quando torno. Non starò via molto.»
«No, voglio sistemare le cose subito, non hai fatto altro finora che rimandare la questione. Non hai alcun bisogno d'uscire adesso.»
Staccò il suo cappotto trattenendo la collera.
«Puoi attendere almeno fino al momento in cui tornerò. Ti ho detto che avevamo finalmente sentito parlare di Billy Chung… un informatore ha detto di averlo visto uscire da Shiptown. C'è da pensare che egli sia stato a casa sua. È una notizia già vecchia di quindici giorni, ma sul momento l'informatore non l'aveva giudicata abbastanza importante per riferircela. Sperava probabilmente di veder tornare il ragazzo, ma quello non si è più fatto vivo. Devo parlare con i suoi e vedere un po' che cosa ne sanno.»
«Tu non hai nessun bisogno di andarci ora. Tu stesso hai detto che la cosa è successa molto tempo fa…»
«E che importa? Il tenente vuole un rapporto domattina, e che cosa gli dico? Che tu non volevi lasciarmi uscire stasera?»
«Quello che gli dirai non m'interessa.»
«Lo so benissimo. Ma interessa me, è il mio lavoro e lo devo svolgere.»
Si lanciarono un'occhiata di sfida, senza parlare, col respiro rapido. Di là dalla parete si udì uno strillo acuto e un bambino si mise a singhiozzare.
«Sturi, io non voglio litigare con te,» disse Andy. «Io ora devo uscire, non ti posso dire altro. Ne riparliamo più tardi, quando torno.»
«Ammesso che tu mi trovi ancora qui quando torni.» Stringeva i pugni ed era impallidita.
«Cosa vuoi dire?»
«Non lo so. Io so soltanto che qualcosa deve cambiare. Ti prego, sistemiamo la cosa subito…»
«Ma non capisci che è impossibile? Ne riparliamo quando torno.»
Fece girare la chiave nella serratura e rimase un attimo con la mano sulla maniglia per frenare la sua irritazione. «Non litighiamo per queste cose. Fra poco sarò di ritorno e ci preoccuperemo di tutto a quel momento, va bene?»
Non gli rispose. Andy attese un attimo, poi uscì sbattendo la porta dietro di sé. Il puzzo denso dell'altra stanza lo colpì in pieno.
«Belicher,» gridò, «dovete pulire questa stanza. Puzza!»
«Non posso far nulla per il fumo, se non riesco ad avere un pezzo di camino.» Belicher aspirò rumorosamente dal naso e si acquattò con le mani tese su un pezzo di carbone marino acceso, posto in uno di quei coprimozzi pieno di sabbia, dal quale usciva un fumo oleoso che riempiva la stanza e bruciava gli occhi. Il foro del muro esterno, che Sol aveva aperto per farvi passare il camino del fornello, era stato stupidamente ricoperto con un foglio di plastica sottile, che ondeggiava e scricchiolava a ogni soffio di vento.
«Il fumo è l'odore migliore che vi sia qui dentro,» disse Andy. «I vostri bambini hanno ancora usato questa stanza come gabinetto?»
«Non vorrete mica che i bambini scendano tutte quelle scale di notte, vi pare?» si lamentò Belicher.
Ammutolito, Andy si guardò intorno, vide il mucchietto di coperte in un angolo dove la signora Belicher e i bambini più piccoli si erano rincantucciati per avere più caldo. I due ragazzi facevano qualcosa nell'angolo, con le spalle voltate. La debole lampadina proiettava lunghe ombre sulle immondizie che cominciavano ad accumularsi contro lo zoccolo, e sottolineava i nuovi segni scavati sul muro.
«Farete bene a ripulire questa stanza,» disse Andy e sbatté la porta sulla risposta piagnucolosa di Belicher.
Shirl aveva ragione, quella gente era impossibile. Egli doveva fare qualcosa. Ma quando? Al più presto, certamente, perché lei non ne poteva più. Era in collera con quegli invasori, e in collera con lei. D'accordo, era una brutta faccenda, ma bisognava rassegnarsi. Lui faceva ancora delle giornate di dodici e quattordici ore, il che era ben peggio che star seduti a sentire urlare dei bambini.
La strada era buia, piena di vento e di pioggia gelata mista a neve e cominciava ad attecchire sul selciato e ad accumularsi negli angoli e contro i muri. Andy superò con fatica e a testa bassa quella poltiglia, odiando i Belicher e tentando di non odiare Shirl. Le passerelle e i ponti di collegamento di Shiptown erano coperti da uno strato di ghiaccio che li rendeva scivolosi. Andy dovette aggrapparsi alla ringhiera per ogni attraversamento, con l'acqua scura sotto di lui, che ondeggiava. Nell'oscurità tutte le navi parevano uguali e su ognuna di esse dovette puntare la sua torcia per leggere il nome sulla poppa. Era inzuppato e mezzo assiderato quando arrivò alla Columbia Victory e spinse la pesante porta metallica che portava sotto coperta. Mentre scendeva la scaletta la luce della sua torcia, che illuminava il corridoio, gli mostrò un ragazzino dalle gambe sottili che stava aprendo una porta. Sembrava fosse proprio l'appartamento dei Chung.
«Un momento,» disse Andy tenendo ferma la porta prima che il bambino la richiudesse. Il ragazzino lo guardò senza dir nulla, a bocca aperta, con gli occhi meravigliati.
«È questo, non è vero, l'appartamento dei Chung?» chiese entrandovi. Poi riconobbe la donna in piedi. Era la sorella di Billy, l'aveva già vista una volta. La madre sedeva in una poltrona contro il muro, con la stessa espressione stravolta della figliola, paralizzata dalla paura, tenendosi stretta al suo bambino, il gemello di quello che aveva aperto la porta. Nessuno gli rispose.
Questa gente adora davvero la polizia, pensò Andy. Nello stesso momento si rese conto che guardavano tutti verso la porta posta nella parete di fronte, poi distoglievano rapidamente lo sguardo… che cos'era che li preoccupava?
Con la mano cercò la maniglia dietro di sé e chiuse la porta sul corridoio. Non era possibile ma, dopo tutto, anche la notte in cui Chung era stato visto qui, era una notte di tempesta, come questa, una copertura perfetta per qualcuno che fugge. Che fosse finalmente arrivata la sua occasione?, si chiese. Aveva forse scelto la notte giusta per il suo sopralluogo.
Questi pensieri si formavano appena nella sua mente quando la porta della camera da letto si apri e Billy Chung entrò, dicendo qualcosa. Le sue parole furono coperte dagli urli di sua madre e dagli avvertimenti gridati dalla sorella. Alzò lo sguardo e si fermò di botto, paralizzato, fulminato, alla vista di Andy.
«Siete in arresto,» disse Andy cercando le manette attaccate alla cintura.
«No!» gridò Billy con voce rauca, e tirò fuori il coltello dalla cintura.
Nacque un parapiglia. La vecchia continuava a gridare ininterrottamente senza neppure fermarsi per prendere respiro, la figlia si scagliava su Andy, tentando di graffiargli gli occhi. Gli solcò le guance con le unghie prima che egli la potesse afferrare e tenere col braccio a debita distanza. In tutto questo tempo non aveva perso di vista Billy che impugnava il suo lungo coltello e avanzava mezzo rannicchiato, da vero duellante all'arma bianca, brandendo l'arma davanti a sé.
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